C’è un confine sottile tra bene e male, tra sacro e profano, tra verità e finzione. Con Negra Luz, protagonista della nostra nuova intervista, entriamo in un fantasy che ha il coraggio di esplorare proprio quella zona grigia, sfuggente e affascinante, dove le certezze si frantumano e le domande si moltiplicano.
La voce di questo autore di Edizioni Other Souls si aggiunge al coro di:
Domenica Morabito, con Kaguya: La notte splendente di Noemi Falchi;
Chiara Cassanelli, con Un pezzo alla volta – con amore, per Rosie Watson;
- Joe Santangelo, con Storia di un antagonista;
- S. Glass, con Stay – Tutto quello che non ti ho detto;
- Fion Elge, con Una sirena a Coral Bay;
in questa nuova intervista ci lasciamo trasportare da un racconto che affonda le radici nel Voodoo, nel simbolismo, nella religione e nella complessità umana. Un fantasy che sfida i confini morali, interroga il lettore e ricorda che la realtà, a volte, nasce proprio dalle storie.
GABRIEL ARADIA
Autore del libro Negra Luz.
Gabriel Aradia vive da qualche parte in Italia. Lettore da sempre, scrive da quando ha capito che le storie hanno il potere di cambiare la realtà. Alterna i Fantastici Quattro e Conan il barbaro a Umberto Eco e Wu Ming, la saga di Star Wars a Magnum P.I. e la musica dei Depeche Mode a Guccini e Ligabue. I suoi idoli sono Darth Vader, il Dottor Destino, Indiana Jones e ha letto praticamente tutto di Isaac Asimov, Dan Simmons, Valerio Evangelisiti e Loriano Macchiavelli. Con diverse identità ha attraversato oceani, ha esplorato città, ha camminato per chilometri, scritto di molti altri generi e altre realtà.
Lo incontrate per strada, su un Frecciarossa, nel vagone di una metro o al bar con una Corona e lime mentre scrive al portatile, riconoscerlo è facile: ha due ombre.
• Che argomento tratta il tuo libro, c’è un aneddoto legato alla scelta del titolo?
Negra Luz è un fantasy che ci pone di fronte alla sottile linea che divide il bene dal male mostrando come invece esista la necessità che questo confine sia netto e inconfondibile tanto da trasformare questi due concetti da sempre presenti nelle nostre anime in entità, schieramenti e mondi che soddisfino il bisogno di appartenenza di ogni essere umano.
A dimostrare quanto questa visione sia costruita e distorta irrompono le divinità della religione Voodoo, entità che – per la loro stessa natura – sono da sempre a cavallo tra il bene e il male, tra sacro e profano, tra saggezza e follia, tra terra e cielo.
Con queste premesse, capirete che il titolo è venuto da sé.
• Quali sono state le circostante che ti hanno portato alla sua creazione?
Semplicemente c’era una storia da raccontare e l’ho raccontata.
• C’è una componente autobiografica che predomina/si nasconde nella storia?
So quanto faccia effetto lo strillo “Tratto da una storia vera”, ma ovviamente non è questo il caso.
O forse sì?
• Al di là di una morale, questa storia cerca di connettersi al lettore per trasmettere quale messaggio?
In generale non parto mai con l’intenzione di inserire nelle mie storie una morale o un messaggio, credo che spetti al lettore cercare se ce ne sono oppure no, ma soprattutto se ha bisogno che ci siano.
A posteriori posso dire che uno dei messaggi è che nessuno è mai completamente buono o completamente cattivo.
Sulla terra, almeno.
• Hai incontrato delle resistenze, anche di natura personale, nella scrittura del racconto, se si ci spieghi quali e perché?
Per certi versi sì, quando si raccontano storie che – come in questo caso – toccano temi tipo la religione si ha sempre un po’ di timore di urtare la sensibilità di chi legge, questo tanto più quando tra le religioni che vengono coinvolte c’è anche la propria: io sono credente e devo dire che maneggiare con la dovuta cura i temi della fede cristiana per introdurli in un immaginario fantastico non è stato facile.
• Ci sono tematiche sociali che si intrecciano nella trama del racconto? Ti va di parlarcene?
Non in modo particolare, di certo nella parte di storia che si svolge oltreoceano vengono affrontati elementi che riguardano la classe sociale più ricca e quella più povera di Santo Domingo e la grande disparità di disponibilità economiche tra queste.
E, se vogliamo, anche il rapporto con il sovrannaturale – al di là del lato fantastico, tema portante di questa storia – di fatto è un aspetto che trova profonde radici nelle meccaniche sociali di una popolazione come quella dominicana.
• Quanto credi sia importante l’apporto letterario e artistico per sostenere e affrontare tematiche sociali?
È un tema piuttosto spinoso, di fatto l’espressione artistica – e soprattutto il narrare storie – è un potentissimo strumento di modellazione della realtà: molte delle cose che oggi sono parte della nostra quotidianità o delle conquiste scientifiche, sociali e politiche che oggi fanno parte della normalità, sono state prima immaginate, poi raccontate e infine realizzate.
Non solo, nel momento in cui sono state immaginate, spesso venivano considerate irrealizzabili. L’esempio più visibile è più facile sono i viaggi spaziali, ma se ci mettiamo a pensare il mondo è pieno di “cose” che prima sono state solo “immaginazioni”.
