Il nome potrebbe trarre in inganno. Il profilo Instagram con questo nome non è, infatti, una sequenza di sfoghi. Al contrario, è un concentrato di poesia e dolcezza tenute insieme da un fil rouge di malinconia. “Cara M.”: si aprono così le lettere nel profilo Instagram di Scrittore Mancato, il quale preferisce non svelare la sua reale identità. “M” è colei alla quale vengono indirizzati riflessioni, confidenze, timori, sogni incompiuti e rimpianti.
Chissà dove vanno i momenti che non diventano amore: è uno dei pensieri inseriti nei video sul profilo, accompagnati dal suono di un carillon. Il web è spesso considerato il regno della comunicazione veloce, istantanea, fatta di post brevi e immagini. L’idea di Scrittore Mancato è quella di unire la scrittura romantica di un tempo – in particolare le lettere – agli strumenti messi a disposizione dai social. Un’immersione nella dolcezza, nei sentimenti puri, nelle attenzioni nei confronti dell’amata, nelle riflessioni sul significato profondo delle proprie sensazioni. È questo, in sintesi, ciò che si trova nel profilo Instagram curato da Scrittore Mancato.
Niente è più straziante della dolcezza inappagata, che si ritorce in sé stessa e muore, perché non può raggiungere chi ami.
Camminavo per strada l’altra sera e sull’asfalto il residuo argentato della pioggia, mi trasmetteva a ogni sguardo un freddo inesplicabile.
In quel momento pensavo a Te… e un’onda tumultuosa di tenerezza e di rammarico mi piombava addosso.
E se piove, avrà preso l’ombrello stavolta?
E se ha freddo? Se la metro è troppo piena?
Se uscendo qualcuno la urta?
E se non trova subito le chiavi di casa?
Come farà ad aprire il barattolo di marmellata light?
Scrittore Mancato e il progetto “Lettereaunastronza”
Come è nata l’idea di creare “Lettereaunastronza”? Chi o cosa ti ha ispirato questo progetto?
La realtà. Si trattava di una sorpresa di compleanno per la destinataria delle lettere. Poi la sorpresa l’ha fatta lei a me e così è diventato semplicemente uno spazio in cui parlare con qualcuno che non c’è più.
Scrittore Mancato, nelle lettere che scrivi ci sono tanta malinconia e nostalgia. Sembra quasi che il presente sia immune dalla sofferenza, e che questa si manifesti essenzialmente sottoforma di ricordo bruciante di chi non c’è più. Credi nell’idealizzazione del passato?
No, credo che il dolore vada vissuto e non evitato. Esperienze di grandissimo dolore nella mia vita mi hanno insegnato che non bisogna dare un giudizio morale alla sofferenza, il dolore non è buono o cattivo, semplicemente esiste. Credo che faccia più danni evitare il dolore che viverlo. Chi lo vive, sa cosa significa soffrire e cerca di non infliggerlo agli altri. Chi evita di soffrire, spesso non si rende neanche conto del male che fa. Questo non significa cercare la sofferenza, ma accettarla come una parte inevitabile della vita, perché se di una cosa possiamo essere certi è che prima o poi capiterà una tragedia, solo non sappiamo quando. Chi ha scelto di accettare una sofferenza, lasciandosi attraversare piuttosto che combatterla come una cosa negativa, assume un’altra consapevolezza della vita e delle persone, forse più amara e disillusa non lo nego, ma anche meno letale nei confronti del prossimo e in definitiva più calma, più meditativa.
La sensibilità dell’arte della scrittura nella percezione del dolore
Il male di vivere: affronti in diverse lettere questo tema, come qualcosa da tenere stretto, quasi che fosse – nonostante il dolore che provoca – una presenza da custodire. Molti scrittori hanno attinto dalla propria sensibilità e dalle ombre dell’animo, ad esempio Charles Baudelaire con l’opera legata allo Spleen. Senti delle affinità con essi?
