È pubblicato da SEM (Società Editrice Milanese) questo romanzo in parte surreale, con una storia che chiamarla bislacca è un eufemismo, e in parte realistico, con personaggi ricchi di umana miseria e di umana nobiltà. Roberto Venturini mescola idee, registri e ambientazioni, e sa mescolarli bene.
Improbabili soggetti a Torvaianica
Neanche troppo improbabili, a dire il vero, perché ogni comunità ha i suoi elementi strani: quelli che fanno colore, o che fanno compassione. A volte, entrambe le cose. Non è un caso che proprio gli outcast (un pescatore anziano che attende di morire per riunirsi al figlio, un travestito che si fa chiamare “Er Donna”) siano poi solidali fra di loro e si mettano in gioco per mantenere la promessa fatta da un amico alla madre, vittima di allucinazioni e del suo dolore di vedova. Quale promessa? Riesumare dal cimitero monumentale del Verano il corpo di Raimondo Vianello per condurlo a Milano e riunirlo al corpo della moglie, Sandra Mondaini. Anche solo il fatto che un’idea tanto pazzesca abbia trovato la sua strada dall’immaginazione di Roberto Venturini alle pagine di un romanzo, merita attenzione.
Erano soltanto cose, ma era tutto quello che le rimaneva della vita prima dell’abbandono. Se Mario se ne fosse andato per scelta, tanta roba se la sarebbe portata via, come succede quando due si lasciano, si allontanano. Ma ora quella materia esisteva, aveva un odore, una consistenza che Alfreda tastava, annusava, attribuendole significati che probabilmente non aveva: erano le metastasi della sua infelicità.
Roberto Venturini, “L’anno che a Roma fu due volte Natale”, p. 51
Le generazioni di Roberto Venturini
Venturini è figlio degli anni Ottanta e nelle pagine del romanzo lo dichiara senza sosta citando riviste, pubblicità, personaggi famosi, trasmissioni televisive. Però lancia appigli anche ai decenni precedenti: quelli in cui una generazione di personaggi di successo avevano dato lustro a una zona di mare un po’ sperduta, senza grandi attrattive, e avevano lasciato che essa giovasse della loro luce riflessa. Per poi tornare, una volta svanita la “dolce vita”, all’anonimato di prima.
Tra il romanesco e il gergo medico
Il romanzo scorre veloce tra i flashback di un cosmo umano dolente, l’assurda missione Vianello-Mondaini e un curioso funambolismo linguistico. Roberto Venturini trova il modo di passare in modo fluido dalla parlata romanesca dei personaggi, a descrizioni che sembrano nate dall’interiorità dei personaggi stessi, a un registro quasi medico-scientifico che causa un effetto straniante e strappa il sorriso: “Quell’immagine gli attorcigliò lo stomaco, che ruotò sull’asse longitudinale, dal cardias al piloro” (ibid., p. 100). Il bizzarro insieme diverte e trascina fino all’ultima pagina.
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