La vita dei tre giovani protagonisti (Brenda, Alex e Kevin) è un lungo giorno di vacanza senza fine, un momento di pausa tra l’infanzia e la vita vera, adulta. Questo sembra suggerire il titolo Una sterminata domenica, opera prima di Alain Parroni, giovane regista classe ’92, che porta il suo lungometraggio (coprodotto da Wim Wenders) in concorso a Venezia80 nella sezione Orizzonti, proprio un’edizione dove il focus sui registi è tornato preponderante, sia per via delle poche star presenti alla kermesse per via degli scioperi, che per la partecipazione di Maestri quali Cavani, Polansky e Allen.
Una sterminata domenica, una storia di formazione
Amicizia e amore esasperati, senza misura, tipici di quell’età di passaggio a cavallo dei vent’anni. Una vita alla periferia di tutto: troppo lontana da Roma ma pure dal mare, dalla scuola e dal lavoro, dalle opportunità e dalle speranze.
È chiaro fin dai primi fotogrammi che l’esistenza di questi ragazzi, sempre uniti, sempre fuori casa, è già segnata da una parabola discendente. Una vita apparentemente senza scopo, senza orari, senza responsabilità, in cui l’unica decisione è come far passare il tempo.
Tra le ore passate in auto, le corse in moto, i pasti dalla nonna di Brenda (l’unica figura adulta di riferimento dei tre giovani), la ragazza resta incinta di Alex. Lo spettatore immagina che la china acceleri vertiginosamente, invece no: «è una cosa bella, è una cosa importante!» ripete l’amico Kevin in continuazione, lo stesso che tagga il suo nome su ogni superficie gli capiti a tiro, per lasciare segno del suo passaggio. Con questa “cosa importante”, forse, anche la loro vita può avere un senso.
Da questo inizio Una sterminata domenica segue i nove mesi della gravidanza, evidenziando come l’estrema urgenza di vita e di esperienze dei ragazzi, che fagocita attimi e vomita noia, provi a trasformarsi in una quotidianità diversa.
Non c’è una morale in questo film, né un lieto fine, né – tantomeno – il suggerimento di una possibile soluzione o alternativa. La pellicola, dice Parroni, cerca di trasferire sullo schermo «il sogno di un adolescente preoccupato che si addormenta con lo smartphone in mano davanti alla TV accesa a tutto volume». È un ritratto, fedele e poetico, di una generazione senza speranza, ai margini di tutto, anche della propria stessa vita.
Una sterminata domenica, fotografia e colonna sonora d’eccezione
Il film poteva essere l’ennesimo ritratto di una generazione apatica, inutile a se stessa a cui il cinema degli ultimi anni ci ha abituato. Invece è molto di più, perché il regista non è condiscendente con i suoi protagonisti, non cerca per loro giustificazioni, non li giudica né li assolve.
Contribuisce in maniera preponderante alla poetica e al lirismo del film la splendida fotografia di Andrea Benjamin Manenti, che focalizza lo sguardo dello spettatore su quei particolari che rendono la narrazione continua e fluida, senza salti logici, inserendoli in spazi e cieli troppo grandi per quelle piccole vite, in penombre sempre più oscure e luci sempre più abbaglianti.
L’altro elemento che valorizza la trama di Una sterminata domenica è la colonna sonora del maestro Shirō Sagisu, celebre compositore della OST della serie anime Neon Genesis Evangelion. La musica volutamente pop, che riporta al mondo anime estremo e coloratissimo, entra di prepotenza nella narrazione enfatizzando, come la fotografia e le luci, quella estremizzazione esperienziale che i ragazzi vivono ogni giorno: tanto, troppo e troppo presto come confermano l’urlo straziante di Kevin «Ho solo 16 anni!» o quell’«Io esisto!» gridato in corsa da Alex.