Maschere da guerra, da cerimonia, teatrali, religiose, simboliche: in ogni piega del tempo e dello spazio, la Maschera trasforma l’identità di chi la indossa
Carnevale in filastrocca,
Gianni Rodari
con la maschera sulla bocca,
con la maschera sugli occhi,
con le toppe sui ginocchi.
È l’inizio del Carnevale in filastrocca, di Gianni Rodari, e già la parola “maschera” è ripetuta due volte nel giro di quattro righe. Ma prima di essere simbolo di euforia e divertimento, prima cioè di trovarsi legata a doppio filo con l’idea trasgressiva del Carnevale, la maschera ha attraversato il pianeta e i secoli portandosi dietro significati importanti e complessi. Fra le più note della storia, ci sono ad esempio le maschere funerarie, ritrovate grazie agli scavi archeologici che hanno portato alla luce tombe di sovrani come Tutankhamon o Agamennone, dei quali il corredo funebre (maschere incluse) doveva simboleggiare la potenza e l’eternità. Ma grande uso di maschere è stato fatto anche nel teatro, e in contesti diversissimi fra loro, come nella tradizione greca antica, o nella Commedia dell’Arte italiana (in voga dal XVI al VXII secolo, con le sue maschere regionali), o ancora nel teatro Kabuki, nato in Giappone nel XVI secolo.
Sempre in Giappone, secoli addietro, erano i samurai a indossare maschere da guerra disegnate e dipinte con ghigni feroci; e anche presso certe tribù africane (tra cui i Daiaki del Borneo, di salgariana memoria) c’era l’usanza di dipingere maschere che, se anche non erano effettivamente usate in combattimento, venivano esibite prima di una battaglia per spaventare il nemico. Infine, quasi in tutte le culture sono presenti maschere rituali, destinate cioè alle cerimonie religiose e spirituali, talvolta al fine di comunicare con le divinità (fra le più suggestive menzioniamo quelle aborigene e quelle delle popolazioni indigene del Sud-America decimate dagli invasori europei).

In secoli più recenti, la maschera è entrata a far parte della narrativa popolare, ad esempio con personaggi come Zorro, la Primula Rossa, il Fantasma dell’Opera, antesignani dei moderni supereroi. L’esistenza dell’eroe mascherato innesca nella storia momenti topici di cui il pubblico non si stanca mai, come estenuanti indagini dei nemici, duelli la cui posta in gioco è lo svelamento dell’identità, e finalmente, dopo tante vicende appassionanti, l’agnizione finale, il momento cioè del riconoscimento, che non sarebbe così speciale se la maschera non avesse ampiamente contribuito a prepararlo.
Uno strumento per aprire la porta verso il Mistero
Quanto al collegamento fra le maschere e il Carnevale, specie quello veneziano, esso risale a qualcosa come un millennio fa: già in documenti dell’XI secolo si fa menzione di travestimenti a Venezia, anche se l’evento del Carnevale venne formalmente istituito solo a partire dal 1296. A prescindere dalla durata dei festeggiamenti, che inizialmente potevano andare avanti anche per settimane (ma comunque terminando con la Quaresima), sempre uno era il comune denominatore: mascherarsi, annullare la propria identità e con essa ogni differenza di razza, sesso, ceto sociale, religione. Esibire una maschera permetteva di lasciarsi andare a scherzi, spettacoli e festeggiamenti, conservando intorno a sé un alone di mistero da condividere con le altre persone agghindate in modo simile. Tuttora, la maschera veneziana nelle sue varie forme e declinazioni evoca un senso di segretezza, di tentazione, anche di seduzione: basti pensare al film Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick e alle pratiche orgiastiche cui fa riferimento.

Anche nella cultura pop contemporanea, maschere e costumi acquistano un valore che va oltre quello concepito in origine. Nella mitologia moderna dei supereroi, la maschera serve principalmente a occultare l’identità e, di conseguenza, a proteggere se stessi e i propri affetti dagli avversari più insidiosi; ma in alcuni casi ha un significato ulteriore, basti pensare al caso dei personaggi che indossano la bandiera del proprio paese, come Captain America o Union Jack. Nella saga cinematografica di Star Wars, gli elmi dei soldati nascondono le loro fattezze e contribuiscono a renderli anonimi, mere propaggini del malvagio potere imperiale (il cui più temibile rappresentante, Darth Vader, indossa una maschera a sua volta).
Addirittura, la maschera che riproduce le sembianze di Guy Fawkes (il terrorista inglese responsabile della Congiura delle Polveri nel 1605), lanciata dal fumetto e poi dal film di V for Vendetta, è diventata in anni recenti simbolo di rivendicazioni popolari e dell’organizzazione di hacker Anonymous: il valore simbolico della maschera, in qualunque sua forma, è più vivo che mai.
