Un classico giallo storico con una scena del delitto, una vittima, un nugolo di sospettati e un investigatore insolito: Pellegrino Artusi, cuoco e gastronomo
Non è un libro recente, risale al 2011; ma per fortuna i libri di Malvaldi invecchiano bene, ricchi come sono di ironia garbata e trovate brillanti. In Odore di chiuso, l’autore lascia provvisoriamente la sua serie di maggior successo, quella del Bar Lume: rimane sempre in Toscana ma procede a ritroso nel tempo fino al 1895, presso un poggio della Maremma su cui si staglia il castello del barone Romualdo Bonaiuti, in cui vive un nucleo familiare – con servitù annessa – i cui membri sono caratterizzati da un fritto misto (per rimanere in tema) di caratteracci, idiosincrasie, pregiudizi e altro ancora, con qualche eccezione sopra la media. Della bizzarra famiglia è ospite Pellegrino Artusi, baffuto, panciuto e accompagnato dai due amati gatti che tiene in un cesto; quando la sua permanenza viene funestata da un delitto nel castello, l’autore del celebre La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, uomo di estro e di cultura, mette il suo ingegno a disposizione del delegato di polizia e contribuisce al buon esito delle indagini.
Il signor (o dottor) Pellegrino Artusi da Forlimpopoli […] come apparenza fisica aveva un pochino deluso il delegato, che si aspettava una specie di zingaro dallo sguardo infuocato, non un pacioso signore con dei bei baffoni bianchi che gli ricordava vagamente suo nonno Modesto. Sta di fatto, comunque, che questo tizio non lasciava indifferenti; non ce n’era stato uno tra gli interrogati che non avesse detto la sua sull’Artusi. E non ce n’erano due che fossero d’accordo sul motivo per cui quest’uomo era stato invitato al castello. Chi lo riteneva uno strozzino, chi uno scroccone, chi un bonario signore che aveva fatto amicizia col barone.
Marco Malvaldi, “Odore di chiuso”, p. 71
Come nei romanzi del Bar Lume, protagonista è il variegato cosmo umano
Forse il titolo del manuale di cucina di Artusi è uno degli elementi che ha reso questo personaggio interessante agli occhi di Malvaldi, di formazione chimico prima che scrittore, con l’apprezzabile abitudine di mescolare scienza e creatività in narrativa come nei testi di divulgazione scientifica, sempre corredati di aneddoti interessanti e pervasi da una benevola ironia. Lo stesso Artusi era un rappresentante del Positivismo e un estimatore del metodo scientifico, quello fatto di prove ripetibili, da applicare anche alla cucina senza improvvisazioni né variazioni che non fossero passate, a loro volta, da un minuzioso processo di ripetute verifiche.
I capitoli del libro iniziano con dei titoletti che scandiscono il passare del tempo (ad esempio “Venerdì, alle sette di sera” o “Domenica, grosso modo all’ora del tè”) e accompagnano il lettore lungo la storia, che dura appena quattro giorni: il tempo di imbastire il contesto, rinvenire la vittima, avviare le indagini, inserire qualche falsa pista e arrivare a una soluzione. Un percorso classico, insomma, che si è portati a seguire con interesse e divertimento grazie, più che alla presenza di un investigatore insolito, alla multiforme fauna umana di cui l’autore rivela le mediocrità e gli occasionali sprazzi di virtù, dando origine talvolta a quadretti esilaranti, atti a stemperare (sempre per rimanere in tema) gli ingredienti del giallo deduttivo. Una bella prova d’autore, con gli ingredienti dosati a puntino.