Le maschere veneziane nascono con la festività del Carnevale, uno dei più antichi e colorati eventi culturali della Serenissima. Durante tale evento, veniva incoraggiato l’anonimato, dando la possibilità a chiunque di divertirsi e sbeffeggiare gli altri senza essere riconosciuto. L’occasione era perfetta per soddisfare ogni tipo di estro, capriccio o vizio. E così, i membri di ogni classe sociale ne approfittavano per compierne di tutti i colori. In definitiva, il Carnevale e le sue maschere furono introdotti dal Patriziato per dare al popolo una valvola di sfogo.
Maschere veneziane: una storia che inizia nel Medioevo
La primissima testimonianza scritta del Carnevale di Venezia risale al 1094. È il documento di un Doge che descrive dei divertimenti pubblici. Il Carnevale diventa ufficialmente una festività nel 1296, per editto del Senato della Repubblica. Ogni anno, per secoli e secoli uomini e donne mascherati si aggirano per le piazze e i canali di Venezia per sei settimane: dal 26 dicembre al Mercoledì delle Ceneri.
Le maschere consentono di liberarsi dai ruoli quotidiani ed eventualmente di compiere malefatte o veri e propri crimini. Infatti, presto l’aristocrazia introduce delle leggi che limitano la libertà di comportamento e gli eccessi. Soprattutto, introducono il divieto di trasportare armi sotto il tabarro, il mantello a cui le maschere sempre si accompagnavano. Ma le maschere hanno anche un felice impatto sull’economia. Nasce infatti una nuova classe di artigiani: i mascareri. Questi sono specializzati nella realizzazione di maschere e il loro mestiere viene ufficialmente riconosciuto con uno statuto nel 1436.
Il secolo a cui il Carnevale e le maschere Veneziane sono più associate più di frequente è sicuramente il XVIII secolo. Nel ‘700, Venezia è una città estremamente raffinata dal punto di vista artistico e culturale, ed è una della più popolate al mondo. È questo il secolo in cui visse uno dei veneziani più famosi di sempre: Giacomo Casanova, famoso, tra l’altro, per il grande amore verso la sua città e per la fuga dalla prigione dei Piombi.
Maschere, mascherati e spettacoli in maschera
La Bauta era uno dei travestimenti più diffusi. Consisteva in una maschera molto semplice, dal mento allungato. Le sua forma particolare modificava la voce e consentiva di bere e mangiare senza rimuoverla dal viso, garantendo l’anonimato più assoluto.
La Gnaga era un travestimento da donna per gli uomini. Prevedeva indumenti femminili qualsiasi e una maschera da gatta. Chi la indossava doveva, emettere miagolii e suoni striduli per sbeffeggiare gli altri mascherati. Era possibile aggiungere un cesto contente un gatto, come accessorio. A volte, la Gnaga era accompagnata da altri uomini, travestiti però da bambini.
Le donne, invece, spesso si travestivano da Moretta. Questa è la maschera più semplice e “povera” di tutte. Un semplice ovale con due fori per gli occhi, privo di bocca. La particolarità era il modo in cui andava indossata: reggendo tra i denti un bottone posto, appunto, all’altezza delle labbra. Questo impediva alle Morette di parlare, e, in teoria, accresceva il loro fascino.
A partire dal XVI secolo circa le maschere e gli spettacoli in maschera crebbero notevolmente in numero e professionalità, evolvendosi infine nella Commedia dell’Arte. Da lì provengono Pulcinella, Arlecchino, Colombina, Pantalone e tutti gli altri.
Maschere veneziane: perché limitarsi al solo Carnevale?
La maschera e le sue funzioni sono entrate a far parte dell’immaginario collettivo anche grazie alla meravigliosa tradizione teatrale italiana. Se l’idea di immegervi nel mondo dell’antica e mascherata Venezia vi stuzzica, vi suggeriamo due letture. La prima è Le baruffe chiozzotte di Carlo Goldoni, commedia in prosa messa in scena per la prima volta nel 1761. La seconda è Gli occhi di Venezia, di Alessandro Barbero, un romanzo moderno ambientato nella Venezia del ‘500, perfettamente ricostruita dalla penna dello storico piemontese.
Par che ognuno di Carnevale
Carlo Goldoni, La stagion del Carnevale
a suo modo possa far,
par che ora non sia male
anche pazzo diventar.
