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    Home»Film e Serie Tv»Scrooge, Canto di Natale: Netflix, perché?
    Film e Serie Tv

    Scrooge, Canto di Natale: Netflix, perché?

    Scrooge - Canto di Natale è lo speciale di animazione pubblicato da Netflix in queste ultime settimane del 2022. Una versione molto cartoonesca e poco dickensiana.
    Andrea PicchiDi Andrea Picchi15 Dicembre 2022Updated:15 Dicembre 20222 commenti6 Minuti di lettura
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    Scrooge ennesimo adattamento di A Christmas Carol

    A poche settimane dal Natale, Netflix rilascia una nuova versione di A Christmas Carol di Charles Dickens. Un’operazione forse scontata, dato che la “ballata” in questione è stata proposta e riproposta sugli schermi di ogni dimensione ormai in ogni salsa e in ogni interpretazione, insieme a tutta quella serie di film considerati natalizi. Una scelta, palesemente evidente, che è volta alla conquista di un pubblico di piccoli spettatori, e per “piccoli” si intende 4-6 anni.

    Purtroppo, quando ci si scontra con i classici della letteratura, come A Christmas Carol, il confronto con il passato è inevitabile anche quando il prodotto, come quello in questione, è reinterpretato in chiave musical per un pubblico “giovane”.

    Con questo non si vuol puntare il dito contro, ma a partire dalle grandissime produzioni cinematografiche, e a seguire in quelle minori, c’è negli ultimi anni la tendenza a “miniaturizzare” – nella forma e nel contenuto – storie e racconti, per renderle a misura di bambino.

    In questo Scrooge – Canto di Natale, quest’opera di riduzione ha avuto come risultato uno snaturamento totale dell’opera di Dickens, ma senza averne un motivo ragionato e motivato.

    La storia è la storia… O quasi

    Sarebbe impossibile sbagliare, eppure in alcuni momenti della visione si ha la netta sensazione di star guardando un’altra storia. Non solo, si ha proprio l’impressione di aver sbagliato film.

    Tante, troppe le aggiunte o i tagli eseguiti sul racconto originale: alcune scene perdono completamente il loro significato originario per caricarsi di ulteriori messaggi che, spesso, finiscono per contraddire e contraddirsi con l’originale.

    Non si vuole criticare la libertà di reinterpretare un classico, ma si chiede, almeno, il rispetto della caratterizzazione basilare di un personaggio come Scrooge, che evidentemente non è lo Scrooge che racconta Dickens.

    I personaggi di Scrooge – Canto di Natale non sono i personaggi di A Christmas Carol

    Ebbene, sì. Nota dolentissima di questo adattamento Netflix. I personaggi di questa versione ammorbidita della ballata di Dickens sono spesso contraddittori con le caratterizzazioni dei personaggi del romanzo “natalizio”, Ebenezer Scrooge primo della lista.

    Il personaggio qui presentato è un arzillo cinquantenne, il cui bastone da passeggio è una suppellettile dello status sociale dell’uomo, al quale – per amor della “miniaturizzazione” a misura di bambino – viene affiancato un cane. Il cane in questione, appartenuto al socio di Scrooge, Jacob Marley, rimane insieme all’uomo più tirchio di Londra, il quale dovrebbe essere un rattrappito anziano scorbutico e privo di ogni empatia verso altre forme di vita. È del tutto implausibile. Come è totalmente implausibile la dimostrazione di rimorso, da parte di Scrooge, fin dai primi minuti della pellicola. È un personaggio di nome Scrooge, ma non è il personaggio di A Christmas Carol.

    Gli altri personaggi, in generale, sono anch’essi brutte scopiazzature dagli originali, ma ammorbidite e “instupidite” per renderle fruibili al pubblico di infanti cui è rivolta la produzione.

    Il punto più dolente di tutti, dopo Scrooge, sono i quattro fantasmi: il fantasma di Marley, il fantasma del Natale Passato, quello del Presente e in ultimo del Futuro.

    Le caratterizzazioni di questi quattro personaggi chiave di tutto il racconto sono, ancora una volta, ammorbidite, ingrigite e rammollite. Dov’è lo strepito di catene che Marley si trascina fin dentro la camera da letto di Scrooge, allegoria dell’avarizia e dell’usura bancaria praticate in vita? Dov’è finita la voce flebile del fantasma del Passato che, proprio perché è una candela vivente, più brucia e più si spegne? Dov’è la possanza e la grandezza del fantasma del Presente, simbolo di vigore nel “qui” e “ora”? Dov’è il terrore che dovrebbe suscitare il fantasma del Futuro, che scorta Scrooge fino alla sua stessa tomba, all’indomani del prossimo Natale?

    Il fantasma del Passato è una vivacissima signorina candela, esuberantissima, che sprizza gioia da ogni sua cellula di cera d’api. Un personaggio che si dimostra totalmente fuori luogo. Il passato è lontano, ed è doloroso. Qui diventa l’album delle “ragazzate” del passato, per poterne ridere e gioire in compagnia.

    Il fantasma del Presente è una caricatura del Babbo Natale che si è abituati a vedere oggi, in Tv. Un “uomo” grasso, grosso, che cambia dimensioni a piacimento, circondato da un esercito di follettini super coloratissimi. Un fantasma che si rimpicciolisce… Quand’è tutto il contrario!

    Il fantasma del Futuro è una figura incappucciata, priva di ogni caratterizzazione degna di nota. È la Morte personificata, non di più, ma che non incute nessun tipo di orrore né in chi sta guardando il film, né in Scrooge, che in un certo momento si vede “ballare dalla gioia” [sic].

    Canto di Natale

    I musical sono pericolosi e Scrooge soccombe

    Quest’adattamento Netflix si presenta come un musical. Ciò significa che in ogni momento di climax narrativamente importante c’è l’inserzione di un brano musicale cantato.

    In questo musical, però, si possono individuare almeno due grosse problematiche relative all’aspetto musicale e vocale.

    La prima: i doppiatori, sia nell’originale, che nella traduzione italiana, sembrano completamente scollati dalla caratterizzazione fisica dei personaggi cui prestano la voce. Vedere Scrooge nel corpo di un cinquantenne cantare con la voce squillante di un uomo giovane crea un cortocircuito e rende spaesato del tutto lo spettatore che conosce A Christmas Carol.

    La seconda: la musica dei brani cantati, in questo film, è quanto di più lontano possa esserci dalla Londra di metà Ottocento. Si passa dal rock al pop senza premura alcuna. Non c’è nessun Leitmotiv che guidi l’ascolto attraverso la trama della storia. Ogni canzone è scollata dalle altre, non c’è nessun tema, nemmeno un intervento musicale di minore importanza che possa ricordare ciò che si è già ascoltato durante la visione del film. Ogni brano cantato è un unicum che non dialoga con il resto della partitura musicale.

    In definitiva, cosa dire di Scrooge – Canto di Natale?

    Un’occasione mancata, e dispiace dirlo. I classici della letteratura, che appunto perché sono “classici” non passano mai di moda, non meritano simili trattamenti e riduzioni cinematografiche. Con la motivazione di attirare un pubblico che non conosce A Christmas Carol si finisce con lo snaturarne l’intimo significato. Purtroppo, parafrasando un manzoniano detto, questo adattamento non s’aveva da fare.

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    Andrea Picchi
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    Redattore, copywriter & ghostwriter, social media manager. Specializzato in critica letteraria, editoria e scrittura. Coffee enthusiast & musician.

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