Lilia Carlota Lorenzo è un’autrice dalla penna ironica e affilata, nel 2016 il suo romanzo “Il cappotto della macellaia” viene pubblicato da Mondadori, riscuotendo un buon successo di pubblico. La sua scrittura è stata accostata al realismo magico sudamericano.
Lilia Carlota Lorenzo è argentina. Per lei la scrittura è essenzialmente divertimento
Mi chiamo Lilia Carlota Lorenzo, sono argentina. Ho una laurea in architettura che mi è servita solo per fare bella figura. Adoro l’ozio, ma non è colpa mia se sono nata in Sudamerica. Nella mia vita ho cambiato trentatré indirizzi, fatto i mestieri più disparati, vissuto in alberghi di lusso, topaie di infima categoria, belle case borghesi. Ho frequentato gli indios del Chaco ma anche gli smorfiosi radical chic europei. Questo mi ha molto arricchita. Adesso non esco più di casa, e ho solo amici virtuali. Di tutti i mestieri che ho fatto, scrivere è senza dubbio il più divertente: niente male come compagno della vecchiaia che si avvicina.
Dalla biografia presente sul sito Mondadori
Lilia, il tuo romanzo racconta le vicende di un paesino dove tutti si conoscono tra loro, ed è ambientato in Argentina. Una dimostrazione che le idee per realizzare bei romanzi sono alla portata di tutti, ma qual è il segreto per trasformare queste storie in romanzi?
Che domanda difficile. È vero che chiunque può raccontare una storia, vera o inventata. Da lì a farne venire fuori un buon libro dipende dalla destrezza dell’autore. Ma questa destrezza è un dono, o si acquisisce strada facendo? Forse un po’ tutti e due. E poi, come ci rendiamo conto se quello che abbiamo scritto vale la pena di essere pubblicato? Io ero convinta che chiunque avesse un buon bagaglio culturale se ne rendesse conto. Invece, la direttrice di narrativa di una importante casa editrice mi ha detto che non è così. Ci sono delle persone laureate in Lettere, che possono essere degli eccellenti critici letterari, ma non sono in grado di scrivere un buon romanzo, e nemmeno di rendersi conto che quello che hanno scritto è improponibile.
Quindi, a questo punto, cosa fare? L’unica è provarci. Credo che se una cosa piace, è perché siamo portati per farla. Poi l’esperienza, come in qualsiasi altro mestiere, aiuta. Come aiuta leggere molto per acquisire il polso di quello che scriviamo.

Come è arrivata l’ispirazione che ti ha portato a iniziare a scrivere, non solo il tuo romanzo, ma in generale? Tu hai un modo molto particolare di approcciarti alla scrittura, ce ne vuoi parlare?
Direi che la mia ispirazione sia stata conseguenza della noia. Era un periodo della mia vita in cui avevo tutto il necessario per sopravvivere: cibo, un tetto, vestiti e medicinali, ma tanto tempo libero. Ho iniziato, come tanti, con una specie di autobiografia. Ho scoperto che era molto divertente.
All’inizio ero esaltatissima. Mi svegliavo alle cinque del mattino e riuscivo a scrivere persino dieci ore al giorno. Poi mi sono data una calmata, comunque quando mi dedico a un nuovo libro, ci dedico minimo sei ore.
Il mio approccio alla scrittura? Mi attirano i personaggi brutti, sporchi e cattivi, nonché malpensanti ma, come diceva Andreotti: “a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”. Immagina una mosca che ronza vicino a una famiglia quando è a tavola. Le cose che dicono sono molto diverse da quelle che direbbero davanti ai vicini, ai colleghi e persino ai parenti. Tuttavia, da questi personaggi poco raccomandabili, che secondo me sono molti di più di quelli che crediamo, escono situazioni persino divertenti.
Ho notato che i miei lettori lo apprezzano. Anche a me piace divertirli. Li tengo sempre presenti e sono terrorizzata di poterli annoiare. Sarà per quello che scrivo in modo direi “essenziale”. Poche metafore, poche descrizioni.
So che hai altri romanzi nel cassetto, di cosa trattano? Come li classificheresti?
Ho due libri, diciamo scritti alla mia maniera: “Malamadre” e “La famiglia Malamuerte”, con personaggi poco raccomandabili. Secondo alcuni, mi sono avvalsa di uno stile tra il realismo magico sudamericano e il grottesco. Insomma, nello stile de “Il cappotto della macellaia”, romanzo che i lettori hanno trovato divertente, anche se una lettrice ha scritto su Amazon che per lei era molto triste.
Ma sai, il mondo è bello perché vario. Forse il libro a cui tengo di più è “La maledizione della nonna spagnola”, romanzo a tinte autobiografiche, ma non solo. Poi ho deciso di scrivere un libro normale: “La sesta fermata”, un giallo canonico dove non si ride per niente. Forse mi sono divertita di meno. Vediamo cosa dicono i lettori.
