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    “Le parole per difenderci”: intervista a Cinzia Mammoliti sul suo ultimo libro

    Redazione Other SoulsDi Redazione Other Souls19 Febbraio 2021Nessun commento5 Minuti di lettura
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    Cinzia Mammoliti è una criminologa specializzata sul tema della manipolazione relazionale e sulle dinamiche della violenza psicologica, quella che c’è ma non si vede

    Le parole per difenderci è l’ultimo saggio che Cinzia Mammoliti ha pubblicato, nel 2020, per le Edizioni Sonda di Milano. Il libro tratta le questioni della manipolazione comunicativa e dell’aggressività verbale. Le sofferenze subite dalle vittime di violenza psicologica e di aggressività verbale vengono spesso minimizzate, perché uno schiaffo lascia il segno e le parole (in apparenza) no. Purtroppo ciò che non è visibile in superficie a volte s’insinua nel profondo dell’anima di chi si ritrova incastrato in relazioni malsane e devastanti moralmente, provocando vere e proprie ferite mentali.

    Cinzia, puoi spiegarci in cosa consiste la violenza psicologica e perché è così lesiva nei confronti di chi la subisce?

    Parliamo di violenza psicologica quando viene attentata la dignità e l’integrità della persona. Ciò può aver luogo attraverso la violenza verbale fatta di umiliazioni, denigrazioni, svilimenti, minacce, ricatti emotivi e tutto ciò che porta l’altro a sentire di valere sempre meno man mano che subisce.  Si tratta di un fenomeno trasversale che può vedere sia uomini che donne nel ruolo di vittime o carnefici, che non ha età, ruolo sociale e riguarda tutti i contesti relazionali: coppia, famiglia, lavoro, scuola. È molto lesiva nei confronti di chi la subisce poiché causa grande sofferenza emotiva, tanto più significativa quanto più è stretto il legame con l’abusante. I danni che ne possono derivare possono essere molto gravi, arrivando anche a gravi esaurimenti nervosi, attacchi di panico, disturbi d’ansia, forme depressive, disturbi comportamentali, problemi alimentari, dipendenze e molto altro.

    Nel corso di una relazione sentimentale si è portati a sottovalutare alcuni campanelli d’allarme, poiché non si riesce a capire quando un atteggiamento offensivo e un comportamento denigratorio esulano dal concetto di “brutto carattere” per entrare, a pieno titolo, a far parte di un meccanismo patologico messo in atto dagli abusanti. A cosa si dovrebbe imparare a dar peso?

    Le persone predisposte a subire violenza psicologica sono spesso persone molto empatiche, che hanno un pessimo rapporto coi paletti da mettere nelle relazioni con gli altri. Sono, così, più di altre, portate a tollerare giustificando sempre tutto: hanno molta difficoltà a vedere il male negli altri e a dargli il giusto peso. I campanelli d’allarme possono essere molti, ma il soggetto empatico molto difficilmente sarà predisposto ad ascoltarli.

    In realtà dovrebbe bastare una prima azione denigratoria, di qualsiasi genere, un insulto, uno svilimento, una minaccia per metterci in stato d’allerta. Ricordiamoci sempre che la prima volta che ci mancano di rispetto la responsabilità è di chi ci manca di rispetto, dalla successiva in poi siamo noi responsabili del fatto di consentire ad altri di umiliarci e non rispettarci. Tutte le volte che si avverte un disagio per la modalità relazionale di qualcun altro siamo di fronte a un campanello d’allarme significativo.

    Quali sono le conseguenze più gravi che le vittime di violenza psicologica riportano dopo un lungo periodo di abusi e manipolazioni? C’è qualcosa che è particolarmente difficile sanare nel profondo emotivo della persona abusata, anche una volta che è riuscita a chiudere tali relazioni?

    Innanzitutto viene per molti definitivamente compromessa la possibilità di fidarsi degli altri e di poter vivere serenamente altre relazioni. La sottoposizione per periodi prolungati a manipolazione relazionale e violenza psicologica può, poi, scatenare vere e proprie sindromi analoghe a quelle derivanti da Disturbo Post Traumatico da Stress, quindi: ricorrenti, involontari ricordi spiacevoli dell’evento traumatico; ricorrenti sogni spiacevoli in cui il contenuto e/o le emozioni del sogno sono collegati all’evento traumatico; flashback in cui il soggetto sente o agisce come se l’evento traumatico si stesse ripresentando; ipervigilanza e forti risposte di allarme; problemi di concentrazione; disturbi del sonno; marcate reazioni fisiologiche sia a fattori scatenanti interni ed esterni che all’evento traumatico; persistente stato emotivo negativo.

    Sono agli studi, per chi volesse approfondire, il TdN (Trauma da Narcisismo) individuato dal Prof. Pier Pietro Brunelli (https://www.albedoimagination.com/2016/05/tdn-trauma-da-narcisismo-il-senso-di-quella-piccola-d/) e l’SDMR, oggetto di indagine da parte mia e della D.ssa Francesca Sorcinelli (https://www.cinziamammoliti.it/wp-content/uploads/2013/04/questionarioSDMR.pdf).

    Per lungo tempo non si è parlato di violenza psicologica. Tutto ciò che non era visibile non esisteva. Oggi, grazie anche a studi come quelli da te condotti, all’organizzazione di convegni informativi, alla pubblicazione di saggi che trattano certi argomenti e all’attenzione mediatica su tali questioni, si sta imparando a riconoscere la gravità di talune relazioni composte da abusante e vittima. C’è il rischio che ora accada il contrario? Cioè che si cerchi di ricondurre ogni atteggiamento sbagliato, ogni rottura, ogni fallimento delle relazioni sentimentali a cause patologiche? 

    Sì, certo, il rischio c’è, prova ne è il fatto che dietro a ogni azione disfunzionale c’è la tendenza a etichettare il soggetto agente come narcisista patologico, come se la violenza fosse solo una questione riguardante i soggetti affetti da disturbi di personalità. Se da un lato la divulgazione consentita dai social ha permesso di conoscere e inquadrare meglio il fenomeno, dall’altro il fatto che vi siano molte persone incompetenti a parlarne ha creato e continua a creare confusione. Bisognerebbe imparare a selezionare le fonti e non bersi tutto quello che si trova online, altrimenti si rischia di perdere la dimensione della vera problematica.

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