Al suicidio di una giovane cantante giapponese, idolo del pubblico, fa seguito la comparsa di una versione gigantesca della sua testa che fluttua nel cielo. Una ragazza rimane sfigurata in un incidente ma, sotto l’epidermide distrutta, compare una porzione del suo volto ma più giovane. Misteriose lapidi compaiono in strada rendendo il traffico impossibile. Una ragazzina si diverte a bullizzare un bimbo piccolo che le viene affidato e lui, quando cresce, le riserverà un destino a metà tra il dono e la vendetta.

Queste sono le trame degli episodi di Junji Ito Maniac, la serie tv anime trasmessa da Netflix
Le short stories raccontate, pillole horror da 25 minuti circa, sono ispirate alla narrativa breve di Junji Ito. I manga dell’autore non hanno un seguito magari non esteso come quello di One Piece o Tokyo Revengers ma è forte di uno zoccolo duro di fans che segue tutte le opere del fumettista. Il suo nome sta infatti diventando un’istituzione sulla scena.

Junji Ito Maniac è la seconda collaborazione fra l’autore e il team creativo che nel 2018 ha prodotto Junji Ito Collection. Il primo adattamento in forma di anime delle opere del mangaka è trasmesso da Crunchyroll, piattaforma di video on demand specializzata in animazione giapponese. Adattare un fumetto per un altro medium è sempre una scommessa che non sempre si vince.
Junji Ito Maniac racchiude pregi e difetti di una serie tv antologica
Soprattutto i secondi. La qualità altalenante, per esempio. Se si parla di una serie di short stories scollegate fra loro non c’è un’economia generale a livello di trama che possa salvare gli episodi meno riusciti. Ognuno fa da sé e quelli meno interessanti pesano di più sulla visione dello spettatore. Questo può essere un problema in quanto chi guarda la serie rischia di essere buttato fuori dal flusso poco dopo esserci entrato e di provare un fastidioso senso di mancanza di unitarietà nell’esperienza della fruizione del prodotto. Questo rende difficoltoso gustarsi gli episodi migliori. Specie quando a loro volta non sono eccezionali.
Il problema maggiore di Junji Ito Maniac è che manca l’episodio wow
Quello che lascia lo spettatore a bocca aperta. Quello che fa pensare “se questo è solo l’inizio voglio vedere il resto”. Il primo episodio della prima stagione di Black Mirror, per esempio, quello con il maiale. Un racconto graffiante e spregiudicato nella sua critica sociale tanto “sul pezzo”. Oppure Jibaro, l’episodio della terza stagione di Love, Death and Robots, così bello da vedere che da solo rappresenta tutta la serie.
In Junji ito Maniac tutto questo manca. Certo, diversi episodi con i loro plot twist e un gusto tutto particolare per il surreale sono interessanti. E riesce bene, l’autore, nel rendere quell’idea di orrore che parte nel quotidiano per stravolgere tutte le coordinate portando lo spettatore in situazioni assurde e disturbanti.
Ma alla lunga il meccanismo di questo anime diventa ripetitivo
E allo spettatore manca un appiglio che faccia venir voglia di arrivare fino all’ultimo episodio della serie che, rispetto ai manga da cui è tratta, resta un prodotto horror più sbiadito, che perde presto d’interesse. Certo, rispetto al catalogo di Netflix si tratta di una variazione che non si vede spesso in giro, ma non si può dire che sia una scommessa vinta. Non è certo il primo tentativo di creare una serie TV attingendo dai successi di altri media, ma non tutte le ciambelle escono col buco.