Ambientato negli anni Settanta a Cagliari, Stella, scritto da Massimo Dadea, ha come protagoniste tre donne figlie del Sessantotto. Un romanzo sull’impegno sociale, un manifesto femminista ma non solo
Chi è Massimo Dadea
Massimo Dadea è un medico-cardiologo che si divide tra le sue grandi passioni: la professione, la politica e l’impegno civile, la scrittura. Tra i suoi libri troviamo L’omeopata, edito da Il Maestrale (2017), La febbre del fare (2009) e La maledizione libertaria (2014), editi dalla CUEC.
Nell’ottobre del 2020 è stato pubblicato il suo ultimo romanzo, Stella, per la Maxottantotto Edizioni. In copertina, un bellissimo disegno dell’artista Gavino Ganau dal titolo Non sapevi che ti aspettavo?
Mia cara Stella, sempre in bilico tra l’essere un granello di colpa e la madre di tutto
M. Dadea
Chi sono le protagoniste del romanzo di Massimo Dadea
Stella è un libro che ha come protagoniste tre donne. Com’è nata l’idea di strutturare così il romanzo? Hai avuto difficoltà a realizzare questo schema narrativo?
L’aver scelto come protagoniste tre donne – Stella, Maria e Lucrezia – ha rappresentato una sfida complessa e impegnativa. A iniziare dall’io narrante al femminile. La difficoltà, cioè, a introiettare il linguaggio, le emozioni, che sono proprie delle donne. Ognuno di noi porta dentro di sé tante identità che però rimangono congelate, pietrificate, perché ostaggio di un tabù.
David Grossman afferma che “guardare il mondo solo con gli occhi del genere a cui si appartiene è limitativo e stupido”. Spesso noi uomini, figli di una cultura patriarcale, abbiamo paura della nostra componente femminile e tendiamo a tacitarla, a soffocarla. Quando la manifestiamo, ci accorgiamo dello stupore e del pregiudizio che suscitiamo. È allora che si può toccare con mano quanto sia diffuso il “mito” di quella che viene definita la “mascolinità tossica”: una miscela di dominanza, muscolarità, prevaricazione. Il romanzo ha dovuto superare ostacoli e pregiudizi.
Come “Stella”, il romanzo di Massimo Dadea ci insegna la sofferenza e la rinascita.
Il libro parla di sofferenza e di rinascita. Si dice che la scrittura sia in qualche modo terapeutica, sia per chi scrive, sia per chi legge. Tu sei un medico, che idea hai in merito?
L’idea del romanzo nasce da un moto di ripulsa verso lo stillicidio di atti di violenza che, quotidianamente, vengono perpetrati nei confronti delle donne. Senza volermi far carico di tutte le nefandezze che storicamente gli uomini hanno inferto al genere femminile, penso sia umanamente possibile provare un senso di colpa ancestrale. Credo che il romanzo possa considerarsi una sorta di piccolo, parziale, atto riparatorio verso tutte quelle donne che hanno subito violenza e morte.
Detto questo, io sono però convinto che chi scrive lo faccia prima di tutto per se stesso. La scrittura è sofferenza e gioia, ma soprattutto è una sorta di rito catartico, purificatorio, attraverso il quale lo scrittore guarda dentro di sé e cerca di liberarsi di tutto quello che appesantisce la sua anima. Quindi concordo, la scrittura è terapeutica per lo scrittore e auspico lo sia anche per il lettore.
“Stella” e il femminismo
In Stella affronti anche il tema del femminismo e delle lotte sociali avvenute negli anni Settanta. Fai riferimento anche alle tue esperienze personali, immagino, dato che tra le tue passioni troviamo l’impegno civile e la politica. Quanto credi siano importanti, oggi, le testimonianze letterarie del fermento politico di quegli anni?
Il romanzo non è solo un “manifesto contro la violenza sulle donne”, è questo e tante altre cose. Sono tanti i temi che si rincorrono: il femminismo, l’omosessualità, la famiglia, il rapporto tra genitori e figli, l’amore, il perdono. Sullo sfondo la Cagliari degli anni Settanta, i primi gruppi ecologisti, la nascita del movimento femminista. Le vicende delle protagoniste si intersecano con i fermenti politici e culturali di quegli anni. Stella e Maria sono figlie del Sessantotto: di quel movimento che voleva dare una spallata alla Storia, contribuire alla costruzione di una società più giusta, più libera, più democratica. Donne e uomini che si battevano contro l’autoritarismo nella società e nella famiglia, per la libertà sessuale, contro il consumismo e l’individualismo. Quelle lotte hanno finito per segnare in profondità i destini delle generazioni successive.
Da qui la curiosità di Lucrezia, che guarda con ammirazione e un pizzico di invidia le protagoniste di quel periodo straordinario. Molte di quelle aspettative, di quelle speranze, di quei sogni, sono stati disattesi o traditi. Ma, paradossalmente, quello che sopravvive di quelle lotte – e anzi oggi è più vivo che mai – è proprio il movimento femminista. Questo fa dire a Maria che “la Storia è stata scritta dagli uomini, e anche il Sessantotto è stato scritto e interpretato in prevalenza dagli uomini. È innegabile che quel movimento rivoluzionario fu improntato a valori e culture prevalentemente maschili. Ma è altrettanto vero che al suo interno fu attraversato e permeato da alcune delle tematiche fondamentali del femminismo. Io sono profondamente convinta che l’irruzione del femminismo abbia costituito uno degli aspetti più innovativi e duraturi della rivoluzione del Sessantotto.” In questo giudizio, è pleonastico dirlo, si riconosce l’autore.