Io ho sempre odiato Baudelaire a dire il vero… mi trovo più affine a personalità inarrivabili come Pessoa, laddove per “affine” non intendo paragonarmi a un genio sacro come Pessoa, ma semplicemente a una grande fascinazione. Ho trascorso decenni a combattere il male di vivere e solo di recente mi sono accorto di amarlo e di doverlo ringraziare, perché ha sempre cercato di proteggermi e di darmi uno sguardo inedito sul mondo. So che può sembrare agghiacciante, ma più che un’ispirazione, per me è proprio una difesa.
Ho capito che le persone e la vita sono in grado di farmi più male della depressione, che mi dà quel freno necessario a non sfracellarmi nelle emozioni. Quindi nel mio caso mi sento di parlare di una “Poetica della desistenza” o “della desolazione”, del tutto spontanee. Non so se avrei potuto vederla diversamente se avessi avuto una vita più facile, meno dolorosa, ma è andata così, piuttosto che forzare in una direzione impossibile, vivo a modo mio, forgiato nella maniera in cui l’esperienza e la mia sensibilità mi hanno voluto. Mi sono arreso a me stesso, perché ho capito che dalla fragilità non si guarisce e nessuno sa rapportarsi adeguatamente. Quindi mi devo preservare.
Una lettera al sapore della sconfitta
Che importanza ha oggi scrivere una lettera? In un momento storico in cui la comunicazione è incentrata sull’immediatezza e dove l’interesse del proprio interlocutore è direttamente proporzionale alla velocità di risposta dopo la doppia spunta di un messaggio su WhatsApp, che valore ha oggi un mezzo di comunicazione che prescinde dall’esistenza di un ricevente?
Probabilmente nessuna. E forse è proprio qui che sta la sua forza. Una lettera ha già il sapore di una sconfitta, non ha aspettative. Perché ormai è fuori tempo e fuori da tutto. Una lettera non combatte eppure è forte, intima, inaspettata. Forse una lettera è un reduce.
Introspezione e riequilibri
Negli ultimi tempi, anche a causa della dilatazione del tempo da passare in solitudine dovuto alla pandemia, stiamo assistendo a un tentativo – su più fronti – di riequilibrare il modo di vivere le relazioni, restituendogli il giusto spazio temporale. Ciò si espande anche nella ricerca di un nuovo contatto con la natura e con sentimenti di introspezione. Penso, ad esempio, a blog come Elogio della lentezza, o ai tantissimi corsi disponibili online (anche su Netflix) che hanno lo scopo di ristabilire una nuova consapevolezza di se stessi e di far capire l’importanza della meditazione.
Ti aspettavi che il tuo profilo diventasse così seguito? A cosa pensi sia dovuto il successo della tua idea?
Non credo sia poi così tanto seguito, ho visto gente fare di più e meglio. Ho dei lettori affezionati, quello sì. Naturalmente non mi aspettavo neanche quelli… Mi sono chiesto a lungo perché la gente mi leggesse, mi scrivesse con tanto affetto, raccontandomi addirittura le loro vite e mi sono risposto che forse è il senso del ridicolo.
Le mie lettere, così malinconiche e spalancate nei sentimenti, esorcizzano un po’ la vergogna nel provare emozioni. La cosa che mi sento dire più spesso è che chi legge rivede se stesso nella sua parte più fragile. Questo mi ha spinto a non smettere. Di recente una lettrice mi ha detto “leggerti è scoprire di non essere soli. Ed è proprio ciò di cui molti di noi hanno bisogno”. Se fosse vero, sarebbe molto bello perché quando nella vita mi sono sentito solo non ho mai trovato conforto. Quindi sapere che in qualcuna delle mie parole uno sconosciuto trova pace o comprensione, anche per poco, mi fa pensare che tutto questo soffrire non sia stato inutile.
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In questa rubrica presentiamo nuovi talenti: scrittori emergenti e blogger che si affacciano nella nuova contemporanea scena editoriale. Tra nuovi strumenti e una passione senza tempo, ogni scrittore ci racconta il suo mondo e ci coinvolge nelle sue storie. Se siete curiosi di scoprire nuovi autori, potete leggere sul nostro Magazine sempre nuove interviste.