Racconti di Natale: nell’immaginario umano, il mondo magico è affollato di creature, antropomorfe e non, dalle mille caratteristiche incantate generate dalla fantasia umana.
In verità esistono diverse razze magiche di cui nessuno ha mai parlato, perché paradossalmente fin troppo reali e poco fantastiche. I Winged, ad esempio, sono ignoti ai più, e questa storia del nostro spazio dedicato ai Racconti di Natale, in cui sono protagonisti, si discosta poco da una semplice favola, tranne per il fatto di essere realmente accaduta sul principio dello scorso secolo e per essere nota solo a pochissimi, tutti discendenti dai miei bisnonni Neal ed Erin Murray.
Naggy Winged e il poncho di Natale

Naggy Winged e il poncho di Natale
L’inverno aveva imbiancato l’isola di smeraldo. L’albero cavo di Naggy distava parecchio dal luogo che aveva visitato e rientrando la bestiola magica aveva viaggiato tutto il pomeriggio col vento di traverso. La Winged ripiegò con cura le sue ali e lisciò la pelliccia corta, candida e arruffata. Avrebbe potuto viaggiare con la magia, ma Naggy preferiva spesso seguire il corso naturale delle cose, anziché deformare le leggi della materia con i suoi poteri. Avrebbe rischiato di attirare l’attenzione di altre creature fantastiche, che preferiva continuassero a ignorarla.
Chi è la creatura alata dell’isola di smeraldo?
Si strofinò stanca il musetto volpigno, con le zampette anteriori dotate di minuscoli palmi, dalle dita sottili e lunghissime, rapportate alle proporzioni di una mano umana. Anche le zampe posteriori avevano l’equivalente di un piede, assai affusolato e lungo, da topo.In effetti la creatura ricordava alla lontana un topo con le ali, o meglio uno scoiattolo volante, ma non aveva la coda e le sue ali membranose erano tese tra le braccia e il corpo, aderenti fino ai polsi. Le zampe posteriori erano estese fin circa al ginocchio e nonostante la superficie alare ridotta riusciva non solo a planare, ma proprio a volare. Negli ultimi giorni la stagione si era ulteriormente irrigidita e le ore di luce si erano ridotte al minimo mentre le notti s’erano fatte sempre più lunghe e gelide.
Il nemico del nostro mondo
Nonostante il pelo folto, Naggy avrebbe gradito poter indossare un abito, similmente a quanto facevano gli umani per difendersi dal freddo. Ma i Winged non indulgevano in simili futilità. Più che superfluo, anzi, essi giudicavano immorale il vestirsi degli umani, che per farlo ricorrevano spesso a metodi spietati nei confronti di altri esseri viventi. Letteralmente, gli uomini strappavano la pelle o recidevano fusti, uccidendo piante gentili, per ottenere le fibre tessili per i loro vestiti. Gli Winged, che vivevano nutrendosi prevalentemente di nettare di fiori cui rendevano un prezioso servizio di impollinazione, aborrivano gli esseri umani! Naggy sospirò. In fondo non era loro la colpa, pensava lei, se avevano una pelle nuda, così delicata ed esposta a ogni insulto del tempo e ai pericoli degli altri animali. E neppure erano in fondo colpevoli che il loro grande corpo esigesse tanto cibo per essere mantenuto, e che quindi non potessero limitarsi a ciò che le piante offrivano spontaneamente come ricompensa per l’impollinazione o la dispersione di semi.
La festa sacra
Ma la presunzione di quelle creature prive di qualsiasi potere magico, che ciò nonostante pretendevano di collocarsi al vertice della vita del pianeta, le rendeva invise. Non vi era entità magica che li amasse. La stessa Naggy, ora molto più tollerante, quando era ancora cucciola interrogava petulante il vecchio Shaun, circa gli umani e le loro usanze. In particolare, ricordava di aver chiesto insistentemente spiegazioni circa una loro festa sacra, il Natale: cosa mai festeggiavano in un periodo dell’anno così freddo e buio? La spiegazione del vecchio saggio l’aveva sconvolta! Davvero si tramandavano una leggenda così assurda? Davvero credevano che Colui che aveva creato l’intero universo avesse scelto di apparire nel mondo utilizzando le fattezze di un umano, per insegnar loro a vivere in armonia con le Sue leggi?

La leggenda assurda per gli animali fantastici
«Non posso credere a tanta presunzione! Il Principio avrebbe scelto di occuparsi a tal punto di loro? Ma è ridicolo!»ricordava d’aver reclamato scandalizzata Naggy.
