La situazione lavorativa italiana è ormai argomento praticamente di tutti i giorni. Dai salari bassi alla precarietà del lavoro sino alle ingiustizie subite dai colleghi o dal proprio datore. Questi aspetti riguardano grosso modo la maggior parte degli ambiti lavorativi, ma da un recente studio condotto dall’associazione “Mi riconosci!” è emerso che i lavoratori che appartengono al settore della cultura sono tra i più sottopagati e vivono in una situazione di continua precarietà.
Grazie all’indagine dell’associazione, che ha coinvolto un campione di 2.526 di persone, è risultato che le paghe percepite da chi lavora nel settore culturale siano ben al di sotto di quello che dovrebbe essere il salario minimo.
Ecco tutti i dettagli emersi grazie allo studio dell’associazione “Mi riconosci!”.
Cultura, i lavoratori percepiscono meno di 8 euro all’ora
Sembra paradossale dover affermare che chi lavora con la cultura e per la cultura percepisca un salario così ridotto all’osso da permettersi di visitare i musei solo nelle giornate in cui l’ingresso è gratuito. Eppure è la realtà dei fatti.
Lo studio condotto dall’associazione “Mi riconosci!” ha portato alla luce un quadro piuttosto disperato. Tra i lavoratori dipendenti il 68,9% guadagna meno di 8 euro netti all’ora. Tra i freelance e gli autonomi c’è chi guadagna addirittura tra i 4 e i 6 euro netti all’ora.
L’indagine mostra inoltre che più della metà siano giovani donne, con un’età compresa tra i 26 e i 39 anni, altamente istruite e competenti. Oltre il 40% è infatti laureata o ha conseguito master e corsi di specializzazione.
Meno di 10.000 euro annui per chi lavora con la cultura
L’80% delle 2.526 persone intervistate ha dichiarato di avere un reddito annuo pari o persino inferiore ai 10.000 euro. Solo l’8,7% guadagna tra i 20 e i 30.000 euro e meno del 4% oltre i 30.000 euro.
Nel campione di lavoratori intervistati dall’associazione ci sono liberi professionisti, autonomi, disoccupati e dipendenti. Tra quest’ultimi, il 42% può vantare un contratto a tempo indeterminato, mentre i restanti lavorano con contratti a scadenza e 6 su 10 svolgono mansioni al di fuori da quelle previste.
Agli autonomi con partita iva o con incarichi retribuiti con ritenuta d’acconto non va di certo meglio. Se lavorano con un solo committente, sono obbligati ad assecondare ogni richiesta e capriccio, senza avere i privilegi da dipendente quali permessi, ferie, malattia, maternità o paternità.
Ciò che emerge infine dallo studio condotto tra gli addetti ai lavori del settore della cultura è che oltre il 40% sia stata vittima di mobbing sul posto di lavoro, subendo anche atteggiamenti intimidatori o punitivi.