Le Red Room si trovano nelle profondità di internet, in quell’oscura jungla senza leggi chiamata darknet, al riparo di sistemi di sicurezza inviolabili e autorità conniventi. Sono stanze segrete, teatro di spettacoli in cui si consumano torture sempre più creative su esseri umani sterminati per il diletto del pubblico che paga, rigorosamente in cripto valute.

La competizione è serrata, i follower sono volubili e le case di produzione clandestine sono alla continua ricerca di nuovi content creators dall’inventiva malata per supplizi sempre nuovi da infliggere alle loro vittime.
Ed Piskor, autore di Red Room – The antisocial network, è un fumettista completo, un autore poliedrico e colto con una conoscenza profonda del proprio medium d’elezione, quel genere di padronanza di linguaggio che gli permette di lavorare su un soggetto rischioso, facile da scambiare per un’operazione nostalgica compiaciuta e fuori tempo, rendendolo un tributo pieno di rispetto alla storia di un genere fumettistico, l’horror, in alcune delle sue evoluzioni più controverse e presenti nella memoria dei lettori.
Red Room, il fumetto
Protetto da una sovraccoperta avvolgente sfilare per legge il contenuto del libro, aumentando così il senso di proibito e di “spinto”, Red Room – The antisocial network si presenta come un ricco cartonato che contiene i quattro episodi autoconclusivi ma collegati che costituiscono la miniserie e delineano il mondo in cui è ambientata insieme a un corposo apparato redazionale completo di studi dei personaggi, storyboard e pagine commentate della sceneggiatura.
Senza dubbio un oggetto rivolto agli appassionati, sia per quanto riguarda la veste editoriale, sia per quanto riguarda il fumetto in sé.
Nell’opera di Piskor i riferimenti sono numerosi, difficili da elencare nella loro interezza, ma i più interessanti saltano all’occhio in maniera forte e riconoscibile pur senza scadere nel plagio.
Il più evidente è il richiamo all’horror antologico stile Zio Tibia o i Racconti della Cripta reso evidente dalla comparsa di un narratore, detto il Custode delle cripto valute, che omaggia i macabri anfitrioni che hanno reso grande il genere commentando i passaggi salienti dell’ultimo episodio del fumetto fino al tradizionale plot twist basato su uno scherzo del destino che si fa beffe dei protagonisti.
Ma in Red Room – The antisocial network la ricerca non si ferma qui.
C’è tutto il gusto per lo splatterpunk eccessivo e senza freni di Faust, il classico del fumetto underground americano creato da David Quinn e Timm Vigil di recente ripubblicato in tre volumi da Editoriale Cosmo. Questo, ripreso da un Ed Piskor il cui talento anni luce avanti a quello di Quinn e Vigil riesce a mettere in atto un’abile mimesi che riprende i due autori fingendo un segno grafico e una scrittura più grezzi e meno complessi di quanto risultino a una lettura più attenta.

Come se l’autore non integrasse nel suo denso impasto di testo e disegni lo storytelling nervoso e graffiante di Eastman e Laird degli esordi, i creatori di quelle Tartarughe Ninja così lontane dalla commercializzazione che le ha rese un prodotto per bambini, o la pienezza anarchica e strabordante delle tavole dell’immortale Robert Crumb, il maestro indiscusso dell’underground americano.
Ma Ed Piskor sa di rivolgersi a un pubblico colto, in grado di cogliere le sue citazioni integrate in una ricerca estetica conscia della propria dimensione storica, ma non per questo priva di un’identità forte. Il risultato è infatti lontano dal pastiche nostalgico visto e rivisto fino alla nausea.
Red Room – The antisocial network è un’opera colta e brillante.
Il linguaggio pop è un mezzo per veicolare una visione del mondo lucida e disincantata, caratterizzata da una consapevolezza chiara e mai compiaciuta di come le nuove tecnologie plasmino le persone ma di come, al tempo stesso, ci riescano proprio perché contengono in se stesse la possibilità di soddisfare alcuni degli istinti più radicati nel lato antisociale della psiche umana che, nell’impunità percepita di una fittizia identità on line, scioglie le briglie al proprio lato più antisociale.
In tal senso si può dire che Ed Piskor parli a tutti gli esseri umani, a quella voce che può venir messa in condizione di non nuocere, ma la cui esistenza non può esser negata.