Che cosa hanno in comune l’attentato alle torri gemelle, il bombardamento di Dresda e quello di Hiroshima? Molto forte, incredibilmente vicino è uno dei primi romanzi ad affrontare la tragedia dell’11 settembre. Uscito nel 2005, arriva in libreria quando la polvere di Ground Zero si è posata da poco.
Un bambino, una donna, un uomo, una bara sepolta vuota e una piccola chiave nella Grande Mela, e tutto diventa Molto forte, incredibilmente vicino
Molto forte, incredibilmente vicino è un romanzo di Jonathan Safran Foer scritto a tre voci: un bambino, una donna e un uomo. Ogni parte è raccontata in prima persona e questo permette di rivivere diverse situazioni più volte, cambiando punto di vista. Alcuni brani si ripetono identici e anche se questo, a volte, può irritare il lettore, vengono svelate sfumature inattese, che spesso cambiano il senso della storia.
Cose che mi sono capitate
Oskar Shell è un bambino di nove anni che ha perso il padre nel crollo del World Trade Center. Tiene una specie di diario, un quaderno su cui raccoglie tutto quello che gli succede attraverso parole, disegni e oggetti: Cose che mi sono capitate.
Il ritrovamento di una chiave fra gli effetti personali del padre lo spinge a cercare la serratura corrispondente nei cinque distretti di New York e forse anche nel sesto, come nella favola che lui gli raccontava la sera. La speranza è di poterlo sentire ancora vicino.
Perché la gente fa l’amore?
La nonna di Oskar è la voce femminile della storia. Emigrata in America dopo la seconda guerra mondiale, incontra e sposa l’uomo di cui era innamorata a Dresda, dove ha vissuto fino a quando la città non è stata rasa al suolo dai bombardamenti. La sua vita coniugale non può dirsi felice nel modo classico, e si chiede spesso: “Perché la gente fa l’amore?”. Rimasta sola con un figlio, lo ha difeso per quanto le è stato possibile, fino a quando un nuovo attacco glielo ha portato via.
Sì e no
Thomas è il nonno biologico di Oskar ma non ha mai conosciuto né il nipote né il figlio. Nel bombardamento di Dresda ha perduto la donna che amava, sorella di quella che poi avrebbe sposato in America. Il trauma causato dalla guerra lo ha portato a smettere di parlare e da allora scrive qualsiasi cosa su qualsiasi supporto. Per comodità si è fatto tatuare sì e no sui palmi delle mani. La sua incapacità emotiva di gestire la perdita delle persone care lo porta a compiere gesti incomprensibili e spesso devastanti per chi gli sta accanto.
Molto forte, incredibilmente vicino è qualcosa che si può solo provare
Seppellire una bara vuota è meglio che non seppellire nulla? Veder morire le persone che ci stanno a cuore tenendogli la mano è preferibile a non sapere mai qual è stata la loro fine?
Le persone. Questo hanno in comune le tragedie di New York, Dresda e Hiroshima. I morti ma ancor più i sopravvissuti, che hanno dovuto affrontare il giorno dopo, e poi quello successivo, e poi tutti gli altri ancora. Il dolore della perdita non cambia con le epoche, il luogo o la lingua. Il dolore non cambia mai: se si è fortunati si impara a gestirlo e a conviverci.