La scheda elettorale mi ricorda i momenti di giovinezza. Sì, proprio quando festeggi l’ingresso nel mondo degli adulti, puoi bere e, finalmente, rivendichi il diritto di tornare dopo mezzanotte perché ormai sei grande e sai quello che fai.
Ma soprattutto, la scheda elettorale ti autorizza a fare una cosa importante: dire la tua. E il bello, senti qua, non è perché tu te lo sia guadagnato, questo potere, ma perché esisti, ci sei e vivi civile nella società di tutti.
Capisci quello che sto dicendo?
Possedere una scheda elettorale è un po’ come avere poteri speciali nei libri, o nei fumetti: in teoria non te ne poteva fregar di meno, in pratica “eccoli qui, ora vai e salva il mondo”.
Non li hai chiesti, quei poteri, e di sicuro non te li sei meritati. Ma ora li hai e devi capire come usarli.
Con una scheda elettorale, siamo tutti un po’ gli eroi della società.
Come diceva zio Ben, “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”. Se non sai chi è zio Ben, ho paura della tua infanzia, tuttavia posso perdonarti se ti concentri sulla frase, ma solo perché il senso della citazione è facilmente comprensibile: se hai la possibilità di contribuire a qualcosa, è tuo dovere farlo.
Nel caso della scheda elettorale, questo è vero doppiamente. Non solo perché hai diritto di parola senza che tu abbia fatto niente per ottenerlo, ma anche perché quello che pensi sia un dono, quel potere che è tuo e che nessuno ti può togliere – il villain dello Stato è solo la dittatura – è in realtà un diritto.
Provocatoriamente, però, questo diritto te lo chiamo dono. E sai perché?
Perché i dati sull’astensionismo italiano alle elezioni rendono il diritto di voto un po’ come quel servizio di piatti pacchiano che zia Marietta ti regala al matrimonio: ce l’hai, simboleggia il tuo nuovo passaggio di status, ma può anche rimanere in soffitta. A dirla tutta, non sai neanche in che occasioni usarlo, questo benedetto servizio. Poi cacciarlo fuori fa fatica, e in fondo non hai nessuna tovaglia che lo rappresenti. Quindi, perché ingegnarlo?
Che poi, mica l’hai chiesto tu quel servizio. È arrivato. Come la scheda elettorale.

Perché parlare ancora di diritto di voto?
La differenza tra dono e diritto sta proprio qui: il dono puoi scegliere di non usarlo, ma il diritto è la responsabilità che il nostro potere ci chiama a esercitare.
Spesso conviene confondere i due termini o usare la parola diritto senza curarsi del significato che l’accompagna. In questi casi, trattare da dono il diritto di voto lo fa sembrare una scelta e non un dovere. O, come la vedo io, una forma di rispetto.
Per chi ha combattuto affinché potessimo votare.
Per le donne che hanno lottato affinché avessimo questo diritto.
Per chi non ha la possibilità di scegliere.
Nessuno ti chiede di votare qualcuno che non ti rappresenta, alle elezioni europee. Puoi lasciare la scheda bianca, anche quella varrà da parola. Ricorda che puoi dire la tua, e non hai dovuto meritarlo solo perché per te, prima di te, lo hanno fatto altri.