Il primo Pinocchio di Carlo Collodi
Tutti conoscono la storia di Pinocchio, il burattino che prende vita e che anela alla possibilità di diventare un bambino vero.
Nasce dalla penna di Carlo Collodi che scrisse Le avventure di Pinocchio Storia di un burattino nel 1883, diventando non solo un romanzo fantasy per ragazzi ma un capolavoro narrativo riconosciuto e celebrato in tutto il mondo.
Il burattino di legno dal naso appuntito è un’icona universale che, negli anni, è stata più volte celebrata dal cinema, come nella versione Disney del 1940.
Il primo Pinocchio è un personaggio che deve comprendere il valore delle regole per potersi evolvere in una forma umana. Insegnamenti che con fatica apprenderà nello svolgersi del romanzo e che lo porteranno a vivere incontri e disavventure, da affrontare e superare grazie anche alla supervisione, e alla contrapposizione, di diverse figure come il grillo, la fata turchina, Mangiafuoco o Lucignolo.

Una nuova versione e visione di Pinocchio
Guillermo Del Toro, il celebre regista de Il labirinto del fauno e Il rumore dell’acqua finalmente ha visto compiersi la sua rivisitazione del romanzo di Collodi, in lavorazione dal 2012.
Il suo nuovo Pinocchio omaggia la versione precedente del romanzo – il nome del figlio di Geppetto, Carlo, è proprio in riferimento all’autore – e assume nuove caratteristiche in un contesto storico ambiento in Italia durante il Fascismo e la guerra.
Il film d’animazione, realizzato in modo eccelso con la tecnica dello stop motion, viene narrato attraverso la nuova figura del grillo parlante Sebastian, doppiato in originale Ewan McGregor che, pur mantenendo le sembianze del classico insetto, è in realtà anche uno scrittore colto e saccente, ha viaggiato per il mondo e preso infine la decisione di fermarsi, trovando una nuova dimora per scrivere le sue memorie nel cuore di un albero, lo stesso da cui nascerà Pinocchio.
Del Toro cambia la storia mantenendo alcuni punti fermi, reinventa e riadatta la morale della favola, incentrando il racconto su un tema difficile con cui confrontarsi ma che fa parte anche della storia di ognuno: la morte.
Il nuovo Pinocchio di Guillermo Del Toro
Pinocchio è una creatura fantastica tra le persone “normali” e il suo essere puro e libero, classico dei bambini, non viene spesso compreso.
A differenza della fiaba originale, in cui il Pinocchio di Collodi è indisciplinato e solo attraverso la lezione impartita dalle regole potrà diventare un bambino vero, questo nuovo personaggio va controcorrente.
Un bambino slegato dalla cattiveria e dal pregiudizio, che agisce mosso dall’energia e dall’ingenuità, quella che i bambini portano con sé. Pinocchio si pone come diverso ed è diverso dagli altri, ma non per le sembianze, quanto per percezione che gli altri hanno di lui. Geniale a tal proposito è la scena in cui, contrapposto al crocifisso appeso nella chiesa del paese, chiederà ingenuamente perché tutti adorino quella statua in legno e non lui, fatto della stessa materia.
Discriminato, non accettato e sfruttato, non demorderà nell’abbandonare il suo essere. Sarà giudicato anche dallo stesso Geppetto, che in questa versione non è più il padre accomodante ma una figura turbata dal dolore della perdita e dalla solitudine. Un padre che non lo riconosce e fatica ad accettarlo in un primo momento, ma è la stessa morale di Del Toro che porterà anche lo stesso Geppetto a ricredersi e a capire che il vero valore è la diversità di questo suo strano figlio. Per questo, per farsi accettare Pinocchio non dovrà mai cambiare ma rimanere sempre se stesso.
Non più una favola per bambini ma la metafora di temi importanti come la politica, la morte e il rapporto con la famiglia che nelle precedenti versioni non erano stati trattati con questa nuova e intelligente chiave di lettura, come la scelta di Guillermo Del Toro di ambientare la narrazione durante la Seconda guerra mondiale in Italia.
Pinocchio, la guerra e il fascismo per Del Toro
Guillermo Del Toro non usa la quarta arte solo per creare semplici film. Il suo pensiero politico spesso viene espresso nei suoi lungometraggi inserendoli in un contesto storico preciso e fedele. Come per esempio la Spagna franchista nel Il labirinto del fauno e ne La forma dell’acqua. La sua posizione è contraria ai regimi totalitari che per loro natura, opprimo la libertà e la creatività, incarnata in questo caso da Pinocchio stesso durante l’epoca fascista.
L’oppressione politica per lui è un limite e solo coloro che sono diversi e liberi possono cambiare le cose portando nuova voce e creatività nel mondo.
La guerra è sempre sbagliata e tutti ne pagano un prezzo. Lo dimostra Pinocchio stesso, irriverente e anticonformista verso un regime di oppressione che anche la figura di un burattino, manovrato per antonomasia, non vuole seguire.

