The idea of you è il nuovo film con protagonisti Anne Hathaway e Nicholas Galitzine disponibile su Prime Video. Parla di una storia d’amore tra una quarantenne scottata dall’infedeltà e un ventiseienne pop star dall’animo quasi antico. Come puoi capire, il film non mi è piaciuto. Nondimeno, però, mi ha fatto riflettere su alcune cose.
The idea of you e il momento del recupero
Solène si è sposata giovane, ha dato alla luce una bambina e si è dedicata alla famiglia e all’arte, la sua passione, senza mai vacillare nel sostenere anche la carriera del marito. Marito che, platealmente, l’ha tradita.
Tre anni dopo, Solène compie quarant’anni e si aggira pericolosamente in quel territorio dove ogni persona, presto o tardi, gioca al recupero. Fai un po’ tu: recupero degli anni perduti, delle occasioni mancate, della felicità ancora tutta da costruire.
Non importa quanto tu possa essere realizzata, o avere una figlia splendida, intelligente e femminista; chissene frega della galleria d’arte tirata fuori dal niente. Nel territorio di recupero, qualsiasi ferita germoglia ed è capace di farti sentire meno di quella che sei anche se non c’è motivo.
C’è chi dice (ed è saggio) che non bisogna ammalarsi di recupero, altrimenti ci finisce anche il grande amore, quello che hai sempre voluto, che leggi nei libri spicy. Quell’amore dolce è un po’ salato dal retrogusto proibito. Tipo, quell’amore per una popstar di quattordici o quindici anni più giovane di te, conosciuta al Coachella perché hai confuso la sua roulotte con un bagno pubblico – e già qui, stolta, avrei dovuto spegnere il televisore, o farmi qualche domanda sui gabinetti della manifestazione musicale.
In The idea of you, francamente, non so cosa sia andato più storto, a iniziare dall’espediente narrativo usato per far conoscere i due protagonisti e a finire con… bè, il finale.
Anne Hathaway, perché ci fai questo?
La sofferenza vera è che questa recensione si abbini ad Anne Hathaway, disegno divino a cui mi verrebbe da chiedere solo perché ha detto sì a questo script. La risposta più ovvia che mi viene in mente è che a volte è necessario separare l’intenzione con quel che poi esce fuori. È ovvio che l’intenzione era quella di raccontare un amore struggente ostacolato dallo stereotipo sociale che la donna ha di se stessa.
Peccato che il risultato sia… incoerente.
ATTENZIONE, DA QUI SPOILER
È incoerente buttarsi in un amore nuovo quando palesemente non hai quantomeno disinfettato le precedenti ferite; è incoerente farsi avanti due volte per marciare indietro altrettante volte; è incoerente mollare capra e cavoli per un tour europeo col primo toyboy ricco che te lo chiede, e offendersi se poi vieni scambiata per una groupie e non per il grande amore di turno. È incoerente e privo di crescita non lottare per l’amore e mettersi in pausa, sperando che di qui a cinque anni quell’amore sia ancora lì per noi.
Il personaggio di Hayes non lo commento, perché la sua crescita in un modo o nell’altro rientra nella bellezza di un uomo antico in un corpo giovane, di qualcuno che sfrutta questo connubio per essere determinato nelle cose che fa e con le persone che vuole accanto. In questo senso, scelta finale a parte, è bello vedere – in un’epoca che descrive i giovani come smidollati, essenzialmente – questo esempio di abnegazione verso un obiettivo.
Il personaggio di Solène, la mia Anne Hathaway, mi fa un po’ morire dentro. Perché è una donna che si sente in colpa e, anziché spezzare la ruota della colpa, la fa scorrere sopra la propria schiena. Nel processo, però, spande schegge e addosso a tutti quelli che le gravitano attorno, creando più problemi che soluzioni.
E no, non c’entra il gap d’età, e anche quel siparietto in cui le donne cattive commentano la quarantenne con il ragazzino, dura troppo poco per dare l’impressione di sguardo sociale che forse richiede la regia.
E ancora, no. Perché se vogliamo film con relazioni in cui lei è molto più grande di lui, esistono altri film che possono rendere l’idea: 2 young 4 me, per esempio, con Paul Rudd e Michelle Pfeiffer; Prime con Uma Thurmann e Meryl Streep; 20 anni di meno, Cherie.
Diciamo che l’intento era buono, l’esecuzione un po’ meno. E che l’amore non è un momento di recupero, quanto di fioritura.