Ultimamente si sta molto parlando di sostituzione etnica. Questo a causa di una frase pronunciata dal Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, cognato della premier Giorgia Meloni, in merito alla bassa natalità che ormai caratterizza la popolazione italiana a fronte di ingenti flussi migratori nel Bel Paese.
Sono solo parole, si dirà, l’estremizzazione di una paura più grande. Tuttavia, a volte termini come sostituzione etnica dovrebbero essere utilizzati con molta parsimonia e molta, molta ricerca storica alla base. Perché le parole, spesso e volentieri, hanno un significato che potrebbe dare adito a più di un fraintendimento.

Cosa si intende con il termine sostituzione etnica: Kalergi
Sostituzione etnica: due parole che sembrano spiegarsi da sole, ma che vanno inquadrate alla luce di chi ha coniato i termini e sopra poi ci ha sviluppato delle teorie.
Partendo dall’inizio, è giusto dire che le parole sostituzione etnica vennero coniate da un nobile, il conte Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi, nato a fine Ottocento, di origini austriaco-giapponesi. Kalergi prende nette posizioni antinaziste e antifasciste, facendosi promotore del Manifesto Pan-Europeo, che sosteneva l’unione e l’integrazione dei popoli al fine di creare un’Europa unita. Com’è ovvio, le successive persecuzioni lo spinsero a cercare asilo prima in Europa e poi negli Stati Uniti.
L’opera di Kalergi però, il Manifesto, venne usata come base per l’istituzione di un’Associazione, l’Unione Paneuropea, ideale sposato peraltro da altre menti illustri dell’epoca quali Freud, Churchill e lo stesso Einstein.
Dunque, Kalergi con sostituzione etnica spiegava l’esigenza europea di diventare un solo popolo. Negli anni, però, le sue teorie, espressioni di una necessità che vede oggi un’Europa unita, sono state rielaborate, paradossalmente per diventare linfa di movimenti di estremo attaccamento nazionale.

Da Kalergi al contemporaneo uso delle parole sostituzione etnica
Si torna in Austria, è il 2005 quando viene pubblicato Addio Europa, il piano Kalergi per mano di Gerd Honsik. L’autore del testo aveva già subito due condanne per aver negato più volte che l’Olocausto fosse mai avvenuto, dunque non dovrebbe stupire da parte sua la teoria di un complotto da parte delle élite europee per mescolare le popolazioni al fine di governarle meglio.
Fantascienza pura, si dirà. Eppure, da questa ‘fantascienza’ razziale del nuovo millennio, nove anni dopo Renaud Camus parlava di sostituzione razziale in Le Grand Remplacement, che vede nascere l’idea di sostituzione etnica così com’è oggi discussa.
La sostituzione etnica ipotizzata da Camus prevede, appunto, il rimpiazzo della popolazione europea per mezzo dei flussi migratori provenienti da Medio Oriente e Africa. E mentre è lecito pensare a un grandissimo scherzo, mentre all’epoca della globalizzazione si cerca di far sentire tutti cittadini del mondo, proprio le idee di Camus fioriscono tra i gruppi di suprematisti bianchi per arrivare, poi, a estreme conseguenze.

La sostituzione etnica come pretesto di strage
Per scongiurare la sostituzione etnica, in più occasioni è stato versato del sangue. Ne è un esempio il caso di Brenton Tarrant, che nel 2015 in Nuova Zelanda assassinò 51 persone attentando una moschea. E non solo lui: il caso italiano di Luca Traini, quelli americani di Buffalo ed El Paso. Stragi, morti e uccisioni in nome di una supremazia razziale che, al giorno d’oggi, non dovrebbe avere motivo di esistere come concetto.
Le parole, dunque, non sono soltanto parole ma rappresentano in alcuni casi anni di studi, in altri azioni da cui sarebbe sempre bene prendere le distanze.