La ragazza vittima dello stupro di Palermo, quello per cui si voleva la castrazione chimica fino a qualche giorno fa, parla sui social, e lo fa con parole che tutti dovrebbero ascoltare e fare proprie, prima di tacere.
Ultimamente c’è sempre più la tendenza a una specie di voyeurismo mediatico e social. Invece di concentrarsi sull’avvenimento, un avvenimento grave, si cerca sempre di dare una faccia alle vittime per ricordare loro che forse, in fondo, vittime non sono.
E allora, in questo senso, le parole della ragazza di Palermo devono insegnare, perché sono semplici ma centrano il punto. Ricordano che sulla bocca di chi parla spesso c’è il sangue di chi si toglie la vita.

Lo sfogo della ragazza di Palermo
Le hanno commentato di tutto: dai video sul social TikTok al suo modo di vestire, hanno messo bocca sulle sue relazioni. Tra le righe, è un po’ come dirle in faccia che se l’è cercata, che è colpa sua.
Le risposte che lei dà (no, non si dirà in questa sede il nome della ragazza di Palermo) sono adulte, cariche del peso di un’esperienza che segna tutta la vita. La ragazza di Palermo si difende, non cede al gioco del rimpiattino, non crede di essere complice dello scempio avvenuto con il suo corpo. Trasmette forza e ribadisce che no, non se l’è cercata e che in ciò che le è successo non c’era diritto.
Più di ogni altra cosa, dà un insegnamento riportando quella che, in fondo, è la storia recente: se al suo posto ci fosse stata qualcun’altra, magari più debole, commenti del genere avrebbero potuto spingere verso il suicidio.
La risposta della ragazza a chi la accusa di aver mentito sulle violenze sessuali: «Sono stanca, pensavo di farcela ma non è così» https://t.co/AhEw5AUQRp
— Open (@Open_gol) August 29, 2023
Quasi sembra, a volte, che siano le vittime di stupro a dover chiedere scusa
Non si sa come si sia manifestata, questa tendenza a puntare il dito su chi è vittima di stupro, quasi deresponsabilizzando gli aggressori che di fatto finiscono spesso nel dimenticatoio. Si sa, quando si parla di stupro al centro del discorso restano sempre, e per sempre, le vittime.
Le vittime di stupro hanno i conti da fare con la vergogna. Quella che è frutto della propria immagine resa pubblica, della spettacolarizzazione della violenza, della voglia di sapere e giudicare, quel bisogno così tipico del 21esimo secolo di dover dire la propria a dispetto dello stato di salute mentale altrui.
Fatto sta che la ragazza di Palermo ha ragione, e per commenti come quelli che ha ricevuto lei c’è chi si toglie la vita, interiorizzando la colpa al punto da non saperci più convivere. E chi quella colpa ce l’ha messa, lì dentro, una volta sfogato il veleno torna a viversi il suo, felice, ignaro che anche la parola sa essere abuso.