Le poesie di Alda Merini sono uniche, perché uniche furono l’ispirazione e la vita da cui nacquero. E la vita di Alda Merini fu piena di dolore. Non molti poeti italiani trascorsero degli anni in manicomio. Infatti, molte raccolte della Merini ruotano attorno all’esperienza devastante della follia, o meglio: dell’internamento. La visibilità mediatica della poetessa milanese aumenta notevolmente dopo il 2000, consacrandola come uno dei grandi nomi della poesia italiana contemporanea.
Poesie di Alda Merini: un inizio quasi precoce
Alda Merini esordisce giovanissima, a soli 15 anni. A 22 anni esce la sua prima raccolta, La Presenza di Orfeo. Siamo nel 1953. Due anni più tardi, nel 1955, vengono pubblicate Paura di Dio e Nozze Romane. Subito salta agli occhi una caratteristica tipica della Merini: la produttività.
Le prime poesie stupirono sin da subito i suoi recensori (per esempio Spagnoletti e Pasolini). Infatti, pur sembrando riconducibili a dei toni orfici, presentano elementi del tutto originali. Non si tratta di poesia colta. La sua è piuttosto un’ispirazione sincera e pura, che mescola erotismo e misticismo. In particolare, questi due ultimi elementi restano costanti anche nella produzione successiva. Stilisticamente, le sue poesie sono fresche e immediate. E perciò sono dotate di una potenza comunicativa che si trova al di fuori della retorica. Anche questa caratteristica rimarrà costante in futuro, così come i temi fondamentali di passione, tormento, angoscia.
Una vita difficile: prima e dopo l’internamento
Nel 1961 la poetessa pubblica la raccolta Tu sei Pietro. Qui dà voce a un amore non corrisposto, unendo impulsi opposti: quelli erotici e quelli religiosi, quelli “pagani” e quelli “cristiani”. Così, la Merini mette in piedi una metafora dal sapore tanto evangelico quanto terreno.
Poi, nel 1965, la Merini viene ricoverata nell’Ospedale Psichiatrico Paolo Pini di Milano. La motivazione è quella di curare un disturbo bipolare. Vi rimane fino al 1972. Questo è un periodo durissimo e nero, che la poetessa riesce a raccontare in forma scritta solo a partire dal 1979, quando riprende a comporre poesia. Il risultato di questo rinnovato sforzo lirico è La Terra Santa, pubblicata nel 1984. È solitamente considerata come la sua raccolta più importante. In essa torna la metafora biblica, in cui il manicomio diventa l’inferno e la vita al suo interno l’esodo del popolo ebraico verso la Terra Promessa.
Queste poesie possiedono tutte un’intensità in larga parte estranea al resto della produzione italiana dell’epoca. La poetessa illustra l’internamento e la follia in modo sincero e violento, senza cedere mai a toni consolatori o di autocommiserazione.
Le poesie di Alda Merini: una sovrabbondanza di alti e bassi
Negli anni ’80 e ’90 Alda Merini deve affrontare nuove difficoltà. Innanzitutto, l’isolamento dall’ambiente letterario, a cui si aggiungono la morte del marito e una situazione finanziaria difficile. Le cose migliorano con un secondo matrimonio e con un breve trasferimento a Taranto. La poetessa continua a scrivere, e alle poesie si aggiungono l’aforisma e la prosa: con Diario di una diversa, torna a raccontare la propria esperienza in manicomio.
A partire dagli anni ’90 la produzione di Alda Merini si intensifica. Ciò porta ad un grande numero di testi, per forza di cose non tutti di alto valore letterario. Tra le varie raccolte ci piacerebbe ricordare Titano amori intorno, del 1993. Qui lo stile della Merini cambia abbastanza radicalmente. I versi si fanno barocchi e desolati, e perdono la forza della metafora. Al suo posto c’è una colloquialità nuova, disillusa ma ancora capace di esaltarsi per l’amore autentico, quello che lacera nel profondo.
