Cosa succede quando qualcuno – o qualcosa – prende il controllo della tua vita? Netflix lancia la sesta stagione di Black Mirror è incentrata sulla paura di non poter più decidere niente.
Il folgorante primo episodio della sesta stagione di Black Mirror
Il primo episodio di Black Mirror, Joan è terribile, è emblematico, in tal senso. La protagonista, Joan, si ritrova a vedere la sua vita trasfigurata in una serie tv, su una piattaforma analoga a Netflix. Come è possibile? si chiede.
Il privato che diventa pubblico, inesorabilmente. Ma è davvero così improbabile che accada, considerando che il prolungamento dell’arto umano, ossia lo smartphone, è un raccoglitore costante di dati e informazioni che ci riguardano?
Tramite la geolocalizzazione si evince dove si è stati, osservando una cronologia su Google si capisce quali sono i pensieri, gli interessi, i possibili acquisti, i dubbi legati alla salute… e tutto ciò che fa parte della sfera personale. Basta un click, e termini e condizioni sono accettati, in blocco. Tempo fa era risultato che gli utenti avessero accettato persino di vendere l’anima al diavolo, attraverso un semplice ok!
La complessità umana in Black Mirror
Black Mirror è incentrato sulla debolezza umana, sulla difficoltà a esternare ciò che si è e ad accettarsi. Le puntate Loch Henry e Mazey Day sono un pugno allo stomaco, mettono di fronte a realtà inimmaginabili.
Senza arrivare a coinvolgere torture e licantropie, però, Black Mirror sa far suscitare quei dubbi che da tempo immemore attanagliano l’umanità: chi siamo e chi ci circonda, davvero? Quanto si è disposti a far vedere e quanto resta sepolto? Quant’è possibile fidarsi degli atri, in base alla punta dell’iceberg?
Beyond the sea e Demone 79 portano, invece, in due mondi paralleli. Il primo, quello spaziale, è il luogo fisico in cui è percepita maggiormente l’alienazione, il secondo è l’eterno conflitto tra materiale e spirituale.
Tra essere presenti fisicamente, e materialmente, con tutto ciò che ne consegue – difficoltà a relazionarsi, a emergere, a scrivere la propria autentica storia, a realizzarsi – ed essere dispersi nell’oblio, in una dimensione dove tutto scorre, nonsense. E viene da chiedersi se davvero siano così diversi, tali livelli.
Uno specchio nero dove perdersi
Ciò che colpisce, anche in questa sesta serie di Black Mirror, è la capacità di indagare l’animo umano, focalizzando l’attenzione su quanto le influenze esterne possano agire da detonatore per far emergere la propria natura. Ci si chiede quanto siano attendibili rapporti personali e sentimentali mediati di continuo da strumenti digitali assunti (essi!) a compagnie irrinunciabili.
Tutta la serie può essere sintetizzata nella scena finale di Mazey Day: la crudeltà del gesto mentale non è inferiore a quello materiale.
Serie consigliata, ovviamente, da vedere per chi si chiede qual è il suo posto nel mondo, quale il suo personale viaggio dell’eroe, e per considerare quanto può essere devastante l’alienazione, la solitudine e l’amarezza interiore. Considerando che si è sempre connessi con il mondo ma raramente, nel profondo, con se stessi.