L’hard-rock degli AC/DC incontra la narrativa: Rintocchi dal buio (Scatole Parlanti) raccoglie dieci racconti ispirati alle tracks di Back in Black. Gli autori non sono casuali autostoppisti in cerca di un passaggio sulla strada per l’inferno, ma abili direttori di un’orchestra fatta di parole e inchiostro.
Penne che incidono ma con un cuore d’oro: le royalties ricavate dalle vendite saranno infatti devolute all’Associazione “Sorriso in Viaggio” che sostiene progetti solidali, in particolare a supporto dei più piccoli. E si va in scena per scoprire che cosa riserva l’incontro tra musica e scrittura.
Come nasce il progetto
Rintocchi dal buio è un progetto salutato con favore già nella prefazione curata da Massimo Cotto di Virgin Radio (a proposito, sai che ci sono programmi radio che parlano di libri? Eccoli), che ne ha messo in evidenza la particolarità e lo spirito.
Non si tratta però “della prima volta” per i curatori, Jacopo Montrosi e William Bavone, a loro volta autori con all’attivo alcune pubblicazioni. Esiste, infatti, un precedente, spiegato da loro.
Jacopo racconta: «Questo progetto nasce come seguito a Istinti distruttivi (Augh!), la prima raccolta antologica che ha visto me e William coinvolti sulla scia di Appetite for Destruction dei Guns N’ Roses. Tutto è nato quando William ha letto il mio romanzo d’esordio, Le memorie dell’ombra (Bertoni Edizioni). Gli era piaciuto al punto che aveva tenuto a farmelo sapere e, cominciando a parlare, messaggio dopo messaggio, ci è venuto in mente di scrivere qualcosa insieme. Da lì, l’idea di realizzare una raccolta antologica. Ci eravamo ripromessi di farne almeno due: una con un album preferito da me e un altro ispirato a un album di sua preferenza».
La musica è il filo rosso che lega le loro scelte.
Tornare a scrivere di musica, dopo Istinti – continua Jacopo – è stato bello. Ritengo che la musica e la scrittura siano i due mezzi più potenti per veicolare le emozioni. La musica accentua a diecimila le emozioni, stessa cosa per la scrittura, con cui si cerca di imprigionare le emozioni tra le righe. Scrivere di musica è quindi moltiplicare le emozioni a livello esponenziale.
Emozione ma anche unione.
Jacopo sottolinea: «C’è poi il fattore della collaborazione con gli autori: ognuno ha portato nell’antologia il proprio percorso, e quello che ne esce è un compendio di stili che spacca. Ultimamente ho riletto il libro un paio di volte: è bello leggere questi stili, si uniscono in un accordo coeso, e quando l’accordo c’è, è vincente. Quando ci siamo trovati a dare il ‘Visto si stampi’ eravamo soddisfatti, un po’ perché gli autori sono voci che si stanno facendo largo nell’underground (e non solo), un po’ perché ci siamo accorti che il livello dei racconti era molto alto».
Sulla scelta della band, il plauso è totale.
Mi ha fatto piacere che la scelta di William sia ricaduta sugli AC/DC, perché li riconosci subito… senti il riff o tre note cantate e sai che sono loro. Quello che li contraddistingue è il groove non arzigogolato; il loro è rock puro e questo groove spinge in ogni racconto, che sia fantascienza o che sia giallo, non importa, lo sentiamo. Quindi la scelta di questo album è stata azzeccattissima.
A questo groove fa riferimento anche William Bavone: «Per quanto riguarda Rintocchi dal Buio e qualsiasi antologia, in generale – racconta William – posso dire che il bello è creare rete, conoscere nuovi autori e avere la possibilità di confrontarsi. Sono elementi indispensabili per una crescita personale. Poi in questo caso è stato un po’ come “pareggiare i conti” visto che con Istinti Distruttivi avevamo assecondato il gusto musicale di Jacopo. Con Rintocchi c’è una virata verso il sound rock più vicino a me».
Che ruolo ha la musica legata alla scrittura?
Wlliam lo spiega così: «La musica in questa antologia è un tema, il file rouge, un pretesto per dare una parvenza di amalgama dell’insieme. In realtà poi ognuno va dove lo portano personaggi e storia. È sempre così. Però, dal mio punto di vista, unire la narrativa alla musica è importante non solo dal punto di vista prettamente narrativo ma anche tecnico. Trovo che la scelta di brani musicali possa aiutare l’autore a dare tridimensionalità ai propri personaggi o ai contesti in cui questi si muovono. Come diciamo noi del ‘mestiere’? I sensi vanno utilizzati tutti e allora: perché non utilizzare al massimo la musica è ciò che offre?».
Importante la connessione al precedente lavoro.
«Rintocchi o Istinti» conclude «sposano il rock come concept di antologia ma la connessione è semplice: il thriller si muove su ritmi veloci e adrenalinico e il rock è questo».
E le promesse sono mantenute a tempo di rock, con emozioni amplificate a mille. Anzi, a diecimila!
I primi cinque racconti
L’effetto è quello di un accordo che irrompe violento nel campo della lettura: L’inferno di Bell di Jacopo Montrosi entra su una scena distopica desolante, una società che abbatte ogni gerontocrazia, creando una situazione di squilibrio e isolamento, nel quadro di morti somministrate con la rapidità del volo di un drone. Un’umanità digitale che sembra non avere più anima, in un quadro dotato di una propria originalità, perfettamente in linea con il brano che richiama, ovvero Hells Bells.
