I libri di testo sembrano quasi dire che l’arte non è una cosa da donne. C’è chi, invece, del recupero delle artiste e del loro contributo ne ha fatto una specie di missione. Diventa particolarmente significativo allora il fatto che, proprio dall’8 marzo, ci sia una possibilità in più per appassionarsi alla storia e al lavoro di una grande artista italiana, Juana Romani. Tutto questo grazie alla scrittrice Clara Zennaro.

Juana Romani, il nuovo romanzo di Clara Zennaro
Dopo aver scritto il suo primo romanzo, La governante di madame de Lempicka, ispirato alla vita della pittrice Tamara de Lempicka, Clara Zennaro ha ricercato un’altra figura femminile della storia dell’arte a cui dedicare un nuovo romanzo.
Mi sono messa a sfogliare i miei vecchi libri di storia dell’arte e sono rimasta subito colpita dal fatto che le artiste donne non sono quasi mai citate. La cosa che mi ha sconcertato maggiormente è che, da studentessa, non avevo posto abbastanza attenzione su questo fatto. La storia dell’arte che avevo imparato parlava soltanto dei suoi protagonisti uomini, e a me sembrava normale che fosse così. Il punto è che, quando questa materia viene insegnata nelle scuole, non parla di uguaglianza.
Clara Zennaro
È necessario, nel 2023, parlare ancora di uguaglianza di genere?
A quanto pare sì. La seconda metà del Novecento è stata un grande trampolino di lancio per la lotta delle donne alla volta dei loro diritti. Traguardi che per il genere femminile sono grandi e di fatto mirano soltanto alla conquista di una parola: uguaglianza.

Si lotta, oggi come ieri, per portare nel domani delle nuove consuetudini, delle abitudini più sane e costruttive di considerare la donna nei vari ambiti della vita.
L’arte non fa eccezione, e in questo una grande pioniera è stata proprio Juana Romani.
«È necessario che le nuove generazioni siano consapevoli dell’esistenza di artiste che hanno dedicato la loro vita, o parte di essa, alla creazione di movimenti e linguaggi espressivi che hanno contribuito all’evoluzione stilistica degli artisti di oggi» racconta la Zennaro. «Devono conoscere i motivi per cui, in alcuni periodi storici, le donne non hanno potuto praticare l’arte come professione, ma soltanto come passatempo, e quali sono state per loro le possibilità formative durante i secoli. Non è possibile comprendere la storia dell’arte nella sua totalità se non a fronte di una riflessione su queste importanti tematiche».
Da questo pensiero è nato il progetto Storie di artiste straordinarie, volto a divulgare l’opera delle pittrici e delle scultrici dimenticate, e che è diventato per l’autrice una grande occasione di studio e di approfondimento.
Juana Romani: una dichiarazione d’indipendenza
Tante sono le pittrici donne che hanno dato il loro contributo al mondo dell’arte. Perché proprio Juana Romani, allora?
«Juana Romani mi ha coinvolta fin da subito per la sua particolarità. Il suo intero vissuto parla di riscatto, indipendenza e determinazione. Inoltre, il periodo storico in cui questa artista è vissuta mi ha permesso di raccontare il grande cambiamento della posizione della donna nella società e nel mondo dell’arte. Ho capito fin da subito che era lei la protagonista perfetta per il romanzo che volevo scrivere!».

Juana Romani vive a cavallo dei secoli, tra Ottocento e Novecento, in un momento in cui l’arte ha bisogno di spogliarsi dalle catene neoclassiciste. Nella sua vita, questa donna ricopre diversi ruoli, passando da modella a pittrice, con una propria visione dell’arte e un proprio stile. Ancora oggi, in un’epoca in cui le donne sembrano avere tutto a portata di mano, i ruoli talvolta ancora tendono a schiacciarle. In questo, come può essere d’ispirazione l’esperienza di Juana?
«Come tutte le donne che sono riuscite a distinguersi e a emergere in settori e in tempi dominati da una preponderante presenza maschile, Juana Romani possedeva, oltre a un indiscusso talento, anche una grande forza di volontà» spiega l’autrice. «Nonostante sia vissuta in un momento storico in cui una donna doveva soltanto ambire a contrarre un buon matrimonio e a diventare madre, questa pittrice è stata capace di imporre la propria visione della vita e di sovvertire le regole della società della propria epoca».
Partita da una condizione iniziale svantaggiata, grazie alla sua intraprendenza Juana Romani riuscì infatti ad affermarsi prima come modella e poi come pittrice professionista. Rifiutò il matrimonio e visse da sola.
Aveva una vita sociale e sentimentale intensa, intrecciò infatti una relazione amorosa e un sodalizio artistico con un uomo molto più grande di lei, il pittore Ferdinand Roybet, di cui era stata in precedenza modella e discepola. Il loro fu un rapporto molto moderno e alla pari, lontano dalle relazioni tossiche tra maestro e allieva che molto spesso si verificavano in quel periodo.
Juana Romani fu in grado di mantenere se stessa con la pittura e partecipò a mostre ed esposizioni in cui la presenza femminile era davvero ridotta. Divenne famosa al punto da essere una vera e propria testimonial ante litteram di articoli per artisti e del vino prodotto dal suo amico Angelo Mariani.
Credo che la sua storia ci insegni che la determinazione e la costanza siano le virtù necessarie per affermarsi anche nelle situazioni più difficili.
Clara Zennaro
L’arte di Juana Romani, un manifesto femminile
La pittura di Juana Romani è un’affermazione di presenza. Ne sono prova i soggetti ritratti come Erodiade, Salomè, Maddalena, ma anche la semplice donna ritratta come una figura lucente che emerge sullo sfondo. Che ci sia, in questo, un incoraggiamento alle donne tutte? Una specie di messaggio che l’8 marzo ritrova maggiormente la sua forza?

