Le monde sans fin, il fumetto di Jancovici e Blain, è il volume più venduto del 2022 nelle librerie francesi. In tutti i punti vendita, non solo nei negozi specializzati. I numeri parlano da soli: mezzo milione di copie di cui circa 12.000 nel periodo festivo.
A prima vista si potrebbe parlare di un risultato impressionante ma, contando il contesto da cui viene la notizia, pur rimanendo un ottimo traguardo non c’è da rimanere sconvolti.
La Francia, in fondo, è la patria del fumetto quantomeno in Europa.
Parliamo di un Paese nella cui cultura la nona arte affonda le radici in profondità. Non c’è niente di strano, a Parigi, nel vedere un lettore attempato uscire da una libreria tradizionale con un bel volume a fumetti cartonato sotto braccio in quanto lì il pregiudizio del fumetto come lettura da bambini e priva di spessore è stato superato da tempo, ammesso che sia mai stato preso sul serio.
Quindi, che un fumetto superi nelle vendite i romanzi del momento piazzandosi in cima al podio non è impossibile. Un traguardo ottimo, non straordinario.
La faccenda si fa più interessante se ci spostiamo in Italia.
I pregiudizi più squalificanti nei confronti di “giornaletti”, “pupazzetti” e giochi hanno sempre trovato terreno fin troppo fertile nel nostro Paese, eppure…
…qualcosa sembra muoversi in direzione opposta.
I fumetti sono diventati una presenza abituale nelle classifiche di vendita fino a ritagliarsi uno spazio tutt’altro che trascurabile nelle librerie di varia, dove spesso vendono più di altri settori tradizionali e blasonati. Il management di una nota catena di librerie è arrivato a terminare la collaborazione con una nota catena di fumetterie dismettendone i corner situati nei propri negozi per gestire direttamente la vendita degli albi, spesso limitandosi a uno scaffale carico delle ultime novità.
Il fenomeno non si limita, tra l’altro, a certe eleganti graphic novel cartonate che, sia per contenuto sia per la figura che l’oggetto fisico fa sulla mensola in salotto, un posticino in libreria bene o male l’han sempre trovato, per quanto risicato.
Ad aver fatto irruzione nelle librerie di varia sono i manga, specie quelli rivolti al pubblico più giovane che, pur piacendo anche agli adulti, attirano un pubblico che sempre meno si presentava in negozio a cercare quelli che un tempo erano i capisaldi della letteratura amata dagli adolescenti , dalle poesie di Baudelaire e di Jim Morrison al Diario del Che in Bolivia.
I ragazzi, più qualcuno che lo è stato qualche anno fa, oggi girano le librerie in cerca di One Piece, Jujutsu Kaisen e Tokyo Revengers, manga totalmente commerciali che se la giocano senza paura con fenomeni di grande successo come Zerocalcare e un declinante The Walking Dead ormai orfano della spinta eccezionale della serie TV.
I manga e il merchandising correlato spopolano nell’immediato e non soltanto, perché nell’immaginario collettivo delle generazioni nate da metà anni Settanta l’immaginario collettivo poggia su pilastri più giapponesi che americani, più su Goldrake, I Cavalieri dello zodiaco e Dragonball che sui Transformers o sui G.I. Joe.
Si può dire che, tra anime e manga, una parte della cultura pop giapponese sia uno dei più grandi fenomeni di costume intergenerazionali nell’Italia del dopoguerra. Non è banale, e nemmeno esagerato, dire che in qualche modo i cartoni (e i fumetti) giapponesi mettono d’accordo i ragazzi dai 5 ai 50 anni e, in quanto a vendite, staccano più o meno nettamente tutti gli altri fumetti tranne alcune testate che ospitano le storie di personaggi che fanno parte della tradizione del Bel Paese come Tex.
Il segreto del successo dei manga è forse questo? Forse.
Certo, spiegherebbe la crescita lenta ma costante dei manga dal loro arrivo in Italia, negli anni Novanta, ma non è sufficiente da solo a giustificare il boom assurdo degli ultimi anni. Le ragioni possono essere tante e la discussione è ancora aperta, così come lo è riguardo al futuro dei fumetti, giapponesi oppure no.
Se l’espansione degli ultimi anni sia destinata a radicarsi definitivamente nel costume italiano o se la bolla sia destinata a scoppiare in un futuro più o meno lontano, ancora non è dato sapere con certezza; se il presente della nona arte si delinea nel segno della crescita, il domani si può solo immaginare.
Forse dipenderà anche dalle realtà italiane, se saranno capaci di produrre fumetti in grado di parlare alle generazioni a venire, studiando i successi attuali e sfruttandone le caratteristiche vincenti per ricavarsi uno spazio solido e durevole nell’immaginario collettivo del Paese.
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