Se hai intenzione di scrivere un libro, uno dei primi dilemmi su cui dovresti interrogarti è il punto di vista da utilizzare per narrare la storia: scrivere in prima o terza persona? Certo, esiste anche la seconda persona, basti pensare a libri come Che tu sia per me il coltello di David Grossman; ma se nutri ancora dubbi a proposito, il consiglio è di cominciare con la prima o, tuttalpiù, la terza persona. La seconda persona, in generale, è abbastanza rara in letteratura, poiché narra le vicende di un protagonista ricordandolo in seconda persona, spesso al passato, e quindi utilizzando il tu.
Occorre concentrarsi sulle due opzioni più utilizzate: prima o terza persona?
Sono entrambe due possibilità plausibili e la ragione per cui si preferisce l’uno o l’altro punto di vista vanno cercate negli intenti che guidano la narrazione. Il punto di vista stabilisce attraverso gli occhi di quale personaggio il narratore vede, interpreta e valuta i fatti e gli altri personaggi. Per prima cosa, ciò che devi domandarti è quale sia l’effetto che vuoi dare al lettore.
Come scrivere un libro in prima persona
Quando si decide di scrivere una prosa in prima persona si ricorre di solito a una coincidenza tra il narratore e il protagonista della storia. Ciò significa che le vicende narrate saranno le stesse vissute in prima persona da uno dei personaggi del racconto – che conosce e racconta solo ciò che è direttamente collegato a lui, filtrandolo attraverso la propria esperienza. Nel romanzo in prima persona, in sostanza, tutto ciò che succede è percepito attraverso i cinque sensi del protagonista.
Un libro giallo, un noir, ma anche un memoir o un romanzo drammatico, sono tipologie narrative che ben si prestano alla tecnica della prima persona. Questo perché il lettore della storia si districa nella narrazione di pari passo con il protagonista e vive con lui le emozioni provate. La prima persona permette fin da subito di creare un legame immediato tra il lettore e il protagonista del libro.
La prima persona potrebbe essere una scelta più facile e non a caso, spesso gli scrittori alle prime armi la prediligono rispetto alla terza. È innegabile che la narrazione in prima persona porti un vantaggio fondamentale. Il racconto risulterà immediato, a patto che il personaggio a cui si affida la voce narrante sia psicologicamente rilevante e coerente a se stesso, e che le sue azioni siano coinvolgenti in modo sufficiente.
Ma attenzione! Nella scrittura in prima persona occorre sin da subito stabilire se l’Io Narrante – colui che racconta la storia – coincide con l’Io Narrato – ovvero il protagonista. Non sempre, anche scrivendo in prima persona, essi corrispondono. Per esempio, quando un narratore in prima persona racconta fatti della propria vita, magari a distanza di tempo da quando si sono verificati, conosce tutta la storia e la narra da un punto di vista privilegiato rispetto al lettore, perciò Io Narrato e Io Narrante coincideranno solo sul finire del racconto.
Come scrivere un libro in terza persona
Anche scrivere in terza persona, però, ha diversi vantaggi – probabilmente meno condivisi da chi si approccia alla scrittura di getto. In primis, essa permette al narratore di giocare con la scena e muovere i personaggi come meglio crede. Inoltre, dà al lettore la possibilità di conoscerli da angolazioni differenti, poiché non sempre il narratore ha un punto di vista fisso. Tuttavia, l’immedesimazione tra lettore e protagonista della storia viene meno e si costituisce una sorta di distacco, anche emotivo, dalla storia. Davanti a tale ostacolo, però, giunge in soccorso il narratore esterno (quindi in terza persona) onnisciente.
Il narratore onnisciente è colui che sa tutto e descrive la scena da un punto di vista oggettivo e palese. Egli offre anche dei giudizi sugli stessi personaggi, i loro sentimenti e pensieri. Il narratore onnisciente è tipico del romanzo realistico dell’Ottocento (Manzoni, Tolstoj, Balzac). Conosce ogni aspetto della storia e dei personaggi che abitano il libro; per questo, solitamente, colloca l’azione in un tempo passato. Può anche effettuare delle intrusioni nella storia, esprimendo una opinione personale, e persino rivolgendosi direttamente al lettore.
Esistono altri due tipi di narratori nella prosa in terza persona: la terza persona limitata soggettiva e la terza persona limitata oggettiva.
- La terza persona limitata soggettiva è affidata solitamente a un personaggio della storia che racconta la vicenda dal proprio punto di vista. La storia verrà narrata come in prima persona, descrivendo ciò che la vista del protagonista coglie. Non si conoscono i pensieri degli altri attori, né l’integrità della storia, ma solo quella porzione di storia che il personaggio attraversa;
- La terza persona limitata oggettiva è quella più utilizzata in ambito giornalistico, ampiamente diffusa nella letteratura naturalista e verista. Essa si limita a raccontare i fatti così come appaiono, senza essere filtrati dalla psicologia del personaggio-narratore o da quella dello scrittore. Rispetto al narratore onnisciente, la terza persona limitata oggettiva conosce (e narra!) solo ciò a cui assiste nel momento in cui racconta la storia.
Insomma, ciò che forse avrai già capito è che non esiste un modo migliore assoluto, per raccontare le storie. Puoi però concentrarti sul modo migliore per raccontare la tua storia. Chiediti che cosa vuoi scrivere, a chi ti rivolgi; soprattutto quale rapporto vuoi stabilire tra i personaggi e i lettori della tua storia anche secondo la finalità del tuo testo. Se hai ancora dubbi se scrivere un libro in prima o in terza persona, puoi sempre frequentare uno dei corsi di scrittura creativa su Other Souls o richiedere una consulenza con uno dei nostri esperti.