“A questo mondo, pubblicano solo i raccomandati”. “Se non hai santi in paradiso, non pubblicherai mai”. “Se proprio vuoi pubblicare, devi tirare fuori dei soldi”. Secondo tanta gente, per pubblicare un libro bisogna pagare (in denaro o in favori). Ma è vera questa leggenda metropolitana? La risposta è no. Anzi, non solo non è vera, è pure stupida.
I bravi editori esistono
Anzitutto, sostenere che per pubblicare un libro bisogna pagare significa scartare per principio la strada tradizionale: cercare un editore che sia interessato. Non è assolutamente vero che le case editrici rifiutino gli esordienti per partito preso: ce ne sono parecchi che sono più che disposti a vagliare i tanti manoscritti in arrivo nella loro casella di posta elettronica, alla ricerca di una buona penna.
Sapete quanti editori ci sono in Italia, dal più piccolo al più grande? Quasi quattrocento. Vi pare possibile che nessuno di questi pubblichi autori che, con semplicità e umiltà, hanno proposto il loro lavoro? Se vi sembra impossibile, avete ragione. Certo, bisogna avere in mano un testo ben scritto e bisogna scegliere le case editrici più adatte a quel testo, il che comporta investire tempo e attenzione per documentarsi. Ma è il minimo sindacale, per un aspirante autore che voglia fare le cose come si deve.
Per pubblicare un libro bisogna pagare? Giusto con l’EAP (e non va bene)
Ma allora non esistono case editrici che si fanno pagare? Oh, sì che esistono. Sono quelle che costituiscono l’EAP, “Editoria A Pagamento”. Una piaga della cultura contemporanea. Ma gli EAP sono editori solo per modo di dire, anzi solo perché a loro fa comodo fregiarsi di questo titolo. Un editore vero è un imprenditore: quindi investe sugli autori e pubblica i libri a proprie spese, per poi ottenere il meritato guadagno dalla vendita di quei libri. Un EAP non investe sugli autori: semmai, pretende che siano gli autori a investire su di lui, pagando di tasca loro le spese di stampa. Oppure, acquistando loro stessi un certo numero di copie del proprio libro. Così l’EAP ha il suo guadagno, o quantomeno non ci rimette una lira. Dove sta l’imprenditore, in tutto questo? L’editore serio? Mah. Non pervenuto.
Ma soprattutto: esiste il self-publishing!!!
Infine. Poniamo che tutti, ma proprio tutti gli editori che avete interpellato non siano interessati al vostro libro. Poniamo che le ragioni di questo rifiuto non abbiano nulla a che vedere con la qualità del libro (perché se invece tutti dovessero dirvi che è scritto male, due domandine bisognerebbe farsele). Poniamo magari che vi rendiate conto di avere per le mani un libro particolarmente difficile da collocare sul mercato (di cui gli editori devono pur tenere conto). Ad esempio perché è troppo fuori dagli schemi, troppo per palati fini, troppo corposo, troppo quello che vi pare. Perché dovreste rivolgervi a un EAP quando potete trasformarvi in autori indipendenti, editori di voi stessi?
D’accordo, essere auto-editori implica investire denaro nei professionisti (editor, correttori di bozze, grafici) che vi aiuteranno a ottenere un prodotto di qualità. Ma, rivolgendovi a un EAP, non dovreste sborsare soldi? Anzi, in quel caso spendereste anche di più, è l’unico caso in cui davvero per pubblicare un libro bisogna pagare. Come autore indipendente, se vi sentite abbastanza preparati, al limite potete anche scegliere di fare tutto da soli. Meglio quindi sfruttare le possibilità offerte dagli store online, dalle nuove tecnologie, dalle app dedicate: non è una strada semplice, ma può dare grandi soddisfazioni. E, soprattutto, salvarvi dalle zanne fameliche degli EAP (Editori A Pagam… no, anzi, Editori A Pescecane).