Una vita che sembra un romanzo: fotografa, attrice e modella visse tra amicizie e amori straordinari, da Neruda a Picasso, da Edward Weston alla Kahlo e Rivera
Una vita da romanzo
Nata poverissima in Friuli nel 1896 e morta d’infarto a soli 46 anni a Città del Messico, la vita di Tina Modotti è scandita dagli scatti che l’hanno resa simbolo di donna emancipata e impegnata nel sociale.
Emigrata negli USA, iniziò una facile carriera da attrice, favorita dalla sua bellezza sfolgorante e disinibita. “Facevamo matte risate sui ruoli assurdi che interpretava – racconta Edward Weston, celebre fotografo americano, amore della Modotti e suo pigmalione. – L’intelligenza e la fantasia dei nostri registi non arrivavano a immaginare una ragazza italiana che non avesse il coltello tra i denti e gli occhi iniettati di sangue.”
Ben presto, però, il contatto con l’élite culturale le fece dimenticare il set.
La scelta politica e sociale
Le sue origini e la spinta politica la portarono a scoprire i diseredati, gli ultimi. Si immerse nei loro volti, ritraendoli, e nella loro storia. Si innamorò del rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella, assassinato davanti a suoi occhi dietro ordine di Gerardo Machado, il dittatore di Cuba.
Consiglio la lettura della biografia Tina di Pino Cacucci, una voce talmente calzante da farci essere come presenti. Ricordo ancora il ticchettio dei tacchi, la finta indifferenza allo scoprirsi inseguiti e molto altro. C’è anche su Audible.
La Modotti perseguì il suo ideale di libertà, dapprima in quel Messico pieno di rivoluzioni culturali, poi oltre i confini continentali, con le sue opere e di persona. Già celebre, dopo solo 6 anni di carriera, chiuse con la fotografia, fu arrestata ed espulsa dal Paese.
Non poté mai tornare in Italia per le sue attività antifasciste, ma vagò in Europa poi raggiunse Vittorio Vidali a Mosca. Allo scoppio della Guerra Civile spagnola, lei è in prima linea, a curare i feriti. Stringe amicizia con Capa, Hemingway e Malraux. Alla fine degli anni Trenta torna nell’amato Messico, fino a quella notte fatidica del ’42, quando muore d’infarto, sola in un taxi.
Per mortem ad vitam: la vita spesa per l’arte rende immortali
Potrete anche non ricordare il suo nome, ma i suoi scatti li conosciamo tutti. Nella maggior parte dei testi in cui si parla di impegno sociale e rivoluzione nel ‘900, ci sono le fotografie di Tina Modotti.
Perché proprio le sue? Perché contengono l’anima anti-conformista che pervadeva il suo lavoro. I ritratti dei compagni di lotta e degli amici, i murales politici di Orozco, i bambini oberati di lavoro, le donne in disgrazia, sono tutti esempi intensi e all’avanguardia della “fotografia sociale” che tanto piede prenderà nel decennio seguente negli USA.
Anche io ho iniziato a informarmi sulla vita e l’opera della Modotti perché amante e amica di Frida Kahlo, poi il mio interesse per questa poetessa della fotografia ha preso un percorso indipendente, ammaliata com’ero dalla sua vicenda personale e dalla sua arte.
Perché vedere la mostra?
Curata da Biba Giacchetti con il Comitato Tina Modotti di Udine e inclusa nel palinsesto I talenti delle donne del Comune di Milano, la mostra offre un centinaio di fotografie, stampe originali ai sali d’argento degli anni Settanta realizzate a partire dai negativi resi disponibili da Vidali, lettere, documenti della sorella di Tina e filmati d’epoca che hanno l’intento di avvicinare il pubblico allo spirito libero di una donna eccezionale.
L’esposizione è al Mudec di Milano e resterà aperta dal 19 gennaio a domenica 16 maggio 2021. Per maggiori informazioni vedere qui.