Quella di Federico Salvatore è una voce particolare, calda e riconoscibile. Il cantautore, lanciato da Maurizio Costanzo negli anni Novanta, era diventato famoso con il suo album Azz, che nel 1995 vinse il disco di platino con ben 700mila copie vendute.
Morto Federico Salvatore, voce ironica di Napoli
Chi ha ascoltato almeno un brano di Federico Salvatore non può fare a meno di cogliere l’ironia che permea ogni parola, ogni accento della musica. Un sorriso a volte di cuore, a volte amaro, ma sempre sentito.
Cabarettista ma anche dedito a cantare Napoli in ogni sua forma, lucido e a volte spietato nella sua analisi canora come dimostrano i testi di Se io fossi San Gennaro o Napocalisse.
Federico Salvatore, la voce di chi non aveva voce
Forse non tutti ricordano la partecipazione di Federico Salvatore a Sanremo, nel 1996. Lo presentarono Pippo Baudo e una giovanissima Sabrina Ferilli, raccontandone la storia e l’ascesa sorprendente dalla sua Napoli a tutta Italia.
A Sanremo, nel 1996, Federico Salvatore cantò Sulla porta. Il testo era più che audace, e d’altro canto si parla di quasi trent’anni fa, quando l’omosessualità si affacciava nel mondo dell’accettazione senza ancora sfondare la porta dei diritti.
La canzone di Federico Salvatore faceva pressappoco così:
Qui di seguito, il testo integrale di Sulla porta e un saluto a una delle voci più rappresentative di Napoli.
Mamma son qui con le valigie sulla porta
E in macchina c’è un uomo che mi sta ad aspettare
La verità lo so ti lascerà sconvolta
Quell’uomo è il mio primo vero amore
Con lui mi sento libero e felice
Vivremo insieme abbiamo già una casa
Non sono più un bambino mamma abbassa quella voce
Smetti di fare la vittima indifesa
Perché così hai perduto anche tuo marito
Quel povero leone che scappò come un coniglio
Davanti al mostro del tuo amore arrugginito
E ti lasciò in ostaggio questo figlio
Mamma son qui con le valigie sulla porta
Con tutti i dubbi e tutti i miei casini
Però mi sento forte e per la prima volta
Io me ne frego degli orecchi dei vicini
Sulla porta, sulla porta, quante volte mi hai fermato sulla porta
Con quei falsi crepacuore che sparivano all’arrivo del dottore
Mamma nella mia stanza ho messo a posto tutto
Le chiavi le ho lasciate lì sulla credenza
Mi mancherà il sorriso del tuo caffè a letto
Quel nostro paradiso dell’infanzia
Quando il mio desiderio era di piacerti
E allora col rossetto e con il tuo ventaglio
In bagno mi truccavo per assomigliarti
Ero orgoglioso di essere tuo figlio
Ma un maledetto pomeriggio dell’adolescenza
Studiavo insieme a un ragazzo e per la timidezza
Sentivo dentro un misto di piacere e sofferenza
E mi scappò sulla sua gamba una carezza
Oh mamma son stato troppo tempo qui su questa porta
All’ombra dei colori della tua sottana
A letto con le donne ci son stato ma ogni volta
Tornavo al mio segreto come un lupo nella tana
Sulla porta, sulla porta, tu sapevi e mi fermavi sulla porta
E chiudevi le mie dita e i miei sogni sulla porta della vita
Mamma son qui su questa porta dell’ipocrisia
Con il mio posto fisso e una carriera promettente
Come un perfetto esempio della media borghesia
Che non può avere scandalosi sentimenti
Oh mamma non capisci com’è falsa la morale
La maschera di fango bagnata nell’argento
Sono un diverso mamma, un omosessuale
E questo tu lo prendi come un tradimento
Sulla porta, sulla porta, io vorrei che tu sapessi perdonare
Una volta, una volta, non buttare sulle mie ferite il sale
Come adesso sulla porta che mi dici vai per te io sono morta
Sono morta, sono morta, e mi sbatti sulla faccia questa porta.