Questo per dire che le storie hanno davvero un enorme potere, il potere di cambiare la realtà.
E le storie sono ovunque, i libri e i film sono i “luoghi” più facili in cui cercarle, ma anche una sinfonia racconta una storia, così come lo fa un dipinto o una scultura.
Non a caso spesso l’apporto artistico è stato utilizzato per rafforzare i messaggi di condizionamento da parte di governi autoritari, proprio perché tutto ciò che coinvolge i sensi per trasportarci all’interno di una realtà seppur immaginaria, diventa – per tutto il tempo che ci stiamo dentro – la NOSTRA realtà ed è impensabile credere che, quando ne usciamo questa non lasci in noi qualche traccia.
Alla luce di questo, per quanto mi riguarda, penso che un autore di storie dovrebbe utilizzare il mezzo del racconto per promuovere o sostenere qualcosa con grande moderazione, valutando bene gli effetti di ciò che scrive, perché – ormai lo sappiamo tutti – “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”
• Ambisci a qualche riconoscimento particolare per la tua professione di autore? Qual è la meta che speri di raggiungere, se c’è.
L’unico riconoscimento e meta che ambisco e voglio raggiungere è poter alzarmi la mattina e scrivere per guadagnare da vivere.
È un traguardo impegnativo, difficile da raggiungere in Italia, ma per fortuna non c’è solo l’Italia.
• Scrivere è un percorso innanzitutto emotivo, quali sono stati i momenti più intensi legati alla scrittura dei tuoi libri, e perché?
Certamente il primo premio ricevuto da una delle mie prime storie a un concorso letterario è stata l’emozione più grande, perché è una di quelle cose che certifica che in qualche modo sei sulla strada giusta: degli sconosciuti leggendo una mia storia da sconosciuto hanno deciso che tra le decine che avevano letto, era la migliore. Credo che non ci sia soddisfazione più grande per un autore seppur all’inizio del suo percorso.
Anche perché che quello è l’inizio lo scopri solamente dopo.
• Credi che la lettura oggi stia subendo una trasformazione? Se sì in che ambito.
Non ho gli strumenti per dare una risposta a una domanda che tocca un ambito così vasto come la letteratura, ciò che posso dire è che dopo la tempesta che nel 2008 ha segnato finanziariamente tutti i settori dell’economia mondiale, l’editoria italiana – da sempre uno degli anelli più deboli nella nostra economia – secondo me per reagire al colpo ha “scelto” strade che stanno portando la narrativa ad uscire dagli interessi degli utenti: da un lato i grandi gruppi editoriali hanno scelto di proporre al pubblico “storie scritte per essere vendute” prima che “storie scritte per essere lette” dando a vita a prodotti tutti uguali o simili a seconda delle strategie sposate dal marketing, dall’altro la piccola e media editoria ha iniziato a stampare una grande quantità di libri per bilanciare il disavanzo dei resi nei confronti dei distributori (questo però è un discorso molto lungo) e tutto questo va a discapito della qualità delle storie che è l’unico vero punto di forza che rende appetibile un prodotto quale esso sia, permettendo di vendere, fatturare e quindi crescere; riassumendo, è piuttosto difficile attirare nuovi utenti con prodotti mediocri.
Utenti che nel frattempo (guarda caso dal 2008) hanno subito l’ondata prima dei social e poi delle piattaforme tv e che alla fine decidono di investire il proprio tempo in attività che non sono la lettura.
Ovviamente esiste un certo numero di editori – per la maggior parte tra i medio-piccoli – che pubblica storie di qualità, ma è una lotta impari e vincerla è difficilissimo non tanto perché dall’altra parte ci siano modalità di intrattenimento MIGLIORI rispetto alla lettura, ma perché a parità di storie di qualità, l’alternativa “stupisce con effetti speciali”.
• Nella tua professione di autore ritieni sia più determinante, per ottenere risultati, l’impegno e lo studio o semplicemente il talento e la passione?
Ritengo che ci sia una proporzione 70% verso il 30% dove il settanta va a impegno e studio, il paragone più semplice che i viene da fare è quello del calciatore: puoi essere un fuoriclasse ma se non vai tutti i giorni al campo ad allenarti difficilmente giocherai in serie A (e forse nemmeno così), poi mi si dirà “E Maradona?”
Verissimo, ma di Maradona ce n’è stato uno e gli atleti come Maradona nella storia del calcio si contano sulle dita di una mano, ma soprattutto partire e pensare di poter essere forse, magari, chissà come Maradona, non si va da nessuna parte.
• Qual è la domanda che speravi ti ponessero ma non ti hanno mai fatto sul libro?
Non credo che ci sia, un po’ perché questa è una storia talmente aperta che stimola lettori e moderatori a fare domande, anche le più inconsuete e un po’ perché da un libro non mi aspetto mai nulla, nel senso che quando chiudo un libro, poi non mi creo mai aspettative e questo vale anche per le domande che mi potrebbero fare nelle interviste.
Con Negra Luz scopriamo un fantasy che non cerca eroi perfetti, ma personaggi vivi, contraddittori, e profondamente umani. L’autore ci ricorda che scrivere è una responsabilità, e che le parole hanno il potere di cambiare lo sguardo – e forse anche il mondo.
La nostra rubrica continua: perché ogni autore di Edizioni Other Souls è un universo, e ogni libro è un modo per illuminare una zona d’ombra. Anche quando la luce… è nera.
