Una nuova forma di musica nasce negli anni bui della Seconda guerra mondiale, la musica dell’Olocausto, composta nei ghetti e nei lager da prigionieri e clandestini
Il celebre pianista Wladyslaw Szpilman, ebreo polacco celebrato da Polanski nel film Il pianista, non è un’eccezione. Racconta dolore, rabbia e speranza questa musica, composta in poco più di dieci anni.
Ma perché la musica più che la pittura o altre forme d’arte? Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, spiega: “La Musica è da sempre, nella millenaria storia ebraica, un linguaggio di espressione e comunicazione attraverso il quale si sono recitate preghiere collettive e personali, innalzati inni e lamentazioni, lodi per i miracoli, suppliche per le vicende strazianti e dolorose. La sfida è sempre quella di trasmettere la memoria con modalità che arrivino al cuore”.
Teniamo presente che moltissimi musicisti degli anni Venti e Trenta erano ebrei, radiati dalle orchestre in seguito alle leggi razziali. Fu proibito loro di comporre e fu vietata l’esecuzione della musica scritta da ebrei.
Viviana Kasam, che ha cura da anni le edizioni del Concerto per il Giorno della Memoria, spiega: “Queste persone sottoposte a orrori terribili avevano ancora la forza di cercare il bello e di crearlo con la musica. Ci è sembrato un segno enorme della resistenza umana e della forza d’animo delle persone.”
La musica della Shoah, un femminile plurale da non dimenticare
Anche molte deportate sono state messaggere di denuncia e resistenza, mettendo il loro talento al servizio della vita. Le composizioni al femminile passano dalle ninne nanne a canzoni che raccontano sogni d’amore.
Viviana Kasam ci elenca tra le molte, una versione polacca di Mamma son tanto felice dal testo modificato, la ninna nanna che Ilse Weber cantò ai figli mentre andava con loro alla camera a gas, una canzone dal terribile gulag siberiano di Kolyma e un canto del campo di Palembag a Sumatra, composto perché le voci femminili fossero come strumenti musicali.
Queste e altre composizioni sono state raccolte con cura dal maestro Francesco Lotoro e ne è stato fatto uno spettacolo, messo in scena nel 2019 a Roma, dal titolo Libero è il mio canto. Le ideatrici, Viviana Kasam e Marilena Francese, motivarono la loro determinazione a far conoscere questa sfumatura della testimonianza storica: “In un mondo in cui stanno rinascendo razzismi, maschilismi e paura del diverso è importante dare voce ai valori di umanità, accoglienza, amore ed empatia che contraddistinguono l’universo femminile, mettendo al centro la sofferenza di donne di diverse religioni e di diverse provenienze geografiche e sociali”. Lo spettacolo in versione integrale e il libretto di sala sono visibili a questo link.
5 brani per non dimenticare
Due danze piemontesi di Leone Sinigaglia (1903)
Di famiglia benestante d’origine ebraica, Leone Sinigaglia fu un compositore italiano appassionato di canti popolari: dal 1902 raccolse in maniera sistematica oltre 500 melodie e varianti ormai quasi perdute. Oggetto delle persecuzioni fasciste e debilitato nella salute, il 16 maggio 1944 muore per una sincope durante l’arresto.
Partita für Streicher di Gideon Klein (1944)
Esemplare tra le persecuzioni ai musicisti fu quella verso il compositore cecoslovacco Gideon Klein, morto a soli 25 anni, dopo quattro anni passati tra Terezin e Auschwitz. Anche durante la prigionia, Klein non smise di suonare e comporre e cercò di organizzare la vita culturale nel campo di Theresienstadt. Le circostanze della sua fine sono poco chiare: morì proprio durante la liquidazione del campo Fürstengrube, nel gennaio del 1945.
Un sopravvissuto di Varsavia di Arnold Schoenberg (1947)
Hitler, amante della musica wagneriana, osteggiò a tal punto Arnold Schoenberg, fondatore della scuola di Vienna e grande innovatore, da indurlo a abbandonare la Germania. L’opera di musica sull’olocausto del ’47 intitolata Un sopravvissuto di Varsavia, è frutto proprio del desiderio di mantenere viva la memoria della persecuzione del suo popolo.
Il Prigioniero di Luigi Dallapiccola (1944-1948)
Luigi Dallapiccola compose la partitura de Il Prigioniero tra il 1944 e il 1948, ma il progetto ambientato nel mondo delle prigioni risaliva al ’39, anno della lettura de La torture par l’esperance di Villiers de l’Isle-Adam. Con la proclamazione delle leggi razziali quell’idea vira verso Canti di prigionia, tre preghiere di altrettanti reclusi illustri, e verso l’opera Il prigioniero dove Dallapiccola suscita interrogativi ancora attualissimi sul reale valore della libertà per l’uomo.
Train de Vie di Goran Bregovic (1998)
Il poliedrico Goran Bregovic arricchisce con la sua musica il film del regista romeno Radu Mihaileanu. La tragicommedia di viaggio è un film imperdibile per l’umorismo yiddish, il ritmo trascinante e i dialoghi fulminanti, resi nella versione italiana da Moni Ovadia. Il film mette in scena gli effetti disumanizzanti dell’ideologia e del potere sull’individuo, in una commedia più tragica della tragedia stessa. Bregovic sottolinea in musica quell’umorismo che per il regista “è ciò che mi ha fatto sopravvivere, che ha salvato la nostra vita e la nostra memoria.”