La splendida cornice veneziana di Palazzo Franchetti ospiterà fino al 10 aprile 2023 una rassegna che evidenzia quanto il lavoro di Lee Miller, musa, modella e fotografa, vada ben oltre il rapporto con il ben più celebre Man Ray.
Il volto e la bellezza di Lee Miller sono noti a molti, ma probabilmente solo pochi associano davvero degli scatti al nome dell’artista. Eppure basta percorrere le sale dello splendido palazzo veneziano e godersi la mostra Lee Miller – Mar Ray. Fashion Love War per capire l’importanza tecnica e storica della fotografa.
Lee Miller, modella e fotografa fin dall’infanzia
Ragazza dal passato turbolento e dalla bellezza innegabile, Elizabeth “Lee” Miller, figlia di un uomo d’affari con la passione per la fotografia, fin da piccola è iniziata ai segreti della macchina fotografica e la impiega come modella. Quest’arte la appassiona al punto tale che a 19 anni si iscrive alla Art Students League newyorkese per studiare scenografia e approfondire la tecnica delle luci di scena.
Per un caso fortuito, proprio quell’anno il destino pone sulla strada della donna Condé Montrose Nast, il celebre editore delle riviste americane di moda più note che letteralmente le salva la vita, evitandole di essere travolta a un incrocio da un veicolo in corsa.
Affascinato dalla perfezione dei suoi lineamenti, dal portamento e dall’eleganza nel vestire della giovane, nonché dalla sua conoscenza del francese, presto l’editore le propone un contratto, come modella per Vogue.
Presto Lee Miller diventa una delle muse predilette dell’ambito fotografo George Hoyningen-Huene, che la rende immortale in alcuni scatti che valorizzano alla perfezione l’assoluta avvenenza della donna. In una carriera lampo, Miller già l’anno dopo è sulla copertina della rivista.
La mostra propone nella prima parte proprio gli scatti più iconografici di questi primi anni nella moda.

© Man Ray 2015 Trust / ADAGP – SIAE – 2022
L’interesse di Miller per la tecnica espositiva e le apparecchiature aumenta a ogni set e spesso chiede consigli e delucidazioni ai professionisti blasonati con cui ha modo di lavorare: ogni set serve alla modella per imparare a stare sia davanti che dietro all’obbiettivo. Presto impara nuovi segreti dell’arte fotografica e inizia lei stessa a scattare autoritratti e a modelle in posa.
“Preferisco fare una foto che essere una foto.”
(Lee Miller)
Lo scandalo che chiude la carriera di modella
È un banale scandalo a mettere fine alla carriera di top model di Miller. Essendo sotto contratto, non ha voce in capitolo sull’uso dei suoi ritratti. Uno di questi, dove compare vestita in modo elegante e a figura intera, viene utilizzata per la pubblicità di una marca di assorbenti igienici femminili (la pagina della reclàme è visibile nella rassegna).
Per l’epoca, però, prestare la propria immagine per quel tipo di servizio è indice di scarsa rispettabilità: la carriera di Miller declina in fretta e lei non ha alcun modo di opporsi a quella decisione presa senza consultarla.
Una nuova vita a Parigi e gli amici surrealisti
Lee Miller si trasferisce nel 1930 a Parigi con un unico scopo: diventare apprendista del fotografo dadaista Man Ray. Il percorso creato dai 140 scatti in esposizione, organizzato cronologicamente e per nessi logici dalla curatrice Victoria Noel-Johnson, entra nel vivo proprio in questa fase, quando descrive la collaborazione della fotografa con Man Ray e la comunità surrealista parigina dell’epoca.
Nella capitale della moda e dell’arte, la donna si appassiona ancor più alla modernità di quel movimento e stringe amicizia con pittori del calibro di Max Ernst, Pablo Picasso e Salvador Dalí. Affascinata dal cinema si lascia convincere da Jean Cocteau a interpretare la protagonista femminile nel film surrealista Il sangue del poeta, una dea moderna che si ispira iconograficamente alla Venere di Milo.

