La lettura come fonte d’arricchimento è un concetto tanto comune da essere persino abusato. Eppure, nonostante gli inviti ripetuti a leggere, ad aprire gli orizzonti e ad approfondire un argomento, c’è chi non legge proprio. Ti chiedi mai perché?
Vivere una sola vita, o vivere leggendo?
Chi non legge, a settanta anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto cinquemila anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’Infinito.
Umberto Eco
Lo ha scritto Umberto Eco, e ha aggiunto: la lettura è un’immortalità all’indietro. Oltrepassando il concetto per cui a Umberto Eco non si può certo dar torto, si provi a osservare la questione dal punto di vista di chi non legge.
Vivere una sola vita o vivere cinquemila anni: e se l’importanza di vivere – o meglio, di assistere a – tante altre vite fosse sublimata fino all’eccesso? Fermo restando che, materialmente, anche leggendo la vita resta una, chi non legge potrebbe replicare: non posso passare la mia unica vita a leggere!
Perché alcune persone non leggono? Questione di equilibri
Provando ad attingere ai sondaggi, le motivazioni per cui certe persone non leggono sono varie e intuibili: mancanza di tempo, altri interessi, problemi di vista, carenza di soldi. Si dice sempre che in Italia ci sono più scrittori che lettori.
I dati riportati dall’ultimo Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia dell’Ufficio studi AIE fanno emergere nella questione una chiara spaccatura: i lettori forti diventano ancora più forti e la metà dei lettori continua a non leggere più di un libro ogni quattro mesi. Chi legge lo fa sempre di più, anche dopo la pandemia, e chi non legge – o legge pochissimo – continua a portare avanti questa scelta. E la parola chiave è proprio “scelta”. Fare o non fare qualcosa implica alla radice una volontà.
Il popolo dei lettori si considera troppo spesso eletto; lo si vede sui social, dove in alcuni gruppi si indicono gare tra chi legge di più. “Questo mese ho letto pochino, solo cinque romanzi” oppure “Ho una pila enorme di libri nel comodino che sta prendendo polvere, devo sbrigarmi”.
Leggere come se non ci fosse un domani: questo è il mantra di alcuni lettori. Dall’altra parte, coloro che vivono in una condizione di reietti – gli svogliati non lettori – appuntano sulla loro agenda i mille motivi per cui non leggono. E non sono soltanto motivi legati al tempo “che non c’è”, ma al “tempo che c’è per fare altro”.
Ѐ una questione di equilibri e di modo di utilizzare il tempo libero: passeggiare, vedere film cult, occuparsi di bricolage o di sport, suonare la tromba o portare avanti l’antichissima arte giapponese degli origami. Giusto per fare qualche esempio tra i milioni di disponibili.
Predisposizione alla non lettura
Perché alcune persone non leggono? Hai mai pensato che potrebbero non avere la predisposizione? “Il contributo dato da Aleksander Afanasjev nel tramandare il folklore russo è stato fondamentale”, dice il lettore forte all’amico non lettore.
Mentre lo dice si accorge di aver centrato nel segno. L’amico non lettore lo guarda con stupore. E lì scatta la fatidica frase: “Come? Non lo conosci?”. Non sono semplici domande, sono accuse belle e buone.
In un particolare mondo di appassionati della letteratura non è concepibile l’ignoranza. Nemmeno il mondo del diritto è tanto ferreo: Il concetto per cui ignorantia legis non excusat (la legge non ammette ignoranza), può essere scalfito, attraverso il lavoro di bravi avvocati.
Il cattivo lettore, invece – associato troppo spesso all’ignorante – non ha scusanti. Esiste però anche la predisposizione a fare o a non fare qualcosa. Il non lettore potrebbe semplicemente essere una persona di cultura senza avere la propensione a consumare centinaia di pagine. Oggi esistono altri mille modi per informarsi, acculturarsi, imparare. Pensa ai podcast, agli audiolibri, ai programmi di divulgazione sul mondo dell’arte come Art Night, ad esempio. Eppure, i podcast si possono sentire dal cellulare, così come gli audiolibri, e non c’è niente che appare così poco culturale come un ragazzo che fa jogging indossando gli auricolari.
Oltre agli strumenti offerti dalla tecnologia, un ottimo modo per conoscere e aprirsi nuovi orizzonti è quello di ascoltare chi sa di più. Fare domande e fermarsi ad ascoltare le risposte di chi ha viaggiato per il mondo, o di un professore di filosofia in pensione non può essere considerato – a rigor di logica – meno interessante della lettura di un buon saggio. Del resto, attraverso il ghostwriter, molti di loro possono tranquillamente diventare autori di libri che non scrivono.
Imporre non è mai la soluzione
“Mio nipote non legge mai! Non so come fare a convincerlo!” sbraitò l’attempata donna al libraio mentre si accingeva a ritirare la sua copia di Spare, qualche settimana fa. Mentre il nipote, appassionato di Opera, controllava sul web i prossimi appuntamenti dove poter assistere al dramma di Francis Poulenc i Dialogues des Carmélites. O dava prova di un’eccelsa abilità tecnica al clavicembalo con fini virtuosismi. Oppure, era semplicemente sdraiato sul divano a sorseggiare una bibita gassata, riflettendo sui grandi interrogativi dell’esistenza.
Chi subisce un’imposizione, qualunque essa sia, conserva sempre una parte di ragione. Leggere è sicuramente importante, per mille motivi che conosciamo bene, ma per invogliare altri alla lettura occorre saper proporre con intelligenza e non con supponenza. Perché in tal caso, il lettore “debole” o il non lettore, sentendosi aggredito, potrebbe replicare con un “Non hai altro da fare tutto il giorno che stare seduto su un divano a leggere?”