2 agosto 1980. Qualcuno lascia una valigetta incustodita nella stazione di Bologna Centrale, il luogo è la sala d’aspetto della seconda classe. Quel gesto di apparente dimenticanza, però, è l’inizio di una tragedia che dopo 43 anni ancora perseguita l’Italia.
Quella valigetta è una bomba, scoppia impietosa e uccide 85 persone, lasciando dietro di sé circa 200 feriti. Un atto così disumano, in Italia, non si vede da circa 40 anni, dalla Seconda guerra mondiale.
2 agosto 1980, ancora si rincorre la verità
Cercare la verità attorno alla strage di Bologna è un’impresa ardua e ancora oggi ci sono delle zone d’ombra che meritano di essere indagate. Le vicende relative al 2 agosto 1980 hanno subito tanti rallentamenti e tentativi di depistaggio, che vedono colpevoli, al momento, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte. Incerti sono i nomi dei mandanti della strage di Bologna, dei colpevoli sopra tutti gli altri colpevoli, di chi per 40 anni è riuscito a vivere nell’ombra, a costruire un’esistenza sulle spalle dei condannati e dei morti.
E forse è questo, il grande nodo da sciogliere, un nome o dei nomi che possano placare con la giustizia gli animi di chi per questi 40 anni si è posto domande e ha combattuto per ottenere giustizia, come l’Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, nata un anno dopo l’esplosione, a giugno del 1981.
Processi e condanne per la strage di Bologna
Come detto, la strage di Bologna del 2 agosto 1980 presenta ancora molti punti oscuri. Uno di questi riguarda i diretti colpevoli dell’esplosione, i neofascisti Francesca Mambro e Giuseppe Valerio Fioravanti, appartenenti ai Nar, Nuclei Armati Rivoluzionari. Sebbene i due abbiano ammesso il proprio coinvolgimento in altri omicidi, si sono sempre dichiarati innocenti per quanto riguarda la strage di Bologna. Stessa sorte per Luigi Ciavardini, condannato a 30 anni nel 2007, minorenne ai tempi dell’esplosione.
Le indagini sulla strage di Bologna, in questi ultimi 40 anni, non si sono mai fermate. Le prove che emergono indagine dopo indagine aprono piste, suscitano domande. Ulteriori analisi e nuove perizie dei materiali hanno portato a una sentenza di primo grado per Gilberto Cavallini, terrorista Nar con già otto ergastoli alle spalle.
La lotta per la verità non riposa mai.