© Vincenzo Bruno
Girando per le sale e scoprendo la vita e le opere di Lee Miller, un pensiero corre veloce a un’altra artista che, negli stessi anni ma dall’altra parte del mondo, diventa celebre per i suoi scatti e la sua esistenza turbolenta: Tina Modotti.
Il sodalizio con Man Ray e le “vacanze surrealiste”
Miller, però, instaura soprattutto un rapporto lavorativo ed emotivo strettissimo con Man Ray, reale obbiettivo del suo viaggio in terra francese. Un rapporto che ben presto si fa paritario, con un reciproco scambio di suggerimenti e intuizioni. È infatti lei a scoprire e trasmettere all’artista statunitense la tecnica della solarizzazione, che Man Ray adotterà come firma stilistica.

© Man Ray 2015 Trust / ADAGP – SIAE – 2022
Collaborazione e passione divampano, e i due artisti lavorano fianco a fianco all’ideazione di campagne pubblicitarie e scatti celebri, pur vivendo una relazione piena di conflitti e scatti d’ira.
Quando nel 1932 Lee Miller lascia Parigi e torna a New York per aprire uno studio tutto suo con uno dei fratelli, Man Ray, abbandonato, crea alcune delle sue opere più emblematiche, accecato dall’ira per l’abbandono della donna amata.
Il periodo egiziano di Lee Miller
Lo studio americano dei fratelli Miller prospera per due anni, poi la donna conosce un facoltoso uomo d’affari egiziano, Aziz Eloui Bey, lo sposa l’anno seguente e lo segue in patria. Lì, grazie alle ricchezze del marito, può dare libero sfogo alla sua arte e sperimentare senza preoccuparsi del costo dei materiali.
In esposizione non mancano diversi scatti di questo periodo egiziano, dove è evidente quanto l’artista si allontani dallo scatto di moda per passare a una resa più intensa dei soggetti e dei paesaggi. Di quest’epoca è la celebre Ritratto di uno spazio, la fotografia che ispirò René Magritte per Il bacio.

© Lee Miller Archives England 2022. All Rights Reserved. www.leemiller.co.uk
Il matrimonio però finisce presto, come il soggiorno africano e la prosperità economica. La donna torna nella capitale francese, partecipa alle famose “vacanze surrealiste” dell’estate del 1937 con Max Ernst, E.L.T. Mesens, Leonora Carrington, Picasso (che la rappresenterà in sei tele), Dora Maar, Eleen Agar e Man Ray stesso.
Con estremo dolore di quest’ultimo, proprio nel corso di questa vacanza Miller conosce il secondo marito, l’artista britannico surrealista Roland Penrose.
“Continuo a ripetere a tutti: ‘Non ho perso un minuto in tutta la mia vita’, ma ora so che se la ripetessi sarei ancora più libera con le mie idee, con il mio corpo e il mio amore.”
(Lee Miller)
Lee Miller come fotoreporter di guerra
A Londra, dove Miller segue il nuovo amore, scatta per Vogue Inghilterra, ma allo scoppio del secondo conflitto mondiale si fa accreditare come fotoreporter di guerra presso l’esercito americano, narrando gli orrori della guerra con una sensibilità femminile.
È lei a documentare il Blitz di Londra, la liberazione di Parigi, ma soprattutto le atrocità dei campi di sterminio di Buchenwald e Dachau, perché è una delle prime fotografe ad avervi accesso dopo la liberazione.
Lo scatto più celebre è del 1945, l’iconica fotografia nella vasca da bagno del Fuhrer, proprio nella casa che Hitler abitò a Monaco di Baviera, che simboleggia la catarsi dal Male perpetrato a Dachau.
La mostra
L’esposizione chiarisce bene l’evoluzione e la presa di consapevolezza dell’artista. Anche il percorso lavorativo, da modella e musa a fotoreporter di guerra è articolato con fluidità e permette allo spettatore, anche se non appassionato di fotografia, di capire e apprezzare il talento di una fotografa innovatrice e coraggiosa.
Edito da Skira, è disponibile anche un ricco catalogo della mostra, curato dalla storica dell’arte britannica Victoria Noel-Johnson che ha organizzato il percorso espositivo con i testi di Ami Bouhassane (co-diretttrice dei Lee Miller Archives e nipote di Lee Miller) e Anthony Penrose (unico figlio di Lee Miller).
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