Nelle scuole non si boccia più? Questo è il caso della studentessa dell’Istituto Comprensivo Statale Tivoli V, bocciata all’unanimità dai professori ma salvata dal Tribunale amministrativo.
La studentessa presentava ben 6 insufficienze e i professori avevano deciso di bocciarla all’unanimità, ma l’intervento del Tar ha ribaltato le carte in tavola, letteralmente, e aperto le porte a un’ennesima domanda: qual è il ruolo della boccatura nella vita di uno studente?
La bocciatura serve a maturare?
C’è da chiedersi, dunque, quale sia il valore educativo della bocciatura, vista ormai sempre più come una punizione grave piuttosto che come uno strumento a favore dello studente.
Nel caso specifico, la ragazza aveva effettivamente intrapreso un percorso di miglioramento, dall’inizio dell’anno, sebbene alla fine l’obiettivo minimo per la sufficienza non sia stato raggiunto. Il Tar non ha voluto ignorare questo dato e anzi, alla scuola è andata la colpa di non aver fornito mezzi specifici alla studentessa.
Adesso, però, è necessario interrogarsi su questo concorso di colpa e definire quali sono le responsabilità della scuola e quali i reali limiti della studentessa. Il tutto, però, non può incastrarsi in un disegno ben preciso, perché sulla bocciatura si è apposto lo stigma di un procedimento punitivo anziché educativo.
Tivoli, insufficiente in 6 materie ma il Tar la promuove: «Bocciare non deve essere la regola» https://t.co/WMNpYHgKpN
— Corriere della Sera (@Corriere) August 22, 2023
Sia chiaro che qui non si tratta di un processo alle capacità della studentessa, quanto di un interrogativo ben chiaro sul ruolo dei professori, specialmente quando decidono di attuare una procedura così determinante.
Essere professori non è semplice e quando si opta per bocciare uno studente non si tratta mai di una scelta presa a cuor leggero. Bisogna quindi chiedersi perché si sceglie di lasciare indietro qualcuno. Forse, proprio per permettere a quel qualcuno di recuperare le proprie lacune e ritrovare un passo preciso, dargli un ritmo e un metodo che possa poi portarsi dietro per il resto della vita.
Non c’è vergogna nella bocciatura
Lo sanno i personaggi con i nomi più illustri: Einstein, per esempio, o Piero Angela riguardo alla bocciatura del figlio Alberto. Bocciare non vuol dire escludere o stigmatizzare ma è quel provvedimento necessario a non lasciare nessuno indietro, dando a tutti gli stessi strumenti per andare avanti.
Certo, non è bello. C’è una delusione personale che potrebbe scontrarsi con la rabbia, la tristezza di separarsi dai propri compagni e, magari, il disagio di trovarsi a contatto con ragazzini un po’ più piccoli. Ma c’è anche la grande opportunità di reagire agli urti della vita e, semplicemente, studiare con meno stress, sulle orme di concetti non del tutto assimilati. C’è la possibilità di rielaborarsi e rimettersi in gioco, senza il terrore di avere l’acqua alla gola, senza la conta delle insufficienze.
C’è educazione, nella bocciatura, e la scelta di un docente che esercita il proprio lavoro, valutando quand’è il caso di offrire questo tipo di aiuto specialmente a una studentessa che si dimostra volenterosa. Demonizzare questa pratica con il ricorso al Tribunale è un po’ un modo per deresponsabilizzare il soggetto del discorso, e forse è più dannoso questo che un anno da ripetente.