Gli sceneggiatori italiani, a volte, sono anche registi e attori. L’universo del cinema è molto variegato e i ruoli si possono confondere. Tra i più noti e apprezzati, qui vorremmo citare Paolo Virzì e Daniele Luchetti.
Gli sceneggiatori italiani: autori della struttura vitale di un’opera cinematografica, descrivono scene, dialoghi, ambientazioni ed effetti speciali. Dei più quotati degli ultimi decenni, ricordiamo due opere, le quali hanno ottenuto importanti riconoscimenti.
La pazza gioia, sceneggiatura di Paolo Virzì e Francesca Archibugi
Paolo Virzì, regista e sceneggiatore, ha ricevuto il premio, assegnato annualmente dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici italiani, per il suo La pazza gioia, una commedia dolce amara sul mondo della malattia mentale, sulle solitudini di chi non riesce, in alcun modo, a integrarsi in una società che ci vuole vincenti a tutti i costi. Difficile soffermarsi soltanto su uno degli aspetti di un’opera cinematografica: proviamo però a fare mente locale sulle scene che caratterizzano il film con protagonista Micaela Ramazzotti.
Villa Biondi e i locali della movida: un contesto descritto con accuratezza
Scritta in collaborazione con Francesca Archibugi, la storia è ambientata a Villa Biondi, una comunità che accoglie donne con disturbi mentali. L’immensa struttura è situata al centro di un parco, un’oasi verde a poca distanza da Pistoia. Due delle ospiti scappano e decidono di recuperare, in poche ore, sogni e tempo perso. Passano dalla casa di cura alle affollate discoteche della movida balneare, e i due contesti si fondono. Una sceneggiatura accurata e realistica, una scelta meticolosa di dialoghi, inquadrature, panoramiche, una sapiente attenzione ai dettagli. Tutto ciò che è funzionale all’ottenimento di una sceneggiatura che fa sì che l’opera non solo venga apprezzata durante la visione, ma resti impressa nella mente dello spettatore.
Mio fratello è figlio unico, una sceneggiatura redatta a sei mani
Daniele Luchetti, regista teatrale oltre che cinematografico, scrive la sceneggiatura del film, vincitore nel 2008 del Nastro d’argento, insieme a Stefano Rulli e a Sandro Petraglia. Un film datato 2007 ben scritto e ben recitato, che racconta l’educazione sentimentale – e politica – di Accio, dall’infanzia nei primi anni ’60 alla giovinezza post ’68, tratto dal romanzo Il fasciocomunista di Angelo Pennacchi. Daniele Lucchetti riesce a esprimere, oltre a uno spaccato della storia italiana, in bilico tra rivoluzioni e bigottismi, anche la personalità dei protagonisti, due fratelli interpretati da Riccardo Scamarcio ed Elio Germano.
La maestria nell’utilizzo dei dettagli in Mio fratello è figlio unico
Anche qui, a fare la differenza sono i dettagli di sguardi, i silenzi, le emozioni che riescono a emanare in maniera prepotente. L’incertezza e i dubbi insiti negli animi dei due ragazzi sono resi con grande maestria.
È importante considerare che le interpretazioni, seppur magistrali, degli sceneggiatori italiani che abbiamo preso ad esempio, hanno alle spalle un lavoro certosino. Ricordiamo che la sceneggiatura comprende tutto ciò che sta dietro le riprese, e che ogni particolare è studiato con attenzione. È il dietro le quinte di un testo, si percepisce ma si fonde con la bravura degli attori, con la visione d’insieme dell’opera.