Anni Settanta, il momento magico in cui scoccò il connubio “donne e avventura”: La donna bionica, Wonder Woman e Charlie’s Angels pioniere dell’empowerment femminile
Quella volta, non c’erano donne avvenenti che avessero ruoli da protagoniste in TV, solo ruoli buffi come Carol Burnett oppure “Laverne and Shirley”. I produttori mi dissero: «Capisci bene che alle donne non piacerai, perché sei sexy». Ma io ho cercato di interpretare il ruolo sul serio. Che è poi il senso della sua esistenza, semplicemente cercare di fare la cosa giusta.
Lynda Carter (“Wonder Woman”) in un’intervista a “Glamour”
Donne protagoniste e attraenti, non affiancate a un personaggio maschile più importante e non relegate a ruoli umoristici: la tv mainstream degli anni Settanta ha vissuto un momento magico in cui, finalmente, i tempi erano stati considerati maturi per questo passo. In un periodo storico senza internet e senza social, la televisione era il mass-media che entrava nelle case della maggior parte delle famiglie e che poteva veicolare messaggi importanti con disinvoltura.
Ho sempre pensato che la televisione potesse essere usata non solo per intrattenere, ma anche per mettere in luce argomenti importanti e aiutare le persone ad abbracciare il loro pieno potenziale.
Lindsay Wagner (“La donna bionica”) in un’intervista a “Inside Columbia’s Prime Magazine”
Sostenere le istanze femministe non era certo il primo pensiero dei produttori televisivi di allora, eppure anche loro dovevano essersi resi conto (soprattutto dopo l’inaspettato successo di Wonder Woman) che c’era un pubblico pronto per questo genere di serie e di personaggi, e anzi che vi sarebbe rimasto affezionato per i decenni a venire.
Fu rivoluzionario. Parlava di tre donne, indipendenti dal punto di vista sia emotivo che economico. Giravamo in belle location, con automobili splendide; e le ragazze tenevano le une alle altre, quindi la storia aveva un cuore. La gente diceva che eravamo sessualmente esposte, ma questa era una sciocchezza. Al massimo indossavamo il bikini in spiaggia, e se c’era un accenno a una storia d’amore, era molto discreto.
Jaclyn Smith (“Charlie’s Angels”) in un’intervista a “People”

Un equilibrio importante
Cominciò Wonder Woman nel 1975, seguita l’anno dopo da La donna bionica e da Charlie’s Angels: quindi due serie di fantascienza (se vogliamo considerare tali le storie di supereroi, come ormai è d’uso) e un poliziesco. In tutti e tre i casi, le protagoniste avevano abilità sovrumane o comunque superiori alla media: superpoteri, oppure un corpo cyborg potenziato, oppure un solido addestramento nell’uso delle armi da fuoco e nella lotta corpo a corpo. Eppure, nella maggior parte delle avventure facevano affidamento soprattutto sulle loro qualità più umane: intelligenza, gentilezza, furbizia, talvolta anche avvenenza ma senza mai debordare nell’oggettivazione del corpo o in eccessi di sfrontatezza sexy. In questo modo, raggiungevano un equilibrio che facilitava l’identificazione delle spettatrici, soprattutto le più giovani, le quali potevano guardare a dei role model speciali ma non del tutto inverosimili.
Il successo, i remake, le eredi
Per molti anni, la Wonder Woman interpretata da Lynda Carter ha costituito un unicum nel panorama dei serial televisivi: la serie, durata tre stagioni, è diventata un tale cult che nessuno ha più avuto il coraggio di emularla, né di portarla sul grande schermo. Solo in anni recenti, quando il cinema di supereroi è diventato un fenomeno planetario, il personaggio è stato ripreso, affidato all’attrice israeliana Gal Gadot e inserito nel DC Extended Universe. La nuova interprete di Wonder Woman è in ottimi rapporti con Lynda Carter, che ha partecipato al secondo film della principessa amazzone con un cameo ben riuscito.

Delle tre serie, è probabilmente La donna bionica (tre stagioni) a non aver raggiunto un successo paragonabile a quello delle sue “sorelle”; eppure, anche di questo serial è stato tentato un remake, nel 2007, a dimostrazione che il personaggio ha fatto la sua parte, nella storia della televisione. Il remake è durato solamente otto puntate; i primi episodi avevano riscosso un buon gradimento, ma poi il celebre sciopero degli sceneggiatori ci ha messo lo zampino e la produzione ne ha risentito; alla fine, il network NBC ha preferito cancellare la serie.
Charlie’s Angels è quella che più ha lasciato il segno negli anni. Durata cinque stagioni, ha visto alternarsi sei attrici e altrettanti personaggi (anche se la formazione più nota rimane quella iniziale con Kate Jackson, Jaclyn Smith e la compianta Farrah Fawcett), e ha generato diversi remake: due film, nel 2000 e nel 2003, con Cameron Diaz, Drew Barrymore e Lucy Liu; una serie tv (durata solo otto episodi) nel 2011 con Annie Ilonzeh, Minka Kelly e Rachael Taylor; un altro film, nel 2019, con Kristen Stewart, Naomi Scott ed Ella Balinska. Solo i film dei primi anni Duemila hanno raggiunto il successo sperato, mentre le altre esperienze sono state dei flop: quello di Charlie’s Angels si è dimostrato un franchise complesso da gestire.
Più che ai vari reboot e remake, la vera eredità di queste serie è passata a quelle che sono venute dopo, dai primi anni Ottanta a oggi, e che con alterne fortune hanno continuato a proporre l’immagine di donne indipendenti e avventurose: da Cagney e Lacey ad Alias, da Xena a Stumptown. Un filone che è bene non scompaia mai.
