Oppenheimer, film di Christopher Nolan, è uscito in Italia il 23 agosto. A oggi, è il film ambientato durante la Seconda guerra mondiale che ha incassato di più al mondo. Al 1° settembre 2023, il film ha guadagnato più di 300 milioni di dollari statunitensi, a fronte di un budget di produzione di circa 100 milioni.
Un film “esplosivo”, per tanti versi. Merita, per ciò, una recensione approfondita.

Oppenheimer: il film, la Storia e tutto quello che già sapevamo (ma che forse avevamo dimenticato)
Oppenheimer è il dodicesimo lungometraggio del regista Christopher Nolan. È un lungometraggio nel vero senso del termine, impegnando infatti lo spettatore per tre ore consecutive in sala.
Il film è ispirato alla biografia American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer, scritta a quattro mani da Kai Bird e Martin J. Sherwin. La storia che racconta Nolan è la storia di Oppenheimer: i suoi studi, i suoi viaggi, le sue conoscenze, le sue scoperte, il Progetto Manhattan e l’inchiesta nel dopoguerra.
Nolan procede a raccontare, nel film, questi due aspetti peculiari della vita e della carriera del fisico, da un lato il racconto della costruzione del primo ordigno atomico, dall’altro il racconto della sua prominenza come figura di spicco nel mondo della politica e delle scienze.
A questo proposito, risulta estremamente interessante l’uso da parte di Nolan di un continuo alternarsi di immagini a colori e immagini in bianco e nero. È evidentissimo il motivo: se al colore Nolan affida la prospettiva e il punto di osservazione particolare di Oppenheimer, in prima persona, al contrario con il bianco e nero tenta di restituire una visione più distaccata, un punto di vista che si sposta più sul suo futuro avversario, Lewis Strauss.
Ma oltre all’uso del bianco e nero, altre particolarità e informazioni tecniche che vale la pena di menzionare sono, sicuramente, l’aver girato il film in IMAX, con una pellicola da 65 e 70 mm, e l’aver girato scene in bianco e nero in IMAX per la prima volta. Il film complessivamente, come accennato, ha una durata di 180 minuti.
Tre lunghissime ore di visione, che – se considerati i trailer iniziali di rito, i dieci minuti di intermezzo – diventano quasi tre ore e un quarto.
Altro aspetto interessante, come per sua stessa ammissione, è che Nolan ha deciso per Oppenheimer di fare ricorso il meno possibile a effetti generati al computer. Il film, anziché ricorrere alla CGI, torna a fare uso di numerosissimi effetti analogici, prospettive, angolazioni che danno una patina di reale e di tangibile a tutte le immagini. Scelta perfettamente incasellata nell’idea di “restituire il fuoco agli uomini”. Un moderno Prometeo, che tenta di ridare agli spettatori un senso di realtà su quello che il punto nodale del film: l’arma atomica.
Ebbene, la bomba di Nolan – anch’essa sapientemente realizzata con una vera esplosione e poi, in fase montaggio, posta in prospettiva per farla apparire grande come un’esplosione nucleare – è il fuoco della conoscenza che Oppenheimer consegna agli uomini, sapendo che probabilmente non ne faranno mai un buon uso.

“Penso che l’abbiamo fatto”: riflessioni su Oppenheimer
Il grande potere di Nolan, in questo film, è di riuscire a non far distrarre mai lo spettatore. I 180 minuti di pellicola sono un monolite, non hanno soluzione di continuità, e devono essere introiettati in un unico atto di visione. Non c’è tempo per distrarsi, non c’è tempo per pensare a cosa si è già visto. Il tempo scorre inesorabile. E come nella realtà della Storia, la corsa verso l’atomica prima dei nazisti, nella storia che si proietta in sala non c’è tempo per inutili divagazioni. Il film è un certificato al passato: le cose sono andate proprio così, non c’è tempo da perdere, c’è solo il tempo per raccontarlo.
Ma se per l’uso sapiente del tempo narrativo Nolan può essere considerato un maestro, allo stesso modo va detto che la pellicola è difficile. Il suo presentarsi graniticamente integra, senza poterne mai sbirciare un angolo da una prospettiva diversa – perché l’esigenza del racconto filmico è anche l’imposizione della Storia com’è accaduta – rende il film forse di difficile digestione, perlomeno per un pubblico non abituato a durate così ampie e racconti che, sul piano temporale, subiscono diversi sfasamenti.
Insomma, il tutto si riduce, infine, a un “bello, ma…”, perché – effettivamente – lo spettatore che esce dalla sala sente tutto il peso della visione, accusa la stanchezza della prova cinematografica: sebbene egli non possa non restare entusiasmato ed estasiato dalla bellezza delle immagini, dalla fotografia, dall’incredibile colonna sonora e dalla storia, a fare da contrappeso c’è l’eccessiva lunghezza. Il film, senza che perdesse un centesimo del suo valore, avrebbe potuto durare forse un’ora in meno e ne sarebbe comunque uscito un trionfo.
A proposito di Oppenheimer: qualche battuta in chiusura
Detto questo, non si vuole di certo sminuire un lavoro mastodontico. La pellicola di Nolan è un’eccellente prova di cinema nella sua migliore espressione. E forse Oppenheimer è davvero il film dell’anno. Un prodotto di altissima qualità, di elevatissima e raffinatissima tecnica, di scrittura intelligente, di messa in scena “viva”, tangibile, di dialoghi mai banali e mai scontati, con un cast stellare e con prove attoriali esemplari, a partire dal J. Robert Oppenheimer del film interpretato dal talentuoso Cillian Murphy.
Insomma, un film che merita sicuramente di essere visto almeno una volta e che – nonostante la durata sia effettivamente un duro scoglio da affrontare – merita almeno altre due o tre riletture per averne un’idea davvero completa.