BigMama, al secolo Marianna Mammone, al Palazzo di Vetro di New York ci va con una missione: condividere un messaggio potente. L’abbiamo già vista a un Sanremo che avrebbe dovuto darle più giustizia e l’abbiamo apprezzata, non solo per tutti i punti che mi ha fatto fare. Il 22 febbraio, questa giovane, talentuosa cantante si è esibita su un diverso tipo di palco per parlare di quello che, si sa ma mai troppo, è il male del mondo: il pregiudizio.
Il discorso di BigMama alle Nazioni Unite
Davanti a duemila studenti liceali provenienti da tutto il mondo, BigMama parla di sé ma parla anche un po’ di noi. Sì, lo so, ti ho chiamato in causa e adesso un po’ t’indigni. Sai, però…non è proprio colpa tua, te lo voglio dire. È che viviamo programmati così. Questa è la verità, da sempre, il che forse è anche peggio. Ciò che separa chi pensa ma tace da chi si sente in diritto e sfotte è solo quel fil di ferro sottile ma potente che è il bisogno di fare bella figura. Perché siamo nel Duemila, ogni persona è uno schermo pronto a mettere in mostra un nostro difetto.
Dici che la faccio troppo pesante?
Non è l’esperienza della Mammone, e forse neanche la mia. BigMama all’Onu parla chiaro di quel giudizio affilato che taglia a prima vista. È una lama che separa il meritevole dal non meritevole, quella bilancia inclemente con i like al posto dei numeri. L’occhio giudica prima della bocca, c’è poco da fare. La cosa paradossale, oggi come oggi, è che il giudizio si nasconde poi dietro lo scudo della salute, ma questa è una finezza che si impara crescendo.
Al Palazzo di Vetro, BigMama fa una cosa di profondo significato: parla agli adolescenti prima che il bullismo si affini nell’arte del buonismo. Lo fa in quel momento della vita in cui prendere in giro qualcuno perché è grasso conserva ancora il suo significato originale, il dileggio, spoglio di quel ‘è un fattore di salute’ che tanto piace, che fa sentire giusti. Oggi donna, all’Onu Marianna torna tredicenne e parla di quando ha pensato che la sua vita non valesse abbastanza.
Ti racconto una storia
Come BigMama neanche io sono mai stata una modella, solo che a undici anni non me ne accorgevo. Sai, ero solo una bambina e quando sei piccola non pensi di essere sbagliata, se qualcuno non te lo dice. Insomma, ero al mare e sfrecciavo sulla mia bicicletta con le buste della spesa. A undici anni già ti senti un dio perché tua madre ti dà questo tipo di responsabilità da grandi, di quelle che ti fanno attraversare la strada per dimostrare che sì, guardi da entrambi i lati prima di passare.
Per farla breve: arriva il bullo di turno, guarda le buste della spesa e mi chiede se quello è lo spuntino delle quattro. Lui era più grande, la battuta sottile, non particolarmente capita ma abbastanza affilata per rimanerci male.
Nei giorni, sotto quell’omertà conformata di chi dice ‘non si fa’ ma sotto sotto ride, il dileggio continua. Mi rendo conto che le cosce strusciano, che in costume manco poi sto tanto bene, che mi vergogno di mangiare davanti agli altri ragazzi della mia età, quand’è ora di pranzo. Perché se sei grasso sembra quasi che tu, di mangiare, non ne abbia veramente diritto. Tanto hai le scorte, no?
Come vedi, una battuta non è mai solo una battuta ma bullismo, quella guerra in cui sacrifichi una persona per farne ridere cento.
Il ruolo degli adulti
C’è un motivo per cui BigMama all’Onu ha parlato agli adolescenti: quando si tratta di bullismo, gli adulti non servono a niente. È così, rassegnati. Sono inutili.
Nessun genitore scudo, nessuna chat delle mamme, nessun discorso motivazionale su come le cose importanti della vita siano altre. Non serve a niente, anzi, spesso anzi peggiora le cose perché che se ne fa una ragazzina di un discorso sul rispetto, quando sa che sarà pre-giudicata per qualsiasi cosa?
E sì, essere bullizzati fa schifo. Se prendono in giro te, il tuo grasso, i tuoi occhiali, il tuo amore per lo studio, le tue ossa sporgenti, il tuo apparecchio, il tuo modo di vestire… la colpa è tua. Sei tu che sei così, mica gli altri. È una gabbia che puoi solo arredare.
Oggi si tende a ‘fortificare le vittime’ anziché agire sul bullo, a resistere anziché educare. C’è molta attenzione agli effetti del bullismo, ci si concentra sulla cura anziché sulla prevenzione.
Certo, è difficile prevenire in casa perché anche la famiglia è figlia di quella società un po’ buonista che ti dice quanto sia cattivo prendere in giro il prossimo perché ‘non si fa’. Anche gli adulti di oggi giudicano al primo sguardo, è il male della nostra generazione.
Come BigMama alle Nazioni Unite
Credo fortemente che BigMama all’Onu sia stata una rule breaker, immensa e fragile nello spiegare il dolore in una lingua che gli adolescenti possono capire, in un’età dove ancora si stanno definendo come persone, una generazione ancora tutta da formare, umanamente parlando.
Averla lì, a New York, ha un alto valore simbolico: Marianna ha insegnato il valore umano del rispetto agli adulti di domani, a chi davvero da qui a vent’anni potrebbe essere seduto lì a esercitare una diversa ma umana funzione.
Chiudo l’appuntamento di oggi – lungo, è vero – con un sorriso: la lotta al bullismo ha imboccato la strada giusta.