Pochi giorni fa sono stati annunciati i cinque finalisti del Premio Strega: Emanuele Trevi, Edith Bruck, Donatella di Pietrantonio, Giulia Caminito, Andrea Bajani. Nell’anno in cui si vocifera che debba vincere una donna, Teresa Ciabatti è la grande assente, quella che in molti davano come favorita e invece non ha nemmeno passato la selezione. Ci siamo chiesti perché.
Con voce pulita, precisa, tagliente, Sembrava bellezza viviseziona la nostra società che vive in perenne ritardo, gridando senza giri di parole che il re è nudo. Il libro di Teresa Ciabatti racconta in prima persona la vita di una donna che si avvicina alla mezza età. Poco importa se sia o meno la storia vera dell’autrice, la sua capacità narrativa rende inutile questa precisazione.
La storia di Sembrava bellezza di Teresa Ciabatti
È la storia di un’adolescenza difficile, come tante. Come quella di Gaia, narrata da Giulia Caminito in L’acqua del lago non è mai dolce. Come quella di Edith, nel suo libro autobiografico Il pane perduto; una storia terribile, nella quale lei ha saputo reagire per salvare se stessa. Come quella de L’arminuta, della quale il libro finalista Borgo sud di Donatella di Pietrantonio è l’inseparabile seguito.
Queste sono storie di ragazze come noi, con le quali ci possiamo identificare: possiamo simpatizzare, piangere o ridere con loro.
Che cosa c’è di diverso in Sembrava bellezza?
La narrazione schietta e coinvolgente è sempre all’altezza della candidatura al Premio Strega proposta da Sandro Veronesi, vincitore uscente con Il Colibrì. Ci si chiede allora che cosa lo abbia penalizzato, tanto da escluderlo persino dalla cinquina dei finalisti; cerchiamo di capire cosa lo rende differente e forse meno popolare.
Teresa Ciabatti traccia il ritratto di una donna che fatichiamo a sovrapporre con quello che vediamo nello specchio. Lascia cadere ogni velo, scavalcando ogni tabù. Il risultato è talmente realistico da apparire grottesco. Eppure la vita è questo, anche se non ci piace ammetterlo. Una donna vicina alla cinquantina, moglie infedele e madre spesso assente, confida le sue ormai scarse speranze e i rimpianti di una vita. Ma se tutto questo possiamo perdonarlo, ad esempio, al protagonista di Non ti muovere (Margaret Mazzantini, Premio Strega 2002), forse non siamo ancora pronti a perdonarlo a una donna. Una (ex) moglie che lotta con menopausa, ricrescita e incontinenza (partorirai con dolore…) vive una crisi all’avvicinarsi dei cinquant’anni: ha delle relazioni e ha l’ardire di perdonarsi per essere stata una cattiva madre, realizzando che era ciò che rientrava nelle sue capacità.
Teresa Ciabatti destabilizza l’icona radicata nell’immaginario collettivo italiano, quello della mamma affezionata alla gonna un po’ lunga, così elegantemente anni Cinquanta che cantava Bennato, senza però sprofondare nella MILF che combatte in ogni modo l’incedere del tempo.
Infastidisce perché ci costringe ad ammettere che il re è nudo.
Forse non siamo ancora pronti per questo, ma io spero che Sembrava bellezza possa divenire un punto di svolta verso una letteratura e una vita più consapevole.