Per lungo tempo, febbraio è stato considerato solo come il mese dell’amore. San Valentino si ergeva solitario su un trono fatto di cioccolatini, fiori e peluche. Dal 2015 un altro giorno condivide il suo scranno: si tratta dell’11 febbraio, che l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato essere la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza.
La Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza
Era necessario trovare un giorno per questo evento? In fondo, potrebbe dire qualcuno, già il 10 novembre si celebra la giornata della Scienza nel mondo. La risposta è una sola: sì.
Se le Nazioni Unite hanno ritenuto importante stabilire questa data è perché si sono rese conto che c’era – e c’è – un problema che andava affrontato, sviscerato e risolto. Sebbene siano stati fatti passi in avanti, ancora molto si può e si deve fare per far sì che l’idea di una donna che lavora nel campo scientifico non sia più qualcosa di cui sorprendersi, ma la quotidianità.
Oltre a nomi conosciuti come quello di Marie Curie e di Rita Levi Montalcini, vi sono molte altre donne che ogni giorno dedicano il proprio tempo e impegno alla scienza e che offrono il loro contributo alla ricerca.
Oggi, per la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, ho intervistato una di loro.
Chi è Lucia Mascotelli, Dottoressa in Ingegneria aerospaziale
È il 2010 quando Lucia Mascotelli, classe 1991, decide di intraprendere un percorso di studi che tredici anni fa era considerato – ancora più di oggi – singolare, per una donna: Ingegneria, e in particolare Ingegneria aerospaziale.
La scienza ha portato Lucia in diverse parti d’Italia e d’Europa: prima la laurea triennale a Forlì, sua città natale, poi la magistrale al Politecnico di Milano, fino a tornare a casa, dove sotto l’egida dell’Alma Mater Studiorum di Bologna ha conseguito un dottorato in Ingegneria aerospaziale e dove è rimasta come ricercatrice per oltre un anno.
Durante questo cammino ha avuto occasione di visitare l’Università di Southampton, l’istituto KTH in Svezia, e gli Stati Uniti. Alla ricerca continua di nuovi stimoli, si è dedicata al Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza all’Università degli Studi di Ferrara.
L’impegno di Lucia nella ricerca della fluidodinamica e nel campo della turbolenza di parete, svoltasi all’interno del laboratorio Ciclope di Predappio, le è valso nel 2018 il premio Amelia Earhart della Zonta International. Il premio, che prende il nome dalla famosa aviatrice americana, viene assegnato alle dottorande che spiccano nel campo dell’ingegneria o delle scienze aerospaziali.
Per Lucia, la scienza non è solo una questione di lavoro: è una passione che veicola in ogni aspetto della sua vita, a partire dalla cura che mette nel raccontare, a parole sue, come l’ambito scientifico non sia riservato esclusivamente al genere maschile, ma sia invece un intero ecosistema popolato da persone, dove la presenza delle donne è fondamentale.
Per questo, dal 2019 è copresidentessa dello Zonta E-Club of Italy, che fa parte dello Zonta International, organizzazione nata in Illinois il cui obiettivo è l’emancipazione delle donne – in particolare in luoghi dove questa viene meno – attraverso l’educazione scolastica e con l’aiuto di borse di studio dedicate a donne e ragazze che mettono il proprio impegno in settori scientifici, tecnologici e informatici.
Inoltre, nel tempo libero presta la sua voce al podcast She is a scientist, di cui è cofondatrice e segretaria, dove intervista scienziate italiane.
Un altro progetto a lei caro è il Monnalisa Collettivo, che nasce dal bisogno di quattro giovani donne, tra cui Lucia, di sentirsi parte di un cambiamento a cui si vorrebbe assistere nella società odierna, ancora oggi troppo legata a costrutti e modelli che vedono una fetta della comunità discriminata.
Il necessario momento delle presentazioni è terminato, e ora la parola va a Lucia, per la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza.
Lo studio al Ciclope: Centre for International Cooperation in Long Pipe Experiments
Per parlare bene di Lucia Mascotelli, occorre partire dalla sua carriera. Ha dedicato, infatti, il suo dottorato alla fluodinamica e al Ciclope, una galleria del vento unica nel suo genere. «La mia ricerca si concentrava sul modo in cui uno strato di aria reagisce a contatto con la parete della galleria del vento racconta. Dal punto di vista fisico, è lo strato per noi più interessante, perché è lì che nasce l’attrito, ed è l’attrito che ci fa consumare energia. Prendendo come esempio le automobili, l’attrito è ciò che fa consumare carburante, quindi attrito e consumo vanno di pari passo. Vi sono ancora molti dettagli che non sono noti riguardo il rapporto tra l’attrito e l’aria turbolenta, che è l’argomento su cui si è focalizzata la mia ricerca».
