Fare la scelta giusta nella scrittura non è mai facile, ma ci sono 5 parole da non usare nei libri. Questo perché devono essere calibrate o contestualizzate per non dare adito a fraintendimenti. Ecco la cinquina che mette in crisi anche le penne più rodate.
Bello/bella
Il concetto di bellezza cambia in rapporto alle epoche e alle percezioni culturali e soggettive. Ciò che, per esempio, era considerato bello nel Rinascimento, non è considerato bello oggi. Bello – o bella – è una delle 5 parole da non usare nei libri: l’uso di questo aggettivo implica, infatti, il restare nel vago senza aggiungere nulla a quello che si vuole raccontare o argomentare. La situazione si complica, poi, in un momento storico in cui l’inclusività sta modificando in modo radicale la percezione dell’estetica, valorizzando la particolarità dell’individuo.
Di conseguenza sarebbe preferibile mostrare la bellezza nel narrato, facendola percepire nella sua tridimensionalità. In questo modo il lettore sarà portato a condividere l’esperienza con i cinque sensi, mettendo da parte i pregiudizi e gli stereotipi.
Cosa
Quante volte, quando un concetto sfugge, è indicato con il termine “cosa”? “Prendi quella cosa là”, “Era una cosa bellissima”. Per non parlare degli usi impropri del termine, con cui si tende a indicare le persone. Il rischio è di cadere nell’approssimazione, pertanto è preferibile indicare con la parola esatta l’oggetto di cui si vuole scrivere, avvalendosi degli strumenti narrativi più consoni.
Resiliente
Nella tecnologia dei materiali, la resilienza indica la resistenza alla rottura per sollecitazione dinamica, determinata con apposita prova d’urto (Treccani). Il termine si è diffuso in maniera vertiginosa in questi ultimi anni, entrando a far parte del vocabolario di uso comune. Chi è resiliente ha la capacità di far fronte alle situazioni più difficili e traumatiche, mostrando una certa rapidità di adeguamento. Si tratta, però, di una voce spesso confusa con altre, quali versatilità e adattabilità, diventando l’anticamera dell’accettazione di situazioni oggettivamente ingiuste. Ecco perché è tra le 5 parole da non usare nei libri.
Proattivo
Molto diffuso nel mondo del lavoro con i retaggi tecnici annessi, proattivo si riferisce a ciò che è diretto a prevenire situazioni, tendenze o problemi futuri in modo da pianificare con anticipo le azioni opportune. Meglio utilizzare il vocabolo previdente, decisamente più semplice.
Multitasking
Per alcuni anni onnipresente, nell’uso comune, questa parola presa in prestito dall’informatica indica la capacità che ha un sistema di svolgere più mansioni allo stesso tempo. Può essere confusa con altre parole, per questo è tra i termini da non usare con leggerezza nei libri. Meglio, multipotenziale, versatile o poliedrico: la lingua italiana è ricca di termini, tutti da scoprire.
Un editor per trovare la parola giusta
L’italiano è una lingua ricca di termini comprendenti vari sinonimi. Nella stesura di un testo, però, non è sempre facile fare la scelta giusta, anche quando l’autore è puntuale a cogliere le sfumature di ogni significato. In ambito editoriale ci sono figure capaci di dileguare qualsiasi dubbio, trovando i termini calzanti e non solo: si tratta dell’ editor, professionista che prende per mano lo scrittore e lo accompagna lungo un percorso di revisione e perfezionamento del testo, basato su una preparazione culturale e linguistica consolidata ma in continuo e costante aggiornamento.