Il male irrompe nella vita delle persone ma non è l’orco delle fiabe, bensì un essere umano in carne e ossa che agisce indisturbato creando trame letali. In Rose di Capodanno (Vallecchi Firenze) Caterina Falconi intesse una trama dai potenti risvolti psicologici, avvalendosi di un linguaggio forbito e accurato. Ecco la recensione.
La trama di Rose di Capodanno
Centogatti è una frazione di Teramo, un paesino che reca ancora le ferite del terremoto del 2009. Mentre tutti si preparano a festeggiare l’ultima notte dell’anno, accade un evento inatteso: un omicidio commesso all’interno della Casa del Sorriso, un istituto di riabilitazione, in particolare psichiatrico, fondato dalle Suore Gertrudine.
La vittima è un’operatrice sanitaria, Claudia Paladini, donna dalle umili origini segnata dalla morte per leucemia del figlio, avvenuta alcuni anni prima. L’ispettore Vera Ferri viene chiamata a condurre le indagini. Le circostanze scabrose del ritrovamento del cadavere le fanno percorrere una pista che incrocerà diverse situazioni e personaggi. Dal magistrato Manuela Travaglini, con cui ha già instaurato un’inedita complicità femminile, alle suore che saranno coinvolte nelle indagini, arrivando allo psichiatra forense Massimo Dejana e al commissario Mariano Farandola. Quest’ultimo resta in apparenza ai margini, ma avrà un ruolo importante nella vicenda.
Le indagini e lo scavo psicologico
Rose di Capodanno ha una trama solida e lineare che viene movimentata dallo scavo nella psicologia dei personaggi. Le indagini avanzano in rapporto alle evoluzioni degli stessi, al confronto con i demoni interiori, alle cicatrici del passato che dolgono ancora. Le storie individuali prendono il sopravvento, dettando il ritmo alla storia che si dipana su una linea cronologica scandita con precisione.
La penna dell’autrice non edulcora, anzi, affonda nelle piaghe, portando alla luce le fratture, le contraddizioni e i travagli individuali. Il romanzo è attraversato da tensioni oscure, da una sensualità borderline, da giochi di potere che si nascondono dietro le facili apparenze.
I movimenti si associano a quelli tellurici, dunque al terremoto che, a distanza di anni, ha lasciato le sue tracce. La polvere è un elemento che ricorre, nelle atmosfere, sui mobili, come qualcosa che copre altro, insieme alla luce affievolita dell’inverno abruzzese. C’è una forte analogia con gli elementi ambientali, la forza delle radici che emerge, inevitabilmente.
L’amore e il narcisismo in Rose di Capodanno
Negli ultimi anni il tema del narcisismo è esploso in maniera esponenziale. Sui social se ne parla in maniera diffusa, soprattutto in riferimento alle relazioni sentimentali. In particolare si mette in evidenza il carattere manipolatorio del narcisista.
Questa figura attraversa la vita di una persona cercando di marcarne il territorio al punto da trasformarla in una gabbia. Nel romanzo di Caterina Falconi il narcisismo diventa un tema cruciale, ponendosi come antitesi all’amore, il sentimento che, in questo caso, non sembra muovere il mondo.
L’amore sembra ormai rispecchiare la società odierna, sempre di corsa, in cerca di rapide soddisfazioni da parte di ego frammentati e solitari o di figure femminili fragili, come appunto è Claudia Paladini (e non solo lei). Non è un caso se Cristopher Larsch l’ha battezzata “società del narcisismo”. E in un attimo si sfocia nel patologico.
Lo stile di Caterina Falconi: forbito, profondo, d’atmosfera
Caterina Falconi non si limita a tracciare i contorni degli eventi. La sua penna affonda e s’immerge nel torbido della materia umana. Restituisce le descrizioni dell’Abruzzo che sembra diventare un personaggio tra i personaggi.
La prosaicità del quotidiano incontra la letteratura e la poesia, influenzando una trama linguisticamente densa e precisa. I termini forbiti si alternano a quelli volgari o popolari, in accostamenti che sono il frutto di scelte ponderate.
Il risultato? Una scrittura piena, personale, a tratti arzigogolata ma mai votata alla ricerca dell’effetto fine a se stesso. In questa scrittura c’è la personalità dell’autrice, la volontà di scrivere un romanzo che va oltre il genere, pur rispettandone i canoni. E nella metanarrativa si esprime la volontà di far diventare l’atto del narrare protagonista alla pari, voce dell’autrice che lascia un segno. Perché Rose di Capodanno è un romanzo che lascia il segno.
Roberta De Tomi