L’11 gennaio è uscito per i tipi di Rizzoli BUR il libro La notte della Concordia, realizzato a quattro mani dalla scrittrice Sabrina Grementieri e da Mario Pellegrini, che nel 2012 era il vicesindaco dell’Isola del Giglio e fu il primo a portare soccorso alla nave in difficoltà. Chiediamo a Sabrina di soddisfare qualche nostra curiosità sulla stesura del romanzo.
Sabrina, tu conoscevi Mario Pellegrini già prima di pensare a questa storia. Come vi siete conosciuti e come è nata l’idea del libro?
Ho conosciuto Mario per caso, mentre ero in vacanza sull’isola. All’inizio non sapevo nemmeno chi fosse né quale ruolo avesse avuto dopo il naufragio. Per diversi giorni abbiamo chiacchierato un po’ di tutto e solo alla fine mi ha confessato di voler scrivere un libro sugli eventi di quella notte. Sono trascorsi alcuni mesi, dopo quella vacanza, prima che mi ricontattasse per propormi di scriverlo. Per me sarebbe stata una vera sfida, visto che non avevo mai lavorato a nulla di simile. Ma anche la mia agente e l’editor ci hanno creduto, e così eccoci qui.
La narrazione è al presente, scandita in capitoli che sembrano un diario di bordo; come mai questa struttura?
Con la narrazione al presente abbiamo voluto far entrare il lettore dentro la nave in quelle ore concitate, perché potesse vivere, almeno in parte, tutte le emozioni che hanno vissuto coloro che erano a bordo. I capitoli brevi fanno parte del mio modo di scrivere, quasi per immagini. Come se ogni capitolo fosse uno scatto di un determinato momento di quella lunga notte.
Cosa ha colpito di più Sabrina Grementieri, della “cronaca” che ha ascoltato da Mario Pellegrini?
Sono tante le cose che mi hanno colpita. Prima di tutto la sua lucidità per tutto il tempo in cui è rimasto a bordo, anche quando la nave si è ribaltata: non si è lasciato travolgere dal panico e ha sempre mantenuto il sangue freddo. E poi la commozione che ho sentito nella voce di Pellegrini la prima volta che mi ha parlato di quella notte: è stata fondamentale nel farmi prendere la decisione di accettare questo progetto.
Nel libro, non si insiste mai su errori e responsabilità di quella notte. È stata una scelta precisa?
Esattamente. Questi temi sono stati ampiamenti trattati, e la giustizia ha fatto il suo corso. Nelle nostre intenzioni c’era il solo e unico desiderio di parlare della grande umanità che hanno avuto i soccorritori, da Pellegrini agli abitanti dell’isola del Giglio che hanno messo tutti i loro averi a disposizione per salvare e confortare i naufraghi. Siamo talmente circondati e assillati da notizie tragiche, negative, violente. Ma c’è anche tanta bellezza e umanità nel genere umano, e se ne parla troppo poco.
Che cosa ti rimane di quest’esperienza creativa, e della frequentazione dell’Isola del Giglio?
Il Giglio è un posto meraviglioso e io, che sono amante dei luoghi, ho trovato tanta bellezza di cui saziarmi. Ma soprattutto ho conosciuto persone fantastiche con cui ho stretto amicizia e che continuo a sentire, anche ora che il viaggio è concluso. Anche la mia scrittura ha avuto modo di migliorare, la sfida mi ha dato tanti stimoli e sono molto soddisfatta di averla accettata.