Dormi, dormi di Fabio Mundandori è un racconto ricco di contaminazioni e citazionismi, basato su una sorta di gioco della parti, in cui il passato e il presente s’intrecciano in continui rimandi che riportano a trame precedenti, destinate a esplodere con l’indagine del Commissario Sammarchi. Shoot to Thrill è il brano ispiratore, ma il richiamo è anche ad altri pezzi e ad autori tra musica e letteratura, arrivando a Vasco Rossi e Ligabue, quel rock italiano meno cupo ma intriso da momenti lirici significativi.
Il passato è un denominatore potente ne I miei tesori di Diego Di Dio, con un’azione interrotta dall’irrompere del presente, in cui si trova una chiave di volta a far luce sul lato oscuro dell’essere umano. Un confronto tra i piani temporali fa presagire che qualcosa di pesante ha turbato la vita di Jessica, che porta in sé una sorta ossessione, una frase che suona come un riff che graffia fino a lacerare le apparenze. La penna scava abilmente nelle motivazioni profonde, senza dare facili consolazioni. Del resto, What Do You Do for Money Honey.
Ancora la morte s’intreccia a moventi apparentemente insondabili ne Le colpe di Terranera di Massimo Tivoli. Rovistando il fondo di torbide verità, in un quadro di provincia, possono emergere dettagli inquietanti, tra foto, eventi che si trasformano in tragedie, segreti e diatribe famigliari e sentimentali. Qui la lingua si colora di dialetti e cadenze, riportate con precisione nei dialoghi vivaci, mentre ci immergiamo in Given the Dog a Bone; forse le allusioni non sono così scontate e innocenti.
Ci sono riferimenti Nerd, in Bozzo, Mummia e il pornazzo maledetto di Luca di Gialleonardo: da un pc da aggiustare a un’indagine poco convenzionale il passo è breve, soprattutto se i protagonisti rischiano di cacciarsi nei guai. Ma il gioco vale la candela, soprattutto quando la materia scotta. Qui non abbiamo commissari ma due protagonisti che, malgrado la situazione atroce in cui sono coinvolti, riescono a suscitare la simpatia del lettore. E si ascolta Let Me Put My Love Into You.
Gli altri cinque racconti
C’è una forte componente introspettiva in Qanik di William Bavone, e l’impressione che il protagonista debba redimersi. C’è anche qualcosa che sembra non tornare al lettore, un arrovellarsi su pensieri che riportano alle accuse pesanti di un amore che si trasforma nel suo opposto. Un altro lato oscuro, l’anima nera che cita il mostro quando sembra che lo specchio lo rifletta. Con Back in black è il lento scivolare su un tappeto in bilico tra essere e apparire, tra cuori malati e forse infranti.
Con Una finestra sul browser, Beppe Roncari e Flavia Imperi si spostano dall’Italia per un racconto “Big in Japan” (non Made ma Big!); nessun riferimento agli Alphaville, gli AC/DC restano come ispirazione ma anche come band di Hiro, un hikikomori genio del pc che sarà costretto a fare una scelta importante, mentre per Yuka la morte sembra arrivare a passo di rock. You Shook Me All Night Long è incarnata perfettamente in questo racconto.
El fantasma di Andrea Franco è il ritorno nella Roma dei locali proibiti, in un connubio di sesso e violenza che strizza l’occhio a certi B Movie anni Settanta. Il nero della musica s’incontra con quello della narrativa, di certo non è poesia romantica che dà il la a una trama dove i buoni e i cattivi sono polarizzazioni relative, intrisi di drink e altri umori. Have a drink on me la calza bene.
La notte sbagliata di Filippo Semplici è il ritorno di un passato atroce, celato dalla bambagia di un rapporto che sembra evocare le confessioni di un nonno a un nipote curioso. Non sempre il testimone passato tra le generazioni è all’insegna di armonici sorrisi. O forse sì: il colpo di scena è assicurato e non scontato. Shake a Leg sembra non avere reali attinenze, in realtà c’è qualcosa che scuote il lettore e lo fa in maniera brusca.
Chiude la raccolta Ain’t gonna die di Orianna Ramunno, un omicidio all’ombra di un muro, nel quadro di una società del futuro che ci riporta al nostro presente ma soprattutto alla Storia, tra segregazioni e umanità discriminate. Come per una sorta di circolarità, torniamo alla fantascienza con cui abbiamo aperto, meglio, alla distopia, con un’indagine che diventa una ricerca da parte di Eva, la protagonista (nome non casuale)? Un racconto tra Berlino e Bologna. Rock and Roll Ain’t Noise Pollution: nessun inquinamento acustico, solo la volontà di vivere oltre ogni cosa, oltre l’inferno. E i rintocchi non fanno paura: il rock nero diventa un inno alla vita.
Rintocchi dal buio: quando il rock narra
Una considerazione generale: Rintocchi dal buio merita di essere letto. Ogni autore ha saputo cogliere dalla musica il meglio per svilupparlo in una storia le cui dinamiche sono chiare, senza sbavature; ogni racconto fa emergere il lato oscuro dell’essere umano, senza mistificazioni. Non ci sono replicanti, né cliché che annegano nell’ovvio: in ogni contributo si avverte uno stile frutto di un percorso preciso, una visione chiara, ma soprattutto la capacità di narrare con precisione e semplicità, arrivando al lettore anche quando le storie si complicano. Un’opera rock, nell’anima e nelle penne.
Roberta De Tomi
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