Come ascoltare se stessi nel rumore della routine? E come riconoscere la propria voce in mezzo alla frenesia della società, che ci impone un modello impostato di perfezione? Ce ne parla lo scrittore Dino Carella, nel libro “La via del vento”, edito Ensemble, pubblicato maggio scorso in Italia, dopo una prima originale versione in lingua inglese.
Il libro “La via del vento” affronta una condizione umana comune: quella del modello iperproduttivo dell’uomo moderno, che traccia anche il profilo di una società sempre più ossessionata dalla pianificazione e dalla perfezione. Il protagonista del libro, Ostro, è un manager che dopo aver lavorato senza sosta per una vita, dedicando tutto se stesso alla produttività, alla pianificazione e al controllo, si ritrova svuotato del senso più ampio dell’esistenza e così inizia ad escogitare un piano di uscita. Quanti di noi si ritrovano nello stesso impasse? Dino Carella ce ne parla qui, in questa intervista.
L’intervista a Dino Carella, per “La via del vento”
“La via del vento”: partiamo dal titolo. Qual è il vento che spinge il romanzo e cosa significa poi “diventare vento”?
È lo spirito libero di un uomo che esce dalle regole socialmente accettate, dal sistema della produttività e dalla necessità di avere sempre degli obiettivi da raggiungere per diventare una versione migliore di sé, più performante, più, più più. Diventare vento significa scoprire che la migliore versione di sé è quella di chi realizza che non ne serve una. Siamo già tutto. Quindi diventare vento significa vivere spontaneamente, autenticamente, seguire il proprio intuito, lasciare andare il rumore interiore che non ci fa piacere ciò che è.
Si può definire “La via del vento” un libro sulla libertà, sull’amore per sé stessi. È un atto d’amor proprio? Quali sono i tempi principali del libro?
Sì, è un libro sulla libertà di essere, di esplorare e seguire il proprio cuore con fiducia; sull’amore per se stessi che è autentico quando riconosce negli altri le stesse sfide, lo stesso valore, la stessa condizione umana fragile e potente allo stesso momento. La consapevolezza è la chiave di tutto.
Si parla spesso nel libro di “radici materne” : che significato hanno?
La madre secondo me è la fonte, le radici, il nutrimento, l’accoglienza. Avere un rapporto sano con la sorgente fa sì che a prescindere dalle situazioni che la vita ti presenta, ti porti dentro quel senso di sicurezza che ti aiuta ad affrontare l’ignoto con fiducia. La madre non è solo una persona fisica, è anche la sorgente dove tutto nasce, muore e ritorna.
Quanta vita autobiografica c’è in questo libro? Scrivere è stato per te altrettanto liberatorio come per il protagonista è stato partire?
C’è senz’altro molto di autobiografico e scrivere è stato molto utile per fissare su carta emozioni, percezioni e pensieri che altrimenti non avrei saputo trasmettere. La liberazione è avvenuta prima della scrittura del libro ed è stato un percorso molto lungo. Il libro e la partenza di Ostro (il protagonista) sono il tentativo di portare il lettore attraverso quel percorso nel modo che ha più senso per loro. Spero di esserci riuscito.
La storia del libro “La via del vento” e l’attualità: che insegnamento ci lascia per i nostri tempi?
Che la propria verità è un fatto personale, un fare esperienza di se stessi, scoprire e scoprirsi man mano che si va. Nessun uomo può insegnare ad un altro la strada verso se stesso. Ognuno deve fare il proprio percorso. La consapevolezza è la chiave.