L’anziano capobranco aveva avuto un’espressione incerta: «Veramente… sarebbe anche coerente. Loro sostengono che Lui abbia scelto di condividere la più umile delle condizioni sul pianeta. Puoi immaginare una forma animale più umile emisera della loro, priva di qualunque talento magico?» Naggy si era imbronciata: «Sono una razza misera, sì, ma anche indegna. Sono egoisti, violenti e talmente idioti da distruggersi da sé. Anche se il Principio avesse voluto avvicinarsi a una razza umile, comunque non avrebbe scelto quella, così disprezzabile nella sua prepotenza.»
«Credi di poter giudicare il comportamento del Principio?» le aveva risposto Shaun.
«Non voglio dir questo… solo che…»
«Solo che non credi quel che non puoi capire» le aveva rinfacciato l’anziano.
«Ma quindi sarebbe vero? Con tutte le razze magiche che vivono sulla terra il Principio avrebbe prediletto gli umani,diventando per un breve tempo uno di loro?» era insorta Naggy.
«Tu stessa ti dai una possibile spiegazione: noi abbiamo infinitamente più degli uomini! Possiamo deformare le leggi naturali che loro subiscono in modo ineluttabile e forse allora è giusto che siano stati soccorsi i più deboli» era stata l’ipotesi dell’autorevole adulto.
«In primo luogo anche noi subiamo alcune leggi senza scampo; anche noi moriamo, per esempio» aveva replicato però sdegnata la Winged: «E poi, non mi pare si siano ravveduti e abbiano accolto l’invito alla pace e all’amore.»
«Forse che noi creature magiche siamo così pacifiche e amorevoli, le une con le altre?» aveva scosso la testa l’interlocutore.
«Non arriviamo a dichiararci guerra trucidandoci a vicenda, almeno!» Naggy, lo ricordava ancora benissimo, era stata decisamente avversa agli umani, da cucciola! «Noi abbiamo cura della terra che ci ospita, mentre quei barbari senza cervello la rovinano al punto che a stento la nostra magia riesce a difenderne l’equilibrio. Ci stanno coinvolgendo nella rovina!» aveva continuato a lamentarsi sdegnata.
Una caccia spietata
Povera Naggy, il tempo doveva far triste giustizia della sua supponenza … La fiducia assoluta nel mondo magico si infranse presto, non appena superata l’infanzia. Il vecchio capobranco aveva tentato di avvisarla che anche nel loro mondo non tutto era luce. Ma era destino che Naggy scoprisse dolorosamente sulla propria pelle che in ogni dimensione, compresa quella magica, esistono gli indegni, i malvagi e gli assassini.
Giovane e inesperta, la Winged aveva imparato nel peggiore dei modi che tra le razze dotate di poteri esisteva una scala gerarchica, sulla quale i Winged erano considerati degli inferiori perché meno magicamente abili. E tanto inferiori li si giudicava, da essere fatti oggetto di un crudelissimo gioco. Braccati come gli umani facevano con gli animali. E come per gli animali, infine, anche per i Winged la posta in quel gioco assurdo era la vita!
Naggy aveva visto morire i suoi a opera di una banda di Banshees che, dotate di magia potente, trovavano divertente andare a caccia di altre creature fatate, stanarle e ucciderle. Ucciderle! Perché? La Winged terrorizzata non poteva spiegarselo quel folle passatempo. Né alcuno sembrava voler rischiare di intervenire contro quelle potenti creature per punirne la crudeltà. Mentre, ancora stordita da tanta violenza, tentava ferita di tornare in contatto con la sua gente e con il resto della sua famiglia, era stata di nuovo intercettata. Quelle cacciatrici dall’aspetto di orribili megere avevano avvertito la presenza di una residua scintilla di magia nella zona e ancora cercavano una preda! Per sfuggir loro, benché si sentisse venir meno per il dolore e il freddo, si era nascosta in un riparo tra i rovi, nella neve, e non aveva più usato la magia.
Un incontro inaspettato
E lì, ormai svenuta e prossima a morire assiderata, fu trovata da un bambino che giocava, un cucciolo d’umano che la portò a casa sua. La Winged riprese coscienza tra le piccole mani che la massaggiavano piano asciugandole il pelo in un panno morbido. Fu così che Naggy conobbe l’interno di una casa umana, una casa povera e non solo materialmente, purtroppo. Il capofamiglia era un uomo che incarnava il peggiore dei sensi della definizione Winged.
