Il film Barbie, di Greta Gerwig, è nelle sale cinematografiche dal 20 luglio e sta battendo tutti i record, ultimo ma non ultimo il miliardo di dollari d’incasso al box office mondiale.
E non solo: alla regista il merito di essere l’unica esponente di sesso femminile con un così alto numero d’incassi (ma forse, se Greta fosse un uomo, si sarebbe parlato solo del suo genio alla regia).
Insomma, che Barbie stia stregando tutti con il potere del rosa? In America, questo ormai cult in plastica e costume continua a restare davanti a Oppenhimer, di Christopher Nolan, in Italia il 23 agosto. E forse, questo dice tanto sulle tematiche oggetto di riflessione del momento.
Attenzione, l’articolo contiene SPOILER.
Barbie, potere al rosa!
Tutto, in Barbieland, grida potere femminile nella maniera più positiva possibile. Dal cinema si entra in un mondo rosa e gentile, dove il sostegno tra donne governa l’armonia tra le Barbie e il dovere trova il giusto equilibrio con le mattine in spiaggia, i party danzanti e le serate tra ragazze.
Anche Barbieland ha le sue ombre, ma queste vengono viste dallo spettatore con tenerezza. I Ken sono ottimi amici marginali, restano nelle retrovie cercando di farsi notare dalle Barbie attraverso una continua competizione tra loro. Tra questi, il Ken di Ryan Gosling, messo continuamente da parte perché è sempre la serata tra ragazze.
C’è modo di presagire quello che sarà? Certo, perché Greta Gerwig è molto brava a descrivere una situazione ben prima che si stravolga del tutto. Le giornate tutte perfette e tutte uguali, per una Barbie Stereotipo (e quindi senza caratteristiche particolari), sono finite: la finta doccia fredda, il finto latte scaduto, i piedi piatti. Che incubo!
E poi, pensare alla morte? Perché mai una Barbie, sempre felice, dovrebbe pensare alla morte? Non si abbina certo al rosa!
Insomma, Barbie è rotta perché il collegamento con la bambina che dovrebbe ispirare nel mondo reale è malato. Bisogna agire: bisogna irrompere nella realtà.
Barbie nel mondo reale NON è il fulcro del film
Il trailer del film Barbie è ingannevole. Il mondo reale, qui, è un perfetto ingranaggio della storia, serve alla creazione dell’antagonista.
Mentre Barbie Magrot Robbie cerca la sua bambina e la ritrova nell’adulta America Ferrera, in crisi con sua figlia, scopre che il mondo reale non è come credeva che fosse: non ci sono donne al potere, la Mattel è governata da uomini come tutto il resto, in generale, e Barbie è un giocattolo obsoleto.
Chi invece si sente a casa è Ken: accolto, potente, rappresentato. Non più un’appendice di Barbie in un mondo di donne, ma un uomo con una propria identità all’epoca del patriarcato.
Dunque, attenzione. Il trailer del film è ingannevole, si diceva. Perché Ken è l’antagonista di Barbie, è lui che introduce a Barbieland il patriarcato. Ma nonostante ciò non si riuscirà a odiare.
La costruzione dell’identità in Barbie e Ken
In Barbie c’è una lezione importante: per costruire se stessi, occorre andare per tentativi. Barbie, in questo, è più rodata: Barbie Veterinaria, Barbie Astronauta, Barbie Dottoressa. E poi c’è Barbie Stereotipo, quella che non avendo nessuna strada disegnata avanti a sé può fare potenzialmente di tutto, anche guidare una rivoluzione.
Un po’ come Pinocchio, Barbie Stereotipo si realizza decidendo di vivere la vita, quella vera. Con un pizzico di rosa dentro di sé, è pronta a godersi ogni girandola dell’animo umano come una grande avventura. E non perché non possa essere altro in Barbieland, ma perché da brava eroina, il ritorno alla condizione iniziale non le basta più: è completamente cambiata.
Se vi siete persi il compleanno di Greta Gerwig, ecco gli auguri in stile #Barbie organizzati da Ryan Gosling#flashmob #thisis40 #happybirthdayhttps://t.co/PmTzKr6eBU
— CIAK (@ciakmag) August 7, 2023
E Ken? Ken deve capire che, come dice la sua maglietta I am Kenough, lui è abbastanza. Anche senza Barbie, anche da solo. Non serve il patriarcato per dare a Ken la sua dignità, gli serve soltanto essere visto da Barbie, anche solo per dirsi addio. E questo potrebbe aprire un ventaglio di riflessioni sulle relazioni tossiche e sulle dipendenze affettive, ma la verità è che Ken, nel film Barbie non è cattivo neanche un po’: è solo.
La rappresentazione di Ken di Ryan Gosling è sublime, per citare una battuta del film nata per improvvisazione. L’attore restituisce a Ken la sua ferita e lo aiuta a trovare la sua strada, a Barbieland.
Un film denso di significati
La scrittura di Greta Gerwig e del marito Noah Baumbach è complessa, ancor di più se nascosta in un film adatto a così tante fasce d’età. Gli spunti di riflessione sono ovunque, un vero e proprio bombardamento. La risata è dietro l’angolo, talvolta di cuore e talvolta più amara. E, di sicuro, non sono certo tutti gli elementi visti, quelli presenti in questa recensione.
Occorrerà una seconda visione di Barbie. Per fortuna, come i giochi dell’infanzia, non stanca mai.