Alla fine della Seconda Guerra Mondiale seguì un lungo periodo in cui il genere umano andava alla ricerca di se stesso. I prigionieri liberati dai campi di raccolta e da quelli di sterminio fuori dai recinti di filo spinato trovarono un altro mondo a loro ostile. Vi era una sorta di vergogna nel parlare di ciò che era successo loro, un pudore che spingeva al silenzio.
L’olocausto non è stato solo lo sterminio di massa e non è finito con la liberazione dei campi
Non passò molto tempo prima che quel silenzio carico di parole non dette rompesse gli argini e divenisse un fiume in piena. Dal Diario di Anna Frank a Se questo è un uomo di Primo Levi, le testimonianze iniziarono a moltiplicarsi, diventando un monito a non dimenticare. Quelle voci non si sono ancora fermate e i libri sull’olocausto continuano tutt’oggi a raccontare la loro storia. Un esempio recente è Il pane perduto di Edith Bruck, vincitore del Premio Strega Giovani della scorsa edizione (2021).
5 libri sull’olocausto
Nel 1993 Paolo Maurensig pubblica un libro apparentemente dedicato agli scacchi: La variante di Lüneburg. Un ricco uomo d’affari con la passione per la scacchiera viene trovato morto nella sua villa. Un flashback riporta indietro la storia, fino al suo incontro fortuito con un giovane campione e poi ancora oltre, fino ad affondare nel suo passato e in quello del popolo ebraico.
La scelta di Sophie di William Styron (1976) è forse uno dei primi racconti delle difficoltà incontrate dai prigionieri liberati dai lager per reinserirsi nella società. A New York, nel periodo successivo alla fine della Seconda Guerra Mondiale, un ventenne aspirante scrittore si lascia ispirare dalla coppia che occupa l’appartamento vicino al suo: Nathan e Sophie. Lui reso instabile da droga e alcool, lei arrivata dalla Polonia con il suo fardello di segreti.
Maria Amara Sironi è una giornalista che, a un decennio dal termine dell’ultimo conflitto mondiale, intraprende un viaggio con la scusa di un reportage. Ciò che la spinge realmente attraverso l’Europa è la ricerca dell’amico Emanuele del quale ha perso le tracce durante la guerra. Il treno per l’ultima notte di Dacia Maraini (2008) è un viaggio dell’anima, attraverso un inferno che la nostra mente tenta di rifiutare fino all’ultimo baluardo di speranza.
Vi siete mai chiesti che cosa si prova a essere deportati? Pensate che qualcosa del genere non potrebbe accadere mai più? Ce lo auguriamo tutti, ma Amélie Nothomb nel suo libro distopico Acido Solforico (2005) fa un’ipotesi diversa. In un’epoca in cui sembrano tutti schiavi delle visualizzazioni e degli audience, l’idea vincente è un reality in cui ignari passanti vengono prelevati per essere internati in un finto lager, dove però si muore davvero. Suddivisi in vittime e kapò, i partecipanti daranno spettacolo con il peggior repertorio di umane bassezze.
Per chi volesse invece avventurarsi a conoscere la realtà di quanto successe oltre le recinzioni di filo spinato, il libro Le cavie dei lager di Luciano Sterpellone (1979) è un resoconto preciso degli esperimenti eseguiti dai medici delle SS. La presentazione del libro è di Simon Wiesenthal. La scarsa rilevanza medica e l’immane livello di sofferenza inflitta alla vittime sottolineano la follia dell’operazione.
Leggere le testimonianze di chi ha vissuto l’olocausto è un’esperienza devastante ma necessaria per comprendere; ricordare la nostra storia è fondamentale per evitare che si ripeta.