«La pittrice si dedicò quasi esclusivamente ai ritratti femminili, rappresentando nelle sue opere le eroine della storia, della letteratura e del mondo del teatro. Ogni ritratto racconta il vissuto della sua protagonista, ne mette in luce le caratteristiche, ne esalta una particolarità somatica, lascia intuire una sfumatura del suo carattere» dice Clara Zennaro. «Seppur chiaramente distinguibili nella loro diversità, tutti i ritratti di Juana Romani possiedono un attributo che li accomuna: illustrano l’immagine di una donna nuova, libera, consapevole della propria forza e della propria virtù, lontana dalle figure idealizzate in cui per secoli la femminilità è stata ingabbiata. Sono annunciatori di un messaggio volto al rinnovamento e all’indipendenza».
C’è qualcosa, nei ritratti di Juana Romani, che riesce a essere affascinante e conturbante insieme. Lo sguardo sempre vivo delle sue protagoniste, le labbra premute un po’ di più, come a voler sigillare una sfida. Negli occhi dei suoi soggetti c’è sempre tanta caparbietà, come se la donna attraverso il pennello cantasse l’inno di una rivolta, piantasse un piccolo seme per gli anni a venire.
«Nonostante la pittura di Juana Romani ricalchi gli stilemi della tradizione accademica, appare di una modernità dirompente. Mi diverte pensare cosa suscitassero queste opere nella mente delle contemporanee della pittrice…» si domanda Zennaro, ed è impossibile non farle eco. Specialmente se si tengono in considerazione le rigidità dell’epoca, un aspetto che nel libro dedicato all’artista è ben più che ricalcato.
La scuola ufficiale, l’École des Beaux Arts, accetta che le donne si spoglino all’interno delle sue aule, ma non che possano studiare, a loro volta, il corpo nudo di un’altra persona.
Da Juana Romani, di Clara Zennaro

L’arte per le donne era un lusso. Questo forte dislivello tra loro e i colleghi uomini, unito al fatto che le studentesse non potessero ritrarre corpi nudi, fa emergere un pensiero di fondo che potrebbe essere associato all’epoca: che l’arte nobilita l’uomo e sporca la donna.
«Il fatto che le donne, per secoli, e soprattutto nel periodo in cui l’arte era prettamente figurativa, non abbiano potuto studiare liberamente il corpo nudo è stato il principale motivo per cui ci sono state poche artiste donne» spiega l’autrice.
«L’École des Beaux Arts aprì i suoi corsi alle aspiranti pittrici e scultrici soltanto nel 1897. Per fortuna, dalla seconda metà dell’Ottocento, vennero fondate a Parigi alcune accademie private che accoglievano anche le studentesse. In questi ambienti le aspiranti artiste avevano a disposizione modelli dal vivo che permettevano loro di studiare e comprendere l’anatomia. Tutto ciò, ovviamente, non era ben visto. Non stava bene che una donna si trovasse nella stessa stanza di un uomo svestito».

Fino a quel periodo soltanto poche artiste erano riuscite a emergere, e molto spesso si trattava di figlie d’arte cresciute nelle botteghe paterne o già introdotte in ambienti artistici per via delle professioni dei loro famigliari. Ma, verso la metà dell’Ottocento iniziò una vera e propria rivoluzione volta a riconsiderare il ruolo femminile nell’ambito della società, che continua ancora nei giorni nostri.
«Purtroppo, permane ancora oggi, e in molti ambiti, un dislivello che ci pone nella condizione di considerare uomini e donne che ricoprono le stesse posizioni in maniera diversa, a volte addirittura opposta. Credo che la nostra società e le nostre menti debbano compiere ancora una lunga evoluzione affinché i pregiudizi legati ai ruoli crollino definitivamente».
Juana Romani, dalla tela al romanzo
Il romanzo di Clara Zennaro è un coro di voci. Juana si racconta e viene raccontata. In un certo senso gli occhi di chi la narra sono uno specchio in cui la pittrice si guarda. Ma cosa riflettono gli occhi di questa autrice, quando pensa a Juana Romani?
«Ho scelto di raccontare questa storia attraverso una pluralità di punti di vista, per offrire una visione più ampia possibile sulla vita e sull’opera di questa grande artista. Tutti i personaggi – la madre, l’amica d’infanzia, il servitore del compagno, il ricco collezionista e la pittrice stessa – con le loro visioni, offrono al lettore, implicitamente, le suggestioni suscitatemi da questa donna».
Leggere questo romanzo è un tassello in più per riflettere sul ruolo della donna nella società contemporanea. Juana Romani è un esempio di caparbietà e coraggio. È una donna che ha fatto delle proprie apparenti debolezze un manifesto di forza. Ha impresso nella tela una linguaccia a ogni convenzione sociale che l’avrebbe relegata silente, in casa, con un buon matrimonio ma privo di sentimento.
Proprio il sentimento è quanto traspare tra le pagine di questo libro, che tramite il pretesto dell’arte racchiude un messaggio alla donna: ricorda di osare, vivi oltre te stessa, vivi per sempre.