Le creature di Guillermo Del Toro
Anche i nemici del protagonista vengono reinterpretati rispetto a quelli scritti da Collodi o presenti nei film successivi ispirati al famoso burattino. Questi si fondono in un’unica figura: il padrone del circo, Volpe. Questo personaggio incarna sia Mangiafuoco che il gatto e la volpe ed è un antagonista interessato al profitto, imbroglione, violento e manipolatore, con fattezze quasi simili all’iconografia del Diavolo.
Ci sono altri personaggi che però portano la firma evidente dell’incredibile visione cinematografica del dark fantasy di Guillermo Del Toro, sono le entità sovrannaturali che governano la storia: la vita e la morte. Due creature che incarnano la fata turchina nei due aspetti bivalenti del mentore, la figura che dà insegnamenti, a volte enigmatici, ma che sa guidare Pinocchio nel suo percorso.
Queste figure, per coloro che apprezzano Del Toro, sono facili da associare, sia per aspetto che per atteggiamento, al celebre Fauno de Il labirinto del fauno.
La rivalsa di Lucignolo
Tutti ricordiamo il personaggio di Lucignolo come la cattiva compagnia di Pinocchio che lo allontana dal suo percorso verso la retta via portandolo nel Paese dei Balocchi. Questa versione viene modificata da Del Toro creando una metafora intelligente e che porta tutti a una riflessione profonda.
Qui il Paese dei Balocchi è un campo di addestramento per giovani Fascisti e la guerra viene insegnata come un gioco. Un gioco in cui devono esserci sempre però dei vincitori e dei vinti. Lucignolo non è più la cattiva compagnia, ma un bambino soggiogato dal volere del padre che fa di tutto per compiacere; sarà proprio lui a dimostrare che, di fronte alla sincera amicizia di Pinocchio, le sorti della battaglia possono cambiare.
Una metafora bellissima, questa, che celebra una vittoria fatta di condivisone, di pace e alleanza come dovrebbe essere il più naturale degli esiti di qualsiasi confitto, anche in un gioco per bambini.

La fine è solo l’inizio per Pinocchio
La morte, il concetto padrone di questo film, viene portato sullo schermo come passaggio, come susseguirsi delle cose che però recano sempre un nuovo insegnamento. Perché la vera natura della morte stessa è quella di porre fine a un ciclo e a una rinascita migliore e più consapevole. Questa è la vera lezione che apprende Pinocchio. Lui cresce senza crescere, lui capisce, comprende e sviluppa un suo pensiero per quello che gli accade, rimanendo se stesso ma comprendendo anche quello che è il vero senso della vita: rinascere migliori.
Questo film è un capolavoro, più adatto a un pubblico adulto; dimostra come una storia già narrata in diverse versioni, in diverse forme e contesti storici, possa diventare ancora un’avventura emozionante circa una vita, quella di un burattino, che non può essere legato a dei fili e che solo da libero potrà cambiare il mondo.
Resta solo che ringraziare Guillermo per il suo nuovo Pinocchio. Intenso, commovente e ricco di spunti di riflessione. Perché la creatività e l’intelligenza vincono sempre, soprattutto quando sono legate al comprensibile. Citando lo stesso del Toro:
“Se animi l’ordinario otterrai qualcosa di straordinario”
e con questo film, lui ci è riuscito.
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