The Sandman, serie tv nata dal genio di Neil Gaiman, è tra le novità estive targate Netflix. Sulla bocca di tutti, ha conquistato nostalgici del fumetto e nuove generazioni, guadagnando critiche più che positive. Per me, The Sandman è l’esempio perfetto di raccolta e contaminazione: storia, letteratura, folklore, magia.
Protagonista della serie è Morfeo o Dream, dio del sonno e sovrano del mondo dei sogni. Accidentalmente evocato in un rituale di magia nera, la divinità resta intrappolata per un secolo nel mondo terrestre, perdendo tutte le insegne che potenziano il suo potere. La prima parte della serie è dedicata al recupero degli oggetti divini, la seconda si concentra sul rapporto di Morfeo con l’umanità tramite il pretesto di recuperare alcuni incubi sfuggiti al suo controllo.
Non solo avventura, The Sandman si fa portatore di un insegnamento affatto da poco: giocando con la coppia di opposti sogno/incubo, rivaluta la funzione di quest’ultimo che, reso perversione mediante la fuga nel mondo reale, ha bisogno di ritrovare il suo ruolo ispirazionale nella vita dell’essere umano.
Sabbiolino e Der Sandmann
La leggenda scandinava di Sabbiolino, ripresa anche da Hans Christian Andersen, veniva raccontata ai bambini per invogliarli ad andare a dormire con la promessa del passaggio dell’omino dal cappello a punta, portatore di sogni grazie a un soffio di sabbia sugli occhi. Questo elemento folkloristico ha trovato maggior fortuna dopo la trasformazione che ne ha operato Hoffman con il suo Der Sandmann. Qui, la leggenda dell’uomo della sabbia da promessa di sogni felici si distorce in minaccia di incubi: l’amichevole omino dal cappello a punta diventa un mostro che strappa gli occhi dei bambini restii ad andare a letto per darli in pasto ai propri figli.
Il racconto di Hoffmann è concentrato sulla potenza dell’incubo che diviene poi, in una sorta di realismo magico, ben radicato nella vita di Nathaniel, protagonista della vicenda. Nathaniel, figlio di un alchimista, resta orfano e attribuisce la morte di suo padre a Coppelius, uomo misterioso che il giovane crede essere l’uomo della sabbia. Il racconto di Hoffmann è ricco di spunti di riflessione e allusioni mistiche che meriterebbero un ampio approfondimento, qui dirò solo che la sua tragica fine deriva da una confusione di sguardo poiché gli occhi di Nathaniel non sono più capaci di distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è. Al lettore, resta il dubbio dolente: follia o magia?
Il Perturbante
Dall’opera di Hoffmann, Freud ha tratto linfa per il suo saggio Il Perturbante. Proprio questa incapacità di scindere tra l’elemento reale e una paura di bambino – rappresentata dalla figura di Coppelius nel racconto di Hoffmann – è ciò che lo psicanalista dichiara “perturbante”, ovvero portatore di quell’angoscia dovuta allo spaesamento, la sensazione che si ha quando qualcosa di familiare risulta al contempo anche estranea. Restare nel mezzo tra il sonno e la veglia, come fa Nathaniel, può essere dunque rischioso per la psiche della persona.
The Sandman
Cosa possiamo trovare di questo retaggio illustre nel The Sandman di Gaiman? Tanti piccoli elementi nascosti che poi si trasformano e, mescolati alla conoscenza profonda che ha l’autore della mitologia, diventano piccoli tesori da scoprire, messaggi nascosti in bottiglie più scure e vistose per una serie ricca – ma ricca davvero! – di spunti su cui riflettere e piccole curiosità da indagare.
C’è del perturbante, quando la presenza di Morfeo sulla terra altera la percezione di sogno e realtà. Morfeo è un dio che combatte tramite la parola, usando come arma l’inconscio del suo avversario. Ciò che è sepolto torna a galla arricchito di una potenza devastante ed è l’essenza stessa dell’incubo. Al contempo, però, c’è il sonno misericordioso e sereno che precede una morte dolce, a ricordarci che Dream è capace anche di somma benevolenza e che, in fondo, il sonno non è un nemico da temere ma una meta a cui tutti dovremmo poi arrivare.
Di questo omaggio al perturbante è piena la serie, sebbene credo sia opportuno mettere in risalto alcuni piccoli elementi. Primo tra tutti il riferimento all’alchimia intesa come risorsa per combattere la morte. In The Sandman, questo piccolo percorso di lotta inizia e si esaurisce con personaggi differenti e, alla fine, ci ricorda in modo non banale che, più che una battaglia contro la morte, l’esistenza è proprio un dono da vivere.
Un’altra menzione d’onore è dovuta alla figura del Corinthian, l’incubo antagonista di Morfeo. Corinthian strappa gli occhi delle sue vittime per mangiarli, e a ben guardare può essere visto come un figlio del Sogno che, stanco di essere nutrito – e dunque oppresso dalle ingerenze del padre – cerca la sua indipendenza alterando, però, un ordine prestabilito e dunque rischiando di creare nel mondo una sempiterna condizione di perturbanza.
Liberatorio, alchemico e risolutore è, in ultimo, l’atto della creazione. Questo ci ricorda, infatti, ciò che è bello e fondamentale del sogno: la possibilità di sfruttare la potenza generatrice di quell’intuito che si annida in noi quando chiudiamo gli occhi. È grazie ai sogni, non a caso, che si plasma la nostra realtà.