Un uomo. Cioè, un essere spregevole. Un mostro che alzava le mani sui piccoli che aveva generati per motivi infimi, pretesti per sfogare la frustrazione di una vita senza soddisfazioni. Un buono a nulla che tiranneggiava la sua famiglia e infieriva sulla pallida ombra che un tempo era stata la sua compagna, ora ridotta una misera bestia rassegnata.
Naggy fisicamente e mentalmente distrutta vide cose orribili, che le confermarono l’opinione infima che aveva degli uomini. Ma vide anche cose che la toccarono teneramente. Il bambino che l’aveva trovata sembrava non essere affatto simile all’adulto che gli aveva dato la vita. Era gentile e delicato. L’aveva salvata scaldandola tra le mani, tenendola al riparo tra le proprie coperte. Aveva pulito la sua ferita, le aveva offerto dell’acqua e anche quello che sperava fosse del cibo adatto. Spossata e terrorizzata, Naggy aveva lasciato che l’asciugasse, la scaldasse, la nascondesse dal mostro.
Senza affatto immaginare di aver per le mani una creatura magica, il bambino si era preso cura dell’animaletto ferito, riversando su di lui tutto l’affetto che gli era negato tra quelle mura squallide. Naggy era infine sgusciata via col dolore per il bambino, che restava in quell’inferno. E con la sconvolgente consapevolezza che non tutti gli umani erano malvagi, come non tutte le creature magiche erano pacifice e sagge.
Da allora, di tanto in tanto, Naggy tornava alla baita sulla soglia del bosco dove abitava Neal. Il piccolo cresceva poco mentre suo padre diventava sempre più manesco e la piccola famiglia sempre più misera. Naggy si infilava invisibile nella casupola, e nell’angolo riparato da una tenda in cui dormiva Neal si mostrava al fanciullo. Neal non sembrava stupirsi di come riuscisse a entrare di nascosto, e le parlava sottovoce, grato che l’animaletto non l’avesse dimenticato e tornasse a salutarlo.
Tre anni dopo l’incontro

L’ultima volta, circa tre anni dopo il primo incontro, Naggy aveva fissato a lungo il lato destro del volto del bambino, su cui fioriva violaceo il marchio di un malrovescio del padre. L’occhio azzurro come il cielo era semichiuso, i capelli color rame tenuti spioventi sulla fronte, a coprire il più possibile. Anche la tempia, sotto quelli, era tinta con l’inchiostro della violenza cieca e irresponsabile.
«Cosa hai fatto?» sembrava chiedere la creatura candida scostando appena i capelli con la zampetta minuscola, delicatamente.
«Non è nulla, Bianca» mormorava Neal come potesse capirlo.
«Picchiava la mamma, e io ho cercato di spingerlo via. Era ubriaco, fossi stato solo un po’ più forte… So di essere un cattivo figlio, a pensarlo, ma a volte vorrei tanto che perdesse la strada di casa e non ci trovasse più.»
E accarezzava lieve il pelo folto della Winged. «La colpa è della bottiglia, Bianca! Mamma dice che non era cattivo… ma ormai non riesce più a combinare niente, le mani gli tremano, non gli danno più lavoro. Sono mesi che non entra più un soldo e presto ci butteranno fuori di casa. E moriremo, perché senza un riparo si muore, in questa stagione.»
Naggy pensava furente che i soldi che non arrivavano nella baita si perdevano lungo la strada per l’osteria, però, e che quello scellerato ubriacone non aveva il diritto di trattare in quel modo la sua famiglia. E mentre rifletteva assorta sulla miseria di quelle persone, Neal trasse da sotto il letto una cosa.
Piccola amica
«Mamma ha fatto questo per la bambola di mia sorella. Perché avesse un regalo di Natale» disse: «Allora l’ho pregata di farne uno anche per me. Non riusciva a capire a che mi servisse, perché io non gioco con le bambole, ma io ho detto che volevo un regalo identico a quello di Wynne e mia madre mi ha accontentato.»
E parlando parlando le aveva mostrato un rettangolo di lana con un foro nel mezzo.
«Si infila dall’alto» le spiegò: «e cade addosso come un mantello. So che hai la tua pelliccia, Bianca… ma fa così freddo fuori! E non sapevo cosa altro potevo regalarti, piccola amica. Buon Natale.»
Naggy fissò a lungo il rettangolo colorato. Gli uomini non facevano del male agli animali, accorciando il pelo alle pecore per ottenere quei particolari indumenti; allungò le zampine e infilò il muso nel buco. Sentì il peso lieve del poncho e ne apprezzò subito il calore; si guardò pavoneggiandosi, perché era la prima Winged che ricevesse in regalo un mantello. «Grazie Neal» disse, e il piccolo scosse la testa.
«Forse sono pazzo» le rispose: «perché mi sembra di sentirti parlare. D’altro canto nessuno ha mai visto un esserino come te, e quindi devi essere un frutto della mia fantasia. Di certo sto parlando da solo e mio padre ha ragione a dire che non servo a nulla e che prima o poi farà una buona cosa a chiuderci tutti e tre qui dentro e a dar fuoco a tutto.»
Naggy quasi socchiuse gli occhi, dalla rabbia. Poi tolse adagio il poncho e lo restituì al bambino.
«È bellissimo» gli disse: «ma ancora non è Natale. Tornerò a prenderlo dopodomani, così ci scambieremo gli auguri. E fa’ una cosa intelligente: non parlare a nessuno di me» poi tornò invisibile e volò fuori.
Un piano di salvataggio
Aveva solo due giorni per parlare ai suoi e trovare una soluzione. Due giorni, per appellarsi ai migliori sentimenti della sua comunità. Per raccontare della gentilezza di Neal, del suo cuore generoso, dei suoi sentimenti puliti, del suo coraggio per la madre. Così buono che desiderava il padre perdesse la strada di casa per rimanere al sicuro, quando chiunque avrebbe desiderato che morisse o peggio, per vendicarsi di tanta ingiusta crudeltà. Aveva due giorni per pregare, per convincere, per strappare infine un consenso.
E la sera della vigilia, venti Winged attesero il padre di Neal per strada. Ubriaco, barcollava incerto e i Winged aprirono davanti a lui un portale magico. In un istante, l’uomo l’attraversò ritrovandosi dall’altro capo del mondo. Il portale si richiuse. Tutte insieme quelle piccole creature avevano realizzato una magia che solo un potentissimo Drago, da solo, avrebbe potuto compiere; e contavano per questo che difficilmente le Banshees avrebbero pensato a loro, se avessero percepito tutta quella magia liberarsi.
Significava correre comunque un rischio, però, e Naggy era orgogliosa della sua gente, generosa con tutti, persino con gli umani. Gli Winged si dispersero velocissimi e Naggy attese il calare della notte. Nella baita la donna sorvegliava la zuppa calda sul fuoco, sussultando a ogni soffio forte di vento che facesse tremare i vetri come se la porta stesse aprendosi. Invece non si aprì, l’uomo non tornò. La donna aveva già fatto mangiare i piccoli, li aveva messi a letto e si era addormentata con le braccia conserte sul tavolo e il capo sulle braccia, in attesa. Naggy allora picchiettò adagio su un vetro, e si fece aprire da Neal.
«Buon Natale» mormorò felice nell’orecchio del bambino: «ti ho portato un regalo.»
Poi prima di continuare si fece promettere che non avrebbe mai parlato di lei a nessuno.
Il segreto rivelato
«Io sono una Winged» gli disse: «una creatura magica… ma gli uomini non devono sapere che esistiamo. Pretenderebbero da noi chissà cosa e noi non siamo molto potenti, invece. Però siamo riusciti a fare qualcosa per te, Neal. Come avevi desiderato, tuo padre ha perso la strada di casa ed è finito molto, molto lontano da qui. Io credo che non riuscirà mai a tornare, se non forse tra molti anni, e tu allora sarai ormai un adulto e non potrà più farti del male impunemente.
Fuori della porta troverai una sacca per voi. Contiene dell’oro, sappiamo che gli umani amano questo metallo e credo che, vendendone un po’ per volta, vivrete bene senza di lui a lungo e nessuno vi caccerà più dalla baita.
Non rivelare neppure a tua madre come è arrivata la sacca fino alla vostra porta; lascia che pensi a un miracolo, a un benefattore che nella notte di Natale ha voluto alleggerirsi l’anima con una buona azione. E ricordati, crescendo, di non cambiare, piccolo Neal, e di diventare un uomo di pace tanto quanto tuo padre è stato un violento.»
Larga la strada, stretta la via, ecco che vi ho narrato come Naggy entrò nella vita del mio bisnonno Neal. Rimase accanto a lui ancora per molti, molti Natali, fino a che non conobbe la bsinonna Erin. Ma questa è già un’altra storia…
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Cinzia Fabretti