Si pensa che il passato non riservi ormai più sorprese e che sia necessario guardare sempre al futuro, ma non sempre è così.
A testimoniarlo, Michele Casaccia, dottorando dell’ateneo di Trento, che durante la sua ricerca ha scoperto una poesia inedita di Pico della Mirandola, celebre filosofo e umanista. La relazione di Casacci sarà pubblicata nel futuro numero della rivista “Archivum mentis”.
Mentre studiava il Fondo Ridolfi di Firenze, appartenente alla Fondazione Biblioteche della Cassa di Risparmio, Casaccia è riuscito a ritrovare una poesia di sei versi, definita esastico, databile con ogni probabilità a dopo il 1486. Si presume che potesse essere dedicata ad Angelo Poliziano, il poeta a cui Pico dava conto di ogni suo scritto.

Quanto è davvero straordinario è che si pensava che a Pico della Mirandola fossero sopravvissute solo diciannove poesie. Michele Casacci, invece, ha portato nell’epoca moderna anche una ventesima, sopravvissuta non solo al tempo, ma anche alle fiamme. Un evento unico per chi ama l’arte poetica.
Chi era quindi Pico della Mirandola, e perché di lui ci sono arrivate così poche poesie?
Pico della Mirandola, tra irrequietezze e ripensamenti
Giovanni Pico della Mirandola è una delle figure più affascinanti del XV secolo, complice il suo pensiero e le leggende che lo accompagnavano. Si diceva, infatti, che alla sua nascita le ostetriche dissero di aver visto una sfera di fuoco presente nella stanza.
Nato nel 1463 a Mirandola, figlio del conte Francesco e di Giulia, parente di quel Boiardo che avrebbe poi scritto l’Orlando Innamorato, Pico si mostrò subito amante degli studi. Tra Bologna, Ferrara e Padova accrebbe il suo sapere e condivise i suoi pensieri, fino ad arrivare a Firenze, dove conobbe Lorenzo il Magnifico, e il poeta Angelo Poliziano. Con lui, Pico strinse un rapporto solito e durato negli anni, un’amicizia che rimase nella storia.
Sembra che Pico fosse anche oggetto di interesse non solo per i suoi studi, ma anche per il carisma che esercitava. Giovane, dal fascino esoterico e un manifesto interesse per il misticismo; questo lo rendeva una figura ambigua e attraente al tempo stesso. Nel 1485, infatti, si interessò alla Qaballah, testo esoterico ebraico.

La svolta arrivò nel 1486, quando preparò ben 900 testi in preparazione di un congresso filosofico universale. Per l’apertura di questo congresso compose il De hominis dignitate, il suo testo più famoso, che si basava sulla credenza che l’intelletto mettesse l’essere umano al centro dell’Universo, attribuendogli la funzione di Dio plasmatore e creatore. Questo testo è ritenuto il Manifesto del Rinascimento italiano.
Il congresso non ebbe mai luogo per Pico, tuttavia, perché venne accusato di eresia e dovette fuggire in Francia. Riuscì a salvarsi grazie alla vicinanza dei Medici, dei Gonzaga e degli Sforza, e grazie alla benevolenza di papa Alessandro VI – altresì detto Papa Borgia – che ammirava la volontà di Pico di legare alla divinità di Cristo la magia e la cabala.
La poesia inedita scoperta è solo uno dei tanti eccezionali dettagli della vita di Pico.

L’eredità di Pico della Mirandola
La vita di Pico della Mirandola terminò in modo inaspettato e fin troppo presto, il 17 novembre del 1494, a soli trentuno anni, ucciso da un avvelenamento da arsenico. Cosa accadde davvero nessuno lo sa, ma di Pico rimase celebre la sua eccezionale memoria, talmente solida che sembra sapesse recitare a memoria l’intera Divina Commedia.
Di lui si ricorda anche la sua irrequietezza, che svela il motivo per cui a oggi gli sono sopravvissute così poche poesie. Sembra, infatti, detto dallo stesso Angelo Poliziano, che Pico della Mirandola diede alle fiamme le sue stesse opere poetiche.
Per questo, la scoperta di una poesia inedita è un evento ancora più eccezionale.
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