L’amore per la materia nella Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza
Il lavoro di Lucia Mascotelli è impressionante. Vale dunque approfondire la portata del suo amore per la scienza, ripercorrendo all’indietro i primi passi di questo rapporto, nato in modo naturale, da sempre. «Non saprei dirti un momento preciso. Mio padre mi ha sempre spinta a essere curiosa, e insegnava aerotecnica; questo sicuramente mi ha portata a interessarmi alla materia. Alle superiori, invece, è stato il mio insegnante di scienze che mi ha diretta verso la ricerca e la discussione scientifica.
Già dal quarto anno ero inserita in un contesto di discussioni, dubbi e ragionamenti, a volte su argomenti di bioetica che in quel periodo erano ancora scomodi, come l’aborto e le cellule staminali. Per quanto riguarda ingegneria aerospaziale, ho scelto la materia che poteva insegnarmi il tipo di fisica che più apprezzavo. Mi piace la concretezza, e nella mia concezione ingegneria appariva meno astratta di altre materie. Ha una ricaduta sulla quotidiana concreta, industriale e meccanica, e questo mi affascinava».
Visto il campo che ha scelto, viene naturale domandarsi se Mascotelli non sia stata ostacolata, nel suo percorso. Così non è. «Ho sempre ricevuto sostegno e mi sono trovata in un ambiente dove nessuno mi ha mai fatto pesare il fatto che eravamo in un contesto considerato per lo più maschile» racconta la Mascotelli.
Eppure, talvolta essere donne in un mondo di scienza può creare disagio.
La dottoressa Mascotelli ha scelto una carriera che, nell’immaginario comune, è associata al genere maschile. Non una donna medico ormai affatto insolita, ma una donna ingegnere aerospaziale. Viene da chiedersi se, nel corso della sua carriera, si sia mai sentita a disagio nel suo stesso settore… sottovalutata.
«È capitato. Non si vuole mai fare una pornografia del dolore o identificarsi come vittime, ma rimane la sensazione di non essere sempre al posto giusto. Rimane sempre il dubbio del “sono qui, ma perché sono qui?”. È come se dovessi sempre giustificare il fatto che hai scelto ingegneria. Si è sempre curiosi del perché una ragazza sceglie ingegneria. Certo, è normale domandare perché qualcuno ha scelto una particolare materia, anche solo per curiosità, ma credo che a volte ci sia un interesse più sistemico verso le donne che hanno scelto un campo come quello dell’ingegneria o, in generale, delle scienze dure, come le chiamano» spiega. «D’altra parte, è come se ci fosse sempre qualcosa da dimostrare. Nel corso della mia carriera – di universitaria, dottoranda, lavoratrice – ho sempre avuto a che fare con aspetti molto pratici della ricerca, dove serviva utilizzare cacciaviti o trapani. In quei casi, all’inizio fai molta fatica ad affermarti».
Non una capacità intellettuale, dunque, che viene messa in dubbio, quanto quella pratica che di norma è associata agli uomini. Anche se non lo si intende davvero, è una linea molto facile da oltrepassare, anche in modo inconsapevole. «A volte è capitato che chi visitava il laboratorio mi domandasse: “ah, ma una ragazza così carina come te, che cosa ci fa qui?”. Non c’era la voglia di sminuire, credo che quei commenti venissero da intenzioni positive e non malevole, ma era difficile che ti prendessero subito sul serio».
Quelle descritte da Lucia Mascotelli sono parole che, in fondo, non vengono rivolte a un uomo che frequenta Ingegneria. «Sì, è difficile che a un uomo, anche se avvenente, venga chiesto che cosa ci fa in un laboratorio o in una galleria del vento. Se si guarda il bilancio di genere dell’Università di Bologna si nota che le donne, in generale ma soprattutto nei campi STEM, si laureano prima e con voti più alti. Dal punto di vista intellettuale, quindi, va da sé che uomini e donne siano pari. È una percezione esterna che spinge invece la società a domandarsi “perché?”, quando vede una donna fare qualcosa di associato di norma al genere maschile.»
Secondo i dati Eurostat, negli ultimi anni c’è stato un miglioramento per quanto riguarda la presenza del genere femminile nel campo della scienza, passando in Italia dal 32% del 2011 al 34% del 2020.
«È sicuramente un miglioramento, lo vedo anche quando torno in università. Se quando mi sono iscritta c’erano 7 ragazze su 50/100 iscritti, alla fine del mio dottorato se ne contavano di più, e ora ancora più. È sicuramente un miglioramento, e sicuramente si sta facendo qualcosa dal basso per far sì che molte ragazze sentano che non è più un settore prettamente maschile» dice la Mascotelli.
«Se però si va a vedere il bilancio di genere dell’Università di Bologna, ma in generale dati europei, si vede quello che in gergo viene definito leaky pipeline, ovvero la tubatura che perde: vuol dire che anche se si immettono sempre più ragazze nel mondo accademico, poi nelle posizioni più alte – che si tratti della direzione di un’azienda, leadership, o di professoresse ordinarie nel settore accademico – non ci sono» continua, esponendo poi il tema in maniera più approfondita.
«Quindi è bellissimo che ci siano tante ragazze che si iscrivono, ma il problema non è risolto, perché ci sono una serie di ostacoli invisibili che non permettono spesso alle donne di arrivare in alto, a quelle posizioni che permettono di decidere la direzione della ricerca scientifica. Per esempio, per lungo tempo i crash test delle macchine si sono basati solo sui dati di un uomo standard, quindi le macchine sono studiate per essere guidate da uomini, non le donne. Le donne avvicinano il sedile, per esempio, e hanno quindi un’angolazione completamente diversa».
Cosa potrebbe fare il mondo accademico di oggi per le adolescenti che si avvicinano al mondo della scienza? Si potrebbe fare di meglio?
«Sicuramente deve essere un cambiamento sociale e culturale. L’università è fatta di persone: se non ti senti a tuo agio vuol dire che c’è qualche sistema che non ti accetta per quello che sei. Dal punto di vista accademico ci sono tante cose che si potrebbero cambiare, è un cambiamento che però deve avvenire a 360 gradi». dice la Moscatelli, aggiungendo poi: «Si deve migliorare ancora. Cosa si potrebbe fare? La domanda da un milione di dollari. Si deve partire e agire su tanti livelli, il primo è un cambiamento dal basso, sociale e culturale. Un cambiamento per cui si deve andare oltre il genere».
Si dovrebbe guardare al cervello, non al genere.
«La scienza andrebbe vista e percepita come un’impresa umana, non solo come una materia. La scienza è fatta di persone, e più diverse tra di loro sono queste persone, più varie sono, più punti di vista porteranno, e la ricerca non può che fiorire da più punti di vista differenti, che siano dato dal genere o da qualunque altra differenza. La scienza è fatta di persone.
È una buona cosa anche sapere che molti degli ostacoli di oggi nascono da stereotipi: il nostro cervello ragiona molto per stereotipi, e l’educazione deve aiutarti proprio a capire come andare oltre. Se non ho mai visto un’ingegnera non vuol dire certo che non ci debba essere».
Lucia collabora con molte associazioni, occupandosi di volontariato per quanto riguarda il mondo della scienza e delle donne. C’è da chiedersi cosa l’abbia spinta a farlo. «Il fatto di voler fare qualcosa in modo concreto. Tante volte il solo fatto di essere una donna in ambito scientifico, una scienziata, mostra che è un campo anche per le donne, ma io avevo voglia di fare di più, di concretamente fare qualcosa e di far capire alle persone attorno a me che un problema c’era e c’è».
Centrale, qui, che la scuola racconti di figure femminili nel mondo della scienza.
«Assolutamente. La cosa che dovrebbe accadere è che si trovassero tanti punti di riferimento quanti sono gli scienziati uomini. Oltre a Marie Curie ci sono tante altre scienziate, e dovrebbero poter essere un punto di riferimento non solo per le bambine, ma anche per i bambini. Le bambine hanno avuto per secoli come riferimento scienziati uomini, ma sarebbe bello se la società cambiasse al punto tale di porre modelli femminili per chiunque, così che anche un bambino possa vedere Samanta Cristoforetti e aspirare a essere come lei».
Negli ultimi anni ci sono stati diversi libri, come Storie della buonanotte per bambine ribelli, che hanno tentato di inserire in un’editoria per l’infanzia e adolescenziale figure di scienziate. Alla domanda su quale libro consiglierebbe lei, Lucia Mascotelli risponde: «Un libro che ho sicuramente apprezzato e che consiglierei è Scienziate nel tempo, di Sara Sesti».
Nella Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, non resta che lasciare un ultimo augurio alle giovani menti del futuro
«Di non aver paura di sbagliare. La scienza è questo, la ricerca è questo: tentare, sbagliare un sacco di volte, e prima o poi questi sbagli ti portano a qualcosa di giusto.»
Francesca Pantieri