Vladlen Tatarsky è stato ucciso da una statuetta contente 200 grammi di Tnt portatagli in dono presso lo Street Food Bar. Attualmente, accusata del delitto è la 26enne Darya Trepova, che dichiara di essere stata incastrata.

Il ruolo di Vladlen Tatarsky
Vladlen Tatarsky, il cui vero nome era Maxim Fomin, era un giornalista originario del Donbass noto soprattutto per la sua attività di blogger filo-russo. Ultranazionalista, si è sempre espresso a favore della guerra in Ucraina e anzi, riteneva che la Russia dovesse condurre il conflitto con più decisione, tanto da criticare aspramente la linea tenuta dai generali del Cremlino.
Attentato a San Pietroburgo come elemento di coesione
Il ruolo di Vladlen Tatarsky e l’attentato a San Pietroburgo che gli ha tolto la vita rientrano un po’ in quello che è sempre stato il passato della Russia per quanto riguarda la gestione dei conflitti. Quasi un agire storico, che fa parte del carattere stesso di un Paese.
Quando il male colpisce in casa, chi resta si stringe. Specialmente se nel mezzo c’è un conflitto o ci sono forti opposizioni politiche, è facile puntare il dito e cercare un colpevole verso chi, di fatto, colpevole lo sembra per stato di natura.
Così, anche in Russia si è puntato il dito: prima contro l’Ucraina, accusata di terrorismo; poi contro una divisione interna, quella guidata dall’attivista e leader dell’opposizione Navalny, ora incarcerato. Ovviamente, la squadra di Navalny ha già del tutto preso le distanze dall’accaduto.
Così, Vladlen Tatarsky diventa l’espressione di un modus operandi perpetrato già nel Novecento
Sembra che, per ogni conflitto importante, la Russia abbia bisogno di trovare il suo nocciolo duro nella lotta interna, oltre che in quella esterna. Così ai tempi della Rivoluzione di Lenin, così ai tempi della Guerra Fredda, così oggi che lo sforzo bellico estremo rischia di dividere un Paese da riunire, in un modo o nell’altro.
Attraverso la divisione interna si rafforza il nocciolo più duro che strizza l’occhio al conflitto. Identificando l’altro da sé è possibile, infatti, autodefinirsi. Così, in quest’ottica, l’omicidio di Tatarsky fa da elemento legante per chi rimane e rafforza le convinzioni di chi, questa guerra, la vuole vincere a discapito di tutto.
Nell’impossibilità di poter dare un giudizio, troppo coinvolti e troppo presenti nella Storia, ora come ora, è possibile soltanto andare a rivedere, come un gioco di sovrapposizioni, cosa combacia e cosa no. Si cerca di spogliare il conflitto russo-ucraino di ogni sua motivazione per guardare, come una successione di radiografia, gli elementi ricorrenti che dal passato dovrebbero insegnare qualcosa del presente.
Sono solo riflessioni che, davanti alle bombe, al sangue e alla vita che sfugge, possono soltanto lasciare l’amaro negli occhi. Cronache